Entro la fine del 2021 Arera pubblicherà i nuovi prezzi dell’energia e “potrebbero esserci degli aumenti fino al 900 per cento” col rischio di default dei fornitori
Quella in cui ci troviamo è una situazione senza precedenti, con i prezzi delle materie prime e dell’energia alle stelle si rischiano pesanti ripercussioni non solo sulla spesa delle famiglie, ma sull’intera catena di produzione e quindi sulla rete degli approvvigionamenti.
L’impennata del costo dell’energia fa lievitare le bollette e mette a rischio l’industria
Il rischio concreto e ora quanto mai tangibile è quello di una sorta di effetto domino dagli sviluppi difficilmente prevedibili. Il quadro complessivo è tutt’altro che rassicurante: da una parte abbiamo la scarsità delle materie prime, quindi il rallentamento della produzione su scala globale specie in alcuni settori, dall’altra abbiamo il problema della manodopera e dei trasporti dovuto soprattutto al caos derivante dalle restrizioni anti-Covid.
Abbiamo quindi un incremento dei costi sia per quel che riguarda la produzione che risente della scarsità e quindi dei costi maggiorati per accedere alle materie prime, sia per quel che riguarda la distribuzione, con un’impennata dei costi dei container e dei trasporti in generale.
A questo si aggiunge il costo dell’energia che ha raggiunto in poco tempo dei massimi storici preoccupanti e che è destinato a crescere ulteriormente nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
“Da qui a Natale un Paese energivoro come il nostro corre verso il lockdown energetico” spiega infatti Edoardo Beltrame, esperto di energia che lavora in questo settore da almeno 50 anni. È lui stesso ad osservare che un rimbalzo così preoccupante del prezzo del gas non lo aveva mai visto prima.
Si teme possa accadere qualcosa di simile a quanto successe nel 1973 quando a mancare fu il petrolio, in realtà però l’attuale situazione è molto più delicata e decisamente instabile.
Sulla questione degli aumenti dell’energia è arrivato anche il commento del ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, che ha ammesso: “il gas a 300 euro per megawattora è una roba senza precedenti che impatta enormemente sulla manifattura, sulle bollette di tutti”.
In questo momento però, è bene sottolinearlo, per quanto per alcune famiglie far fronte ad una maggiorazione simile della spesa energetica possa risultare difficile, il vero rischio è legato ad altri aspetti.
I costi proibitivi dell’energia infatti rischiano di fermare la produzione non solo in Italia ma anche in altri Paesi del mondo. Nel nostro Paese la prima azienda a fermarsi è stata nei giorni scorsi la sede di Ferrara della Yara, che produce fertilizzanti, la quale ha interrotto la produzione proprio per via degli elevati costi dell’energia.
Prezzi del gas alle stelle e il Governo corre ai ripari
Abbiamo già visto nelle ultime settimane quanto sia difficile reperire alcuni articoli, ma per ora quanto meno in Italia, il problema non ha coinvolto generi di prima necessità. Il quadro insomma potrebbe peggiorare se il costo dell’energia continua ad essere così elevato anche nei mesi a venire con risvolti che non è facile prevedere.
Il governo di Mario Draghi nel frattempo ha messo in campo circa 10-15 miliardi di euro per ridurre i costi in bolletta per le famiglie con reddito basso e per le piccole e medie imprese che consumano meno di 16 kw/h, ma probabilmente questo non sarà sufficiente a scongiurare il peggio.
Entro la fine del 2021 avremo i nuovi prezzi dell’energia pubblicati dall’Arera, e questi non potranno che rispecchiare quanto sta succedendo. Entro la fine dell’anno alle famiglie potrebbero arrivare delle bollette di luce e gas con costi proibitivi.
Un broker che lavora con 2.500 tra piccole e medie imprese ha ipotizzato “amenti fino al 900%” e ha spiegato che “se i clienti non pagassero rischieremmo un effetto a catena sui circa 800 venditori di energia elettrica, che così finirebbero in default perché anticipano il costo ai trader” una cosa già successa in Italia con Green Network e che sta accadendo anche nel Regno Unito.
Il costo del gas nel mese di aprile ha iniziato a salire. Se si prende come riferimento il prezzo medio di una fornitura costante per l’intero anno solare si registra dalla primavera scorsa un aumento dai 19 euro agli oltre 100 di fine giornata. In genere il prezzo del gas oscilla di circa 6 euro al mese. mentre ora i trader si sono ritrovati con aumenti di 20, 40 euro al giorno.
Un trader che lavora per una importante utility ha spiegato che “è l’effetto di una tempesta (im)perfetta in cui si è trovata l’Italia. Il mercato del gas italiano è strettamente collegato al resto d’Europa attraverso i metanodotti, ed il resto del mondo attraverso il gas naturale liquefatto importato via nave”.
A determinare questa situazione sono stati, secondo il trader, due elementi in particolare: la cescita del PIL superiore al previsto nell’ultimo semestre, che secondo le stime contenute nella Nadef si attesterebbe intorno al +6%, e il rigidissimo inverno nei Paesi del Nord Europa che hanno portato a consumi elevati per il riscaldamento anche nei mesi di marzo e aprile in grado di intaccare i livelli di stoccaggio del gas.
A tutto questo si aggiungono poi alcuni problemi agli impianti di produzione in Norvegia e in Australia.
“All’Europa mancano almeno 6 miliardi di metri cubi di giacenza rispetto al 2020″ spiega una fonte a Il Giornale “siamo ai minimi degli ultimi cinque anni. In presenza di un altro inverno particolarmente rigido, con la solita settimana di freddo a febbraio, rischieremo lo shock“.
“È vero che la parte del leone sulle forniture via nave di gas liquido l’hanno fatta il Brasile (che ha registrato un anno molto asciutto) e soprattutto la Cina” spiega ancora la stessa fonte, ricordando di come la superpotenza asiatica si sia accaparrata molti cargo per mettere in cassaforte la sua ripresa economica post emergenza Covid.
In Italia quanto a stoccaggio, si legge su Il Giornale, non siamo messi poi così male perché “la nostra legge impone un livello minimo del 98%, pena rischio di sanzioni. Inoltre i flussi di gas via tubo da Algeria, Libia e Azerbaijan, seppur a singhiozzo, sono sostenuti”.
In un recente report dell’Ipsi, Alexandre Kaufmann ha ricordato che la questione energetica si intreccia con quella politica. Non dimentichiamo che la Russia è uno dei pochi Paesi che non sta subendo le conseguenze dell’aumento dei prezzi dell’energia essendo uno dei principali esportatori di gas naturale.
La Russia comunque si trova a fare i conti con uno stoccaggio contenuto e ha deciso di ridurre il volume di gas sul metanodotto ucraino spingendo invece sulle concessioni per il raddoppio del metaonodotto Nord Steam 2 che porta il gas della Gazprom in Germania.
E qui entra in gioco la politica dell’Ue in chiave filo-americana con le sanzioni contro la Russia volute da Bruxelles nel 2014 che giocano a nostro sfavore diventando di fatto delle sanzioni contro di noi. Non si esclude che nella conversazione telefonica tra Berlusconi e Putin del 7 ottobre si sia parlato anche di questo.
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