Il vicebrigadiere dei carabinieri, della stazione Milano Porta Monforte, è stato accusato dalla Procura di Milano di aver compiuto oltre 200.000 interrogazioni illecite nelle banche dati pubbliche riservate alle forze dell’ordine per almeno tre anni. Insieme alla moglie, avrebbe incassato 134.000 euro da un investigatore privato a cui forniva informazioni ottenute illegalmente.
Gli inquirenti hanno documentato le prove incrociando gli accessi al computer d’ufficio con le localizzazioni dei tabulati telefonici, sequestrando i cellulari e recuperando messaggi espliciti su Signal. Una telecamera è stata posizionata sul computer del carabiniere per maggior sicurezza.
In particolare, A. M. non avrebbe fornito informazioni sensibili come intercettazioni o iscrizioni nel registro degli indagati, ma si sarebbe concentrato sulle condizioni economiche delle persone, ottenute dalla banca dati delle forze dell’ordine. Il suo “cliente” principale, l’investigatore privato S. C., avrebbe pagato 134.000 euro tramite carte PostePay per tali informazioni.
Nelle chat sequestrate, è emerso un tariffario: 250 euro per