Questa prospettiva storica sul cancro al seno ci dice come e perché alcune epoche terapeutiche hanno raggiunto l’ascesa e poi sono diminuite. Le rivoluzioni terapeutiche si verificano dopo lo sviluppo di una crisi quando c’è un riconoscimento generale che gli interventi clinici non stanno producendo risultati positivi previsti dal paradigma prevalente.
L’atteggiamento dei chirurghi premoderni era influenzato dalla possibilità molto reale di fare più male che bene operando su donne con cancro al seno. Fino a Halsted, il consenso generale era chiaramente che, a meno che non fosse forzato dalle circostanze, la resezione chirurgica dovesse essere evitata per malattie molto più avanzate rispetto ai tumori in stadio molto precoce (la cacoetesi di Celso).
Il progresso del XX secolo in antisepsi, anestesia, e la chirurgia ha cambiato questo punto di vista. I primi tre quarti di quel secolo videro eseguire operazioni sempre più aggressive mentre l’ultimo quarto di secolo invertì questa tendenza, con una riduzione delle dimensioni delle operazioni di cancro al seno basata in gran parte sugli insegnamenti di Fisher.
Ora è alle porte una nuova crisi in quanto le prove di diagnosi precoce hanno portato a svantaggi imprevisti per alcuni sottogruppi e vi è una struttura precedentemente non segnalata nel rischio precoce di ricaduta, dati clinici che suggeriscono che l’atto dell’intervento chirurgico potrebbe accelerare la comparsa di metastasi a distanza.
La spiegazione che proponiamo che concorda con questi risultati, così come con i medici dell’antichità, è che la chirurgia può indurre angiogenesi e proliferazione di micrometastasi dormienti a distanza, specialmente nei giovani pazienti con linfonodi positivi.
L’European Journal of Cancer è una rivista medica peer-reviewed dedicata alla ricerca sul cancro in oncologia sperimentale, oncologia clinica e epidemiologia e prevenzione del cancro.
https://www.ejcancer.com/article/S0959-8049(04)00980-3/fulltext