Il sionismo mondiale (1897)
L’Organizzazione Sionista Mondiale è stata fondata da Theodor Herzl a Basilea nel 1897 come un importante movimento politico e ideologico volto a promuovere la creazione di uno stato ebraico in Palestina. Questa organizzazione aveva lo scopo di unire gli ebrei di tutto il mondo sotto un’unica bandiera, incoraggiando l’emigrazione in Palestina e cercando sostegno politico internazionale per la realizzazione di questo obiettivo.
Theodor Herzl, un giornalista ebreo austriaco, è considerato il padre del moderno sionismo. Egli aveva visto l’antisemitismo diffondersi in Europa e riteneva che la creazione di uno stato ebraico fosse l’unico modo per garantire la sicurezza e la prosperità a lungo termine per gli ebrei. La prima riunione del Congresso Sionista Mondiale a Basilea nel 1897 fu un passo significativo verso la realizzazione di questo obiettivo.
L’Organizzazione Sionista Mondiale avrebbe svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo e nell’attuazione del sionismo, culminando nella creazione dello stato d’Israele nel 1948. Questo evento storico segnò un punto di svolta nella storia degli ebrei e dell’area del Medio Oriente, portando alla nascita di uno stato ebraico indipendente.
La Dichiarazione di Balfour (1917)
La Dichiarazione di Balfour è una dichiarazione scritta emessa dal Segretario agli Esteri britannico, Arthur Balfour, il 2 novembre 1917. Questa dichiarazione è stata indirizzata a Lord Rothschild, un importante leader ebreo britannico, ed è diventata un documento chiave nella storia del sionismo e della creazione dello stato d’Israele. La Dichiarazione di Balfour dichiarava:
“Il governo di Sua Maestà vede con favore l’istituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico e farà del suo meglio per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, restando chiaramente inteso che nulla sarà fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, o i diritti e lo status politico di cui godono gli ebrei in qualsiasi altro Paese”.
In sostanza, il governo britannico si dichiarava favorevole all’idea di creare un “focolare nazionale per il popolo ebraico” in Palestina, che all’epoca era parte dell’Impero Ottomano. Questo ha rappresentato un passo significativo verso il riconoscimento del sionismo e della richiesta di un territorio per gli ebrei in Palestina.
La Dichiarazione di Balfour ha contributo alla creazione di uno stato ebraico in Palestina e ha avuto un impatto significativo sulla storia della regione. Tuttavia, ha anche generato tensioni tra le comunità ebraiche e palestinesi, portando a dispute territoriali e conflitti che persistono ancora oggi.
Conferenza di Sanremo (1920)
La Conferenza di Sanremo, tenutasi nell’aprile 1920, fu una riunione internazionale che ebbe luogo nella città costiera di Sanremo, in Italia. Questa conferenza fu un importante evento nel contesto della riorganizzazione dei territori dell’ex Impero ottomano dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale.
Il Mandato britannico in Palestina fu stabilito come risultato delle decisioni prese dalla Conferenza di Sanremo del 1920 e, in seguito, dalla Lega delle Nazioni. Questo mandato autorizzò il Regno Unito a governare la Palestina, una regione che all’epoca comprendeva territori che oggi sono parte di Israele, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.
Il Mandato britannico in Palestina includeva una serie di disposizioni volte a facilitare l’istituzione di un “focolare ebraico” in Palestina, come previsto dalla Dichiarazione Balfour del 1917. Questa dichiarazione, emessa dal governo britannico, aveva affermato il supporto britannico alla creazione di uno stato ebraico in Palestina, senza specificare i dettagli.
La presenza del Mandato britannico in Palestina è strettamente legata all’ascesa del movimento sionista e alla migrazione ebraica in Palestina durante il periodo del Mandato. Nel corso degli anni, un numero crescente di ebrei immigrò in Palestina, acquisendo terre e creando insediamenti. Questo processo preparò il terreno per la creazione dello stato d’Israele nel 1948.
Il Mandato britannico in Palestina causò tensioni e conflitti tra gli ebrei e i palestinesi arabi che vivevano nella regione. Le dispute sulla terra, l’autonomia e la migrazione ebraica portarono a conflitti che avrebbero influenzato profondamente l’evoluzione del conflitto israelo-palestinese.
