Il governo di Justin Trudeau ha proposto una legge che concede ai giudici il potere di relegare individui agli arresti domiciliari sulla base del timore che possano commettere un crimine d’odio. Mentre il ministro della Giustizia canadese, Arif Virani, cerca di presentare questa misura come uno strumento “importante” per proteggere le potenziali vittime, i critici la definiscono giustamente “draconiana”.
L’abuso di potere e la minaccia alla libertà di parola emergono chiaramente in questa proposta legislativa. Con la scusa di proteggere i bambini e perseguire i crimini d’odio online, il governo Trudeau sta introducendo misure che potrebbero facilmente soffocare le discussioni scomode e limitare la libertà di espressione.
La possibilità per i giudici di imporre agli individui gli arresti domiciliari in base a timori futuri è un passo troppo oltre, con il potenziale di creare un clima di paura e autocensura. L’idea di obbligare le persone a indossare una targhetta elettronica è altrettanto inquietante, rievocando pratiche di sorveglianza invadenti.
Il tentativo del ministro Virani di giustificare queste proposte attraverso la presunta necessità di limitare il comportamento di chi potrebbe prendere di mira gruppi minoritari è un esempio di retorica che cerca di mascherare la palese confusione nella linea tra prevenzione e limitazione delle libertà individuali. In un contesto democratico, l’adozione di misure così estreme dovrebbe essere sottoposta a una riflessione critica e a un serio dibattito pubblico anziché essere spacciata come uno strumento “importante”.