David Ben-Gurion, nato nel 1886 con il nome di David Gruen da una famiglia ashkenazita, originaria dell’area che oggi è parte della Polonia e all’epoca faceva parte dell’Impero russo, ha avuto una vita significativa e ha avuto un impatto notevole sulla storia del popolo ebraico e sulla fondazione dello stato di Israele.
Ben-Gurion si trasferì in Palestina nel 1906 a causa dell’antisemitismo diffuso in Europa, in particolare nella Polonia storica, che era un importante centro per gli ebrei ashkenaziti.
Questa migrazione rifletteva un’ampia tendenza di emigrazione ebraica dall’Europa orientale alla Palestina, spinta sia da motivazioni economiche che da una crescente propaganda sionista.
Nel 1915, fu espulso dalla Palestina, perché la regione era sotto il dominio ottomano e le autorità ottomane avevano emesso un mandato di espulsione nei confronti di alcuni attivisti sionisti, tra cui Ben-Gurion. Il motivo principale di questa espulsione era il sospetto delle autorità ottomane nei confronti dei sionisti, che stavano lavorando per stabilire un’entità ebraica in Palestina. Le autorità ottomane videro queste attività come una minaccia e repressero i movimenti sionisti, incluso l’espellere coloro che erano visti come leader o attivisti influenti, come Ben-Gurion.
Ben-Gurion emigrò quindi a New York City, dove incontrò e sposò sua moglie. Durante la prima guerra mondiale, nel 1918, si arruolò nell’esercito britannico e prestò servizio. Dopo la guerra, tornò in Palestina, passata sotto il dominio britannico.
L’Organizzazione Sionista Mondiale fu fondata principalmente da Theodor Herzl, un giornalista ebreo austro-ungarico considerato il padre del sionismo politico moderno. Herzl aveva pubblicato il suo libro “Lo Stato degli Ebrei” nel 1896, in cui espose la sua visione per la creazione di uno stato ebraico. Il primo Congresso Sionista, tenutosi a Basilea nel 1897, fu convocato da Herzl e fu durante questo congresso che venne formalmente istituita l’Organizzazione Sionista Mondiale.
Il sionismo ebbe un notevole impulso attraverso la diffusione di una vasta gamma di opere letterarie e politiche di propaganda, le quali non solo promuovevano gli ideali sionisti, ma anche il concetto del ritorno degli ebrei nella loro terra ancestrale, la Palestina. Queste opere letterarie, che includevano pamphlet, libri, articoli e manifesti, non solo informavano sulle aspirazioni sioniste, ma spesso esercitavano un’influenza considerevole nell’orientare l’opinione pubblica e nel suscitare un senso di adesione e partecipazione al movimento sionista.
Attraverso il loro messaggio persuasivo e coinvolgente, queste opere non solo rafforzavano l’identità ebraica, ma presentavano la Palestina come il legittimo e auspicato luogo di insediamento per gli ebrei dispersi in tutto il mondo. Inoltre, sottolineavano la necessità di una patria ebraica come rifugio sicuro dalla persecuzione e dall’antisemitismo dilagante in Europa e in altre parti del mondo.
L’influenza di queste opere non si fermava alla sola espressione di ideali sionisti, ma si estendeva anche alla formazione di organizzazioni sioniste e alla promozione dell’immigrazione di massa di ebrei in Palestina. Incoraggiavano attivamente la partecipazione alla causa sionista, sia finanziaria che fisica, e sottolineavano l’importanza di stabilire una presenza ebraica significativa nella regione.
Così, attraverso una combinazione di idee potenti, retorica convincente e una chiara visione del futuro per il popolo ebraico, queste opere letterarie e politiche hanno svolto un ruolo fondamentale nell’incoraggiare e plasmare il movimento sionista e nel facilitare l’insediamento ebraico in Palestina.
La Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, emessa dal Segretario agli Esteri britannico Arthur Balfour e indirizzata a Lord Rothschild, leader della comunità ebraica britannica, rappresentò un fondamentale passo iniziale verso la creazione dello Stato di Israele nel 1948.
In essa, il governo britannico si espresse a favore dell’istituzione di “una patria nazionale per il popolo ebraico” in Palestina, garantendo nel contempo il rispetto dei diritti civili e religiosi delle altre comunità presenti nella regione e degli ebrei in altri paesi. Tuttavia, tale dichiarazione suscitò controversie e conflitti a lungo termine tra le comunità ebraiche e arabe in Palestina, contribuendo al persistente conflitto israelo-palestinese che caratterizza ancora il contesto attuale.
Ben-Gurion divenne uno dei principali leader del movimento sionista, che mirava a creare uno stato ebraico in Palestina. Questo obiettivo fu raggiunto il 14 maggio 1948, quando Ben-Gurion dichiarò l’indipendenza dello Stato di Israele. Durante la guerra d’indipendenza che seguì, guidò le forze israeliane e divenne il primo primo ministro del paese il 25 febbraio 1949, subito dopo la firma del primo armistizio con l’Egitto. Fatta eccezione per un breve periodo tra il 1954 e il 1955, rimase primo ministro fino al 1963.
“La creazione di uno Stato, anche se solo su una parte del territorio, rappresenta il massimo rafforzamento delle nostre forze attuali e un potente impulso ai nostri sforzi storici per la liberazione dell’intero paese. Gli arabi dovranno andarsene, ma ci vuole un momento opportuno per realizzarlo, come una guerra…”
David Ben-Gurion pronunciò questa frase nel 1937 durante un dibattito all’interno del Comitato Esecutivo dell’Agenzia Ebraica per la Palestina. In quel momento, il comitato stava discutendo il Rapporto Peel, un documento emesso dalla Commissione Peel incaricata dalla Gran Bretagna di esaminare la situazione in Palestina e di proporre una soluzione al conflitto arabo-ebraico. Il rapporto suggeriva la spartizione della Palestina in due stati separati, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme e Betlemme sotto controllo internazionale.
Ben-Gurion espose la sua posizione, sostenendo che sebbene fosse disposto a considerare un accordo di spartizione come passo intermedio verso la realizzazione degli obiettivi sionisti, la creazione di uno Stato ebraico su una parte del territorio rappresentava un significativo rafforzamento delle forze ebraiche. Tuttavia, fece notare che l’espulsione degli arabi sarebbe stata un’operazione da realizzare in un “momento opportuno”, come durante una guerra.
Nel libro “The Birth of the Palestinian Refugee Problem, 1947-1949” dell’autorevole storico Benny Morris, pubblicato nel 1988, si menziona una lettera scritta da David Ben-Gurion nel 1937 indirizzata a suo figlio, in cui esprime l’intenzione di espellere gli arabi e sostituirli.
“Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto”.
Durante il suo mandato, Ben-Gurion svolse un ruolo cruciale nella formazione delle istituzioni politiche e militari dello stato di Israele, guidandolo attraverso guerre e conflitti con i paesi circostanti. Dopo il suo ritiro dalla politica attiva, continuò a essere coinvolto nelle questioni pubbliche e a scrivere sul futuro di Israele fino alla sua morte nel 1973. La sua eredità rimane significativa nella politica e nella società israeliane, e viene ancora riconosciuto come uno dei leader più influenti nella storia moderna di Israele.