La questione delle terre (1921)
La questione delle terre nel contesto del conflitto arabo-israeliano è un intricato e dibattuto aspetto della storia. All’inizio del XX secolo, un gran numero di ebrei emigrò in Palestina, una regione sotto il dominio dell’Impero ottomano, con l’obiettivo di stabilire una presenza ebraica in quella terra che aveva una significativa importanza sacra nella tradizione ebraica.
Durante questo periodo, alcuni ebrei acquistarono terre da proprietari terrieri arabi locali. Questa situazione portò a dispute e tensioni, in quanto gli arabi seguivano un sistema di proprietà terriera basato su tradizioni orali e contratti a lungo termine con gli affittuari. In molti casi, gli ebrei che acquistavano le terre si aspettavano di ottenere il controllo completo, mentre gli affittuari arabi mantenevano il diritto di coltivare le terre. Questo portò a conflitti sulla gestione delle terre e alla percezione che gli ebrei stessero cercando di sfrattare gli arabi.
Con la creazione dello stato di Israele nel 1948, molti arabi furono sfollati dalla Palestina e non poterono più avere accesso alle loro terre. Questa situazione ha contribuito a creare le basi per il conflitto territoriale tra gli Stati arabi circostanti e Israele.
Il problema delle terre e la rivolta in Palestina. (1920/30)
Il problema delle terre nella regione durante gli anni ’20 e ’30 riguardava l’acquisto massiccio di terreni da parte dei coloni ebrei, sostenuti dai mandatari britannici. Questo aumento demografico ed economico da parte dei coloni ebrei portò alla creazione di una società ebraica separata. I leader palestinesi tentarono di persuadere i britannici a cambiare la loro politica attraverso la persuasione e la mancata cooperazione amministrativa ma senza successo.
La situazione peggiorò ulteriormente con la perdita di fiducia nei confronti degli inglesi da parte dei leader palestinesi, che consideravano gli ebrei sionisti e gli inglesi come ostacoli alle loro aspirazioni nazionali. Ciò portò alla formazione di gruppi di guerriglia palestinese, compresi contadini senza terra, e alla resistenza armata contro sia gli ebrei sionisti che gli inglesi.
Gli inglesi cercarono di reprimere la rivolta attraverso misure punitive, comprese esecuzioni, espulsioni e la distruzione di case. Durante la rivolta, ci furono circa 5.000 palestinesi morti, oltre a vittime tra coloni britannici ed ebrei. L’Inghilterra fu costretta a inviare truppe aggiuntive in Palestina, aumentando la tensione a causa della minaccia della guerra con la Germania nazista.
Nel 1939, gli inglesi cercarono di calmare la situazione annunciando una drastica riduzione dell’immigrazione ebraica e la creazione di uno Stato palestinese entro dieci anni, con una divisione di potere tra palestinesi ed ebrei sionisti basata sulla loro quota di popolazione. Questa mossa provocò ostilità da parte degli ebrei sionisti, che risposero con attacchi contro obiettivi britannici. Alla fine, due anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il Regno Unito rinunciò al mandato sulla Palestina.
Il Piano di Partizione dell’ONU (1947)
Il Piano di Partizione dell’ONU, noto anche come Risoluzione 181 delle Nazioni Unite, fu un piano approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 29 novembre 1947. Questo piano aveva lo scopo di risolvere il conflitto tra gli ebrei e i palestinesi in Palestina, che all’epoca era sotto il mandato britannico.
Il piano prevedeva la suddivisione del territorio in Palestina in due stati separati: uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme internazionalizzata sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite. Di seguito sono riportate alcune delle principali disposizioni del piano:
- La creazione di uno stato ebraico in una parte del territorio e la creazione di uno stato arabo nell’altra parte.
- La città di Gerusalemme, invece di appartenere a uno dei due stati, sarebbe stata gestita dalle Nazioni Unite come un’entità internazionale separata.
- L’assegnazione delle diverse aree ai due stati doveva avvenire in base alla distribuzione demografica e all’attività economica.
La Risoluzione 181 delle Nazioni Unite fu adottata con una maggioranza di voti a favore, ma ricevette anche il rifiuto da parte di molte nazioni arabe, che la consideravano ingiusta e inaccettabile. La tensione tra ebrei e arabi si intensificò ulteriormente a seguito dell’adozione del piano.
Nel 1948, la guerra arabo-israeliana esplose, portando a importanti cambiamenti territoriali e alla creazione dello stato di Israele. Questo conflitto fu un capitolo fondamentale nella storia del conflitto israelo-palestinese, che perdura ancora oggi. Il Piano di Partizione dell’ONU ebbe un impatto significativo sulla configurazione geopolitica della regione e sulle controversie che ne derivarono.
La guerra arabo-israeliana (1948)
La Guerra in Palestina del 1948, conosciuta comunemente come la Guerra d’Indipendenza di Israele o la Nakba (che in arabo significa “la catastrofe”), fu un conflitto verificatosi contemporaneamente alla proclamazione di indipendenza di Israele nel maggio 1948. Questo conflitto assume un ruolo fondamentale nella storia del confronto tra Israele e i Palestinesi.
Nel corso di questa guerra, le forze israeliane si scontrarono con gli eserciti dei paesi confinanti e con le comunità palestinesi locali. Tale conflitto ebbe impatti significativi sulle frontiere regionali e sulla composizione demografica dell’area, provocando un considerevole esodo di profughi palestinesi e segnando l’inizio di un prolungato conflitto.
- Dichiarazione di Indipendenza: Il 14 maggio 1948, David Ben-Gurion, leader dell’Agenzia Ebraica, dichiarò l’indipendenza dello stato di Israele, segnando la nascita dello stato ebraico. Questa dichiarazione fu seguita dall’entrata in guerra delle nazioni arabe confinanti.
- Invasione araba: Subito dopo la dichiarazione di indipendenza, le forze armate di Egitto, Giordania, Siria, Iraq e Libano invasero la Palestina, con l’obiettivo di contrastare la creazione di Israele e proteggere gli interessi arabi nella regione.
- Combattimenti: La guerra vide scontri tra le forze israeliane e le forze arabe. I combattimenti si verificarono in varie parti del territorio palestinese.
- Esodo palestinese: Durante il conflitto, molte comunità palestinesi furono sfollate o costrette a fuggire dalle loro case, dando inizio a un vasto esodo palestinese. Questo è conosciuto come la Nakba e ha portato all’allontanamento di centinaia di migliaia di palestinesi dalle loro terre.
- Fine delle ostilità: La guerra si concluse ufficialmente nel marzo 1949 con l’armistizio tra Israele e i paesi confinanti. La Palestina rimase suddivisa, con Israele che controllava la maggior parte del territorio, la Cisgiordania sotto il controllo giordano, e Gaza sotto l’amministrazione egiziana.
La guerra dei 6 giorni (1967)
Nel 1967, in occasione della Guerra dei Sei Giorni, Israele assunse il controllo della Cisgiordania (una parte della Palestina occidentale), della Striscia di Gaza, di Gerusalemme Est e delle alture del Golan. Questa occupazione generò significativi mutamenti nella situazione geopolitica della regione. Israele successivamente separò la Cisgiordania e la Striscia di Gaza con l’intenzione di creare uno Stato indipendente, amministrando queste aree attraverso l’Amministrazione Civile delle Forze di Difesa di Israele (IDF).
L’occupazione israeliana di queste terre ha portato a una serie di sviluppi politici e conflitti nel corso degli anni e ha alimentato il conflitto israelo-palestinese. Nel 1993, gli Accordi di Oslo diedero inizio al processo di pace tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che alla fine portò all’autonomia palestinese in alcune parti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.
Accordi di Oslo (1993)
Gli Accordi di Oslo, noti anche come gli Accordi di Oslo I e Oslo II, furono una serie di intese sottoscritte tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) nel corso degli anni ’90. Questi accordi ebbero l’obiettivo di stabilire una base per il processo di pace tra Israele e i palestinesi e di affrontare questioni chiave come l’autonomia palestinese, il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati, il riconoscimento reciproco e il futuro status dei territori palestinesi.
Gli Accordi di Oslo I furono siglati a Oslo, Norvegia, il 13 settembre 1993, e portarono al riconoscimento dell’OLP da parte di Israele e al riconoscimento di Israele da parte dell’OLP. Questi accordi stabilirono anche l’Autorità Palestinese come un’autorità autonoma con giurisdizione limitata su alcune aree della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.
Gli Accordi di Oslo II, firmati a Taba, Egitto, nel 1995, ampliarono ulteriormente l’autonomia palestinese e crearono un sistema di divisione della Cisgiordania in aree di controllo israeliano e palestinese.
Gli Accordi di Oslo avrebbero dovuto essere un passo importante nel processo di pace israelo-palestinese, ma il loro pieno attuamento e la soluzione del conflitto non sono mai stati raggiunti fino ad oggi.