La storia degli Zeloti e della loro ribellione contro l’occupazione romana è ben documentata e rappresenta un capitolo cruciale della resistenza ebraica durante il periodo del Secondo Tempio. Gli Zeloti furono uno dei gruppi ebraici più radicali che si opposero alla dominazione romana in Giudea tra il 6 d.C. (anno del censimento romano sotto Quirinio) e il 73 d.C., quando cadde l’ultima roccaforte della rivolta, Masada.
Nati da un profondo rifiuto dell’autorità romana e di ogni forma di collaborazione con essa, gli Zeloti vedevano Dio come unico re di Israele e consideravano ogni potere terreno una violazione della sovranità divina. Erano quindi disposti a combattere – e morire – per l’indipendenza del loro popolo e per l’osservanza della Legge mosaica.
Il nome “Zeloti” deriva dal greco zēlōtai (ζηλωταί), che significa “zelanti”, ovvero persone animate da passione ardente e devozione totale verso una causa. Questa idea dello “zelo” affonda le sue radici nella tradizione biblica e, in particolare, nell’epoca dei Maccabei (II sec. a.C.). In 1 Maccabei 2,50, Mattatia esorta i suoi figli a “mostrare zelo per la legge e a dare la vita per l’alleanza dei padri” — un appello che risuona profondamente nell’ideologia zelota. Gli Zeloti si consideravano infatti eredi spirituali dei Maccabei, con cui condividevano la difesa armata della fede e dell’identità ebraica contro l’oppressione straniera.
Durante la Prima guerra giudaica (66–70 d.C.), gli Zeloti furono protagonisti della rivolta contro Roma. Alcuni dei loro sottogruppi, come i Sicari, erano noti per azioni terroristiche mirate contro gli ebrei ritenuti collaborazionisti, portando avanti una guerra anche all’interno della propria comunità.
La loro lotta si concluse tragicamente con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 d.C., e con la caduta di Masada nel 73/74 d.C., simbolo estremo della resistenza fino alla morte.
Le principali caratteristiche degli Zeloti includono:
- Resistenza alla dominazione romana: Gli Zeloti si opponevano vigorosamente al dominio romano in Giudea. Erano disposti a lottare e a usare la violenza per raggiungere i loro obiettivi di indipendenza.
- Violenti attacchi: Gli Zeloti erano coinvolti in rivolte e conflitti con le forze romane. Parteciparono attivamente alla Grande Rivolta Giudaica (66-73 d.C.), un importante conflitto armato contro i Romani.
- Tasse e oppressione: Gli Zeloti si ribellavano anche contro le pesanti tasse imposte dai Romani e l’oppressione politica ed economica subita dagli ebrei.
- Fanatismo religioso: Molti Zeloti erano anche motivati da un fervente zelo religioso e credevano che la liberazione ebraica fosse parte del piano divino.
Durante la Grande Rivolta Giudaica, in cui i Zeloti ebbero un ruolo di rilievo, si combatterono feroci scontri tra i ribelli e le truppe romane. Tuttavia, la rivolta giunse alla sua fine quando i Romani distrussero il Secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., un evento di cruciale importanza nella storia ebraica.
Gli Zeloti costituiscono un notevole esempio storico di resistenza e lotta per l’indipendenza in un periodo di dominazione straniera. La loro storia è spesso oggetto di studio per comprendere appieno le dinamiche sociali, politiche e religiose dell’epoca.
Nei Vangeli si fa menzione di Simone, conosciuto anche come Simone lo Zelota o Simone il Cananeo, uno dei dodici apostoli di Gesù menzionati nel Nuovo Testamento. Egli è chiamato “Zelota” a causa del suo presunto coinvolgimento nel movimento zelota.

Il termine “Iscariota” è spesso associato all’idea che Giuda Iscariota potesse essere affiliato a un gruppo noto come i “Sicarii.” I Sicarii erano una fazione estremista degli Zeloti, noti per la loro feroce opposizione al dominio romano in Giudea nel I secolo d.C. Il nome Sicarii deriva dal latino sicarius, che significa “pugnalatore” o “assassino”, a causa del loro metodo distintivo: portavano piccole lame (le sicae) nascoste sotto il mantello e colpivano di sorpresa, in mezzo alla folla, funzionari romani e collaborazionisti ebrei.
In un passo del Vangelo di Luca, si racconta che mentre Gesù stava dirigendosi verso Gerusalemme con i suoi discepoli, furono respinti da un villaggio samaritano. Quando Giacomo e Giovanni, noti come i figli di Zebedeo, si sentirono offesi da questa situazione, chiesero a Gesù se avrebbe voluto che incendiassero e distruggessero il villaggio, richiamando il gesto compiuto da Elia nell’Antico Testamento. Questo episodio è narrato in Luca 9:51-56.
Nelle Scritture cristiane, vi sono alcuni passi che menzionano esplicitamente Gesù che ordina ai suoi discepoli di procurarsi delle spade. Uno dei più noti si trova nel Vangelo di Luca, al capitolo 22, versetti 35-38, in cui Gesù ricorda ai discepoli come in precedenza li avesse inviati senza nulla, e chiede loro se avessero avuto bisogno di qualcosa. Essi rispondono negativamente, ma poi Gesù aggiunge: «Ora però, chi ha una borsa, la prenda; chi ha una bisaccia, faccia altrettanto; e chi non ha spada, venda il suo mantello e la compri». Questo comando è molto chiaro e non lascia dubbi sul fatto che Gesù stia suggerendo ai suoi seguaci di dotarsi di armi, in particolare di spade.
Questo passo suscita inevitabilmente numerose domande e riflessioni, soprattutto perché appare in netto contrasto con gli insegnamenti più diffusi di Gesù, che spesso sottolineano la non violenza, l’amore verso il nemico e il rifiuto di qualsiasi forma di violenza. Tuttavia, è fondamentale considerare il contesto storico e spirituale in cui queste parole sono state pronunciate. La scena si svolge poco prima dell’arresto di Gesù, un momento di grande tensione e di imminente pericolo per la sua vita e per quella dei discepoli.
Quando i discepoli mostrano a Gesù di avere due spade, egli risponde «Basta così» (Luca 22:38), un’espressione che indica che due spade sono più che sufficienti e che non bisogna andare oltre. Questa frase limita esplicitamente qualsiasi possibile azione violenta, sottolineando che l’uso delle armi non è il fine da perseguire.
Questo suggerisce che l’intento di Gesù non fosse quello di promuovere una rivolta armata o un’azione violenta contro le autorità, bensì di preparare i discepoli a un periodo di prova imminente, durante il quale fosse necessario mantenere la prudenza e la fermezza, ma senza oltrepassare certi limiti.

Un episodio che chiarisce ulteriormente questa tensione tra l’uso delle spade e l’insegnamento della non violenza si trova proprio nell’arresto di Gesù nel giardino del Getsemani. In quel frangente, uno dei discepoli, tradizionalmente identificato come Pietro, sguainò la spada e tagliò l’orecchio di uno dei servi del sommo sacerdote quando le autorità erano venute ad arrestare Gesù. Questo gesto di difesa armata è un chiaro segno che almeno alcuni apostoli di Gesù erano disposti a usare la violenza per proteggerlo. Tuttavia, Gesù intervenne, ordinando: «Lasciate, basta!» e guarì l’orecchio dell’uomo ferito: «E toccato l’orecchio di colui, lo guarì». Gesù dimostra il desiderio di contenere la conflittualità e impedire che la situazione degeneri ulteriormente.
Anche Barabba era probabilmente uno Zelota, che fu rilasciato da Ponzio Pilato, il quale a sua volta condannò Gesù alla crocifissione.
Dal punto di vista romano, gli Zeloti erano considerati terroristi, una fazione radicale e violenta che minacciava l’ordine e il controllo dell’Impero romano in Giudea. La loro attività includeva attacchi contro le forze romane e i loro collaboratori e potevano compiere azioni di guerriglia, sabotaggio e attentati.
