La sentenza del primo grado del processo per la valanga di Rigopiano ha visto l’assoluzione di 25 dei 30 imputati per la tragedia avvenuta il 18 gennaio 2017, in cui 29 persone persero la vita a causa di una valanga che travolse il resort di Farindola. I parenti delle vittime presenti in aula hanno reagito con urla e lacrime, che sono state considerate oltraggio a magistrato e perseguibili d’ufficio.
Il 18 gennaio 2017, una valanga colpì l’Hotel Rigopiano, una struttura turistica situata nel comune di Farindola, in provincia di Pescara. La valanga fu causata da una violenta nevicata e da una serie di scosse sismiche che si verificarono in quei giorni in Italia centrale. Nell’hotel si trovavano 40 persone, tra ospiti e dipendenti, di cui 29 persero la vita.
Dopo oltre sei anni dalla tragedia, il giudice di Pescara, Gianluca Sarandrea, ha emesso la sentenza finale del processo, che ha visto 30 persone, tra funzionari pubblici e gestori dell’hotel, accusate di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose plurime e omissione di atti d’ufficio. Il verdetto ha scatenato la reazione dei parenti delle vittime, che hanno protestato in aula e urlato insulti contro la magistratura.
Il giudice ha emesso 25 assoluzioni, tra cui quella dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, e dell’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. Cinque imputati sono stati condannati, tra cui l’attuale sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, che ha ricevuto una condanna a 2 anni e 8 mesi.
Le condanne più pesanti sono state inflitte ai funzionari della Provincia, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, che hanno ricevuto 3 anni e 4 mesi di reclusione. Il gestore dell’hotel, Bruno Di Tommaso, e il tecnico Giuseppe Gatto sono stati condannati a 6 mesi di reclusione.
Dopo la sentenza, ci sono state proteste con urla, lacrime e insulti verso la magistratura. La Procura della Repubblica di Pescara si è fatta carico di trasmettere gli atti relativi delle proteste ai magistrati di Campobasso, che saranno competenti per l’inchiesta. Ci sono filmati che potrebbero utilizzare le forze dell’ordine per identificare le persone coinvolte in comportamenti che potrebbero costituire una violazione del codice penale.
Potrebbe essere ipotizzabile una pena della detenzione fino a 5 anni per il reato di oltraggio al magistrato, con l’aggravante della frase “da chi ti sei fatto scrivere la sentenza?”.
Senza peli sulla lingua Putin è stato definito macellaio e nessuno ha pensato di punire chi l’ha detto pubblicamente. Nè compreso che
con queste premesse ci si allontana dalla pace.
Una conoscente per avere aggredito verbalmente un costruttore
che le ha causato danni alla sua abitazione, lavorando male ed in nero
, si becca i lavori socialmente utili e chissà quante spese legali per
una collezione di udienze punitive.
Non c’è di che meravigliarsi se le sentenze riguardanti la tragedia di
Rigopiano risultino discutibili per i familiari delle vittime che rischiano
con la loro delusione di subire una ulteriore ingiustizia.