La situazione a Rafah nella Striscia di Gaza è critica, con oltre un milione di palestinesi intrappolati, mentre l’esercito israeliano si prepara a un attacco terrestre.
Rafah è una città che si estende lungo il confine tra la Striscia di Gaza ed l’Egitto. Circa 1,4 milioni di palestinesi sono stati spinti in questa zona a causa dei continui bombardamenti israeliani, che hanno causato gravi carenze di risorse e condizioni disperate.
Israele afferma che l’operazione in corso è finalizzata a colpire quattro brigate di Hamas presenti a Rafah, giustificando sia gli attacchi aerei in corso che l’imminente attacco terrestre pianificato.
La presenza di oltre un milione di palestinesi intrappolati vicino al confine con il Sinai solleva preoccupazioni significative per la sicurezza interna egiziana. L’Egitto teme che un afflusso così massiccio di persone traumatizzate possa creare instabilità nella regione del Sinai e mettere a dura prova le risorse del paese. Inoltre, la gestione di un grande numero di rifugiati potrebbe presentare sfide umanitarie, economiche e logistiche per l’Egitto. Di conseguenza, l’Egitto ha posizionato carri armati e veicoli corazzati lungo il confine per prevenire eventuali conseguenze da un attacco israeliano a Rafah e per gestire la situazione dei rifugiati palestinesi.
I palestinesi, a causa di esperienze passate di sfollamento, come la Nakba nel 1948, non desiderano lasciare Gaza, temendo di non poter mai più tornare.
La situazione attuale a Rafah è estremamente precaria, con migliaia di persone affollate in uno spazio limitato, esposte ai bombardamenti e alle carenze di risorse. Prima della guerra, nella zona di Rafah vivevano 275.000 persone nei 64 km², rendendola una delle aree più densamente popolate della Striscia di Gaza, già tra le regioni più sovraffollate al mondo.
Le persone sfollate si accalcano nelle strutture dell’UNRWA, sperando che l’agenzia creata per aiutarli possa farlo. Tuttavia, quasi 150 dipendenti dell’UNRWA sono stati uccisi negli attacchi israeliani, gli aiuti sono bloccati da Israele e i finanziamenti dei governi occidentali sono stati ritirati quando Israele ha accusato – senza ancora alcuna prova – che 12 dipendenti dell’UNRWA abbiano partecipato all’attacco dell’7 ottobre.
Il sovraffollamento ha portato alla diffusione di malattie, con segnalazioni di un’epidemia di epatite A, che si diffonde in situazioni di contatto ravvicinato. Con i pazienti impossibilitati a isolarsi, c’è poca speranza di fermare questa epidemia o altre, come scabbia e pidocchi, aggravate dalla mancanza di docce o servizi igienici puliti.
Quello che Israele vuole è cambiato nel corso del conflitto.
Dopo l’attacco del 7 ottobre, Israele ha dichiarato come obiettivi principali il recupero degli ostaggi e l’“eradicazione di Hamas”. Tuttavia, nel corso degli eventi, la narrazione ha subito cambiamenti continui. Sebbene inizialmente avesse affermato di mirare solo ai combattenti armati, Israele ha successivamente imposto un assedio completo a Gaza, con un aumento delle vittime civili. È diventato evidente che quando Israele parlava di “evitare vittime civili”, si riferiva a un calcolo segreto che includeva un aumento della “margine di perdita accettabile”, ovvero il numero di persone ritenuto accettabile da uccidere per eliminare un bersaglio.
Un violento attacco al campo profughi di Jabalia avvenuto nell’ottobre scorso ha causato la morte di 50 persone, uccise nell’ambito di un’operazione volta ad eliminare un presunto “comandante di Hamas”. Tuttavia, Israele non ha fornito prove a supporto di questa designazione. La violenza si è estesa agli ospedali, con un devastante attacco all’ospedale al-Shifa nella città di Gaza. Questo attacco ha messo a rischio la vita di oltre 30 neonati prematuri, i cui incubatori si sono fermati a causa dell’interruzione dell’elettricità causata dall’azione israeliana.
L’obiettivo dichiarato di individuare presunti “bunker di comando di Hamas” sotto l’ospedale al-Shifa non è mai stato realizzato. Successivamente, Israele ha continuato ad attaccare ospedali, circondandoli uno dopo l’altro, causando morti e carestia tra le persone all’interno, nel tentativo di individuare presunti “centri di comando di Hamas”. Nonostante ciò, nessun centro di comando è stato scoperto durante queste operazioni.
Attaccare Rafah sembra improbabile che aiuti Israele a ottenere i suoi obiettivi, dato che le affermazioni riguardanti lo “smantellamento dei battaglioni terroristici” delle fazioni armate palestinesi appaiono poco concrete, simili alle dichiarazioni sui presunti centri di comando sotterranei. Nonostante la pressione, inclusa quella da parte del Regno Unito e degli Stati Uniti, affinché il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu annulli l’attacco terrestre, egli insiste sul fatto che l’operazione sia finalizzata a “smantellare Hamas”.
Gli Stati Uniti hanno criticato apertamente Tel Aviv durante il conflitto, sottolineando l’importanza di mettere al primo posto la sicurezza dei civili, ma non hanno minacciato di interrompere gli aiuti o il supporto. Anche l’UE e il Regno Unito hanno espresso critiche simili senza minacce di tagli agli aiuti o al sostegno a Israele.
gli Stati Uniti approvano senza darlo a vedere Israele quanto gli Anglosassoni, in quanto i Palestinesi hanno la medesima sorte degli indiani
d’America la cui razza si è estinta come ben sappiamo. Ed in mezzo c’erano interessi economici altro che Pace nel Mondo.