In un ennesimo, squallido spettacolo di propaganda, Itamar Ben-Gvir, il Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, ha oltrepassato ogni limite. Dall’oscuro palcoscenico del suo raduno di partito, questo personaggio, la cui parabola politica è l’emblema della deriva genocidaria e della crisi esistenziale di uno stato che ha abbandonato qualsiasi pretesa di democrazia, ha lanciato un “avvertimento” all’Europa che ha il tanfo nauseabondo della minaccia più becera.
La sua tesi? Una semplificazione criminale: “State con noi, o i terroristi vi verranno a prendere”.
È la cantilena rancorosa di un estremista che vede il mondo attraverso il buco della serratura del suo odio. Secondo la sua logica perversa, riconoscere i diritti politici dei palestinesi equivale a firmare un patto con il terrorismo. Un’equazione falsa e maliziosa, usata come clava per zittire qualsiasi critica.
La Sua Logica: un Insulto all’Intelligenza
Pensare che il riconoscimento di uno Stato palestinese sia un “premio” al terrorismo non è solo sbagliato: è un’idea malata. È una narrativa che confonde deliberatamente le aspirazioni legittime di un popolo con la resistenza armata di Hamas. Un meccanismo mentale da fondamentalista, speculare a quello di coloro che dichiara di combattere.
L’Europa Complice: il Silenzio che Assorda
Ma la vera, amara ironia, sta nel destinatario della sua minaccia: un’Europa che fino ad oggi ha preferito il business alla morale, le parole ai fatti. Un’Unione Europea che, di fronte all’evidenza di un genocidio in corso denunciato da centinaia di studiosi di diritto internazionale e dalle maggiori organizzazioni umanitarie, non ha alzato un dito se non per timidi richiami.
Mentre Gaza viene sistematicamente smembrata e la sua popolazione sterminata dalla fame e dalle bombe, l’Europa balbetta. Mentre i corpi dei bambini giacciono sotto le macerie, i leader europei parlano di “proporzionalità” e lanciano appelli vuoti, mantenendo intatti i rapporti commerciali e diplomatici. Ben-Gvir non sta minacciando un blocco di principi morali; sta cercando di intimidire un club di potenti la cui compiacenza è stata ampiamente comprata con contratti militari miliardari e vantaggi geopolitici, ma che ora, sta iniziando a vacillare.
La sua non è una profezia, ma un ricatto cinico. Sa che la retorica della “guerra al terrore” è un jolly che l’Occidente ha usato per decenni per giustificare qualsiasi orrore. Sa di poter puntare sulla vigliaccheria di un’Europa che, dopo aver creato il mostro del fondamentalismo con le sue politiche neocoloniali, ora ha troppo paura e troppo in gioco per fermare il massacro che si consuma sotto i suoi occhi.
Il suo obiettivo è uno solo, ed è concretissimo: impedire che un numero sempre maggiore di paesi europei riconosca ufficialmente lo Stato di Palestina. Quella che per l’Europa potrebbe essere una mossa diplomatica tardiva ma giusta, per lui e per il progetto ultranazionalista che rappresenta è una condanna a morte. È l’ammissione che il sogno di una Grande Israele da un mare all’altro è un’illusione criminale che la comunità internazionale non accetterà in eterno.
La sua minaccia è quindi l’ultimo, disperato tentativo di ricattare l’Europa perché rinneghi i suoi stessi (proclamati) principi. Cerca di usare la paura del terrorismo per farle dimenticare il suo sostegno al diritto internazionale e all’autodeterminazione dei popoli.
L’unica cosa che Ben-Gvir sta veramente mettendo in pericolo, oltre alla già flebile speranza di pace, è la maschera di rispettabilità di un’Europa che, con la sua inazione di fronte al massacro, è già dalla parte sbagliata della Storia.

Tutti i vigliacchi di questo mondo,e sono troppi,non hanno il coraggio di muovere guerra a questa banda di fuurfanti,ladri e assassini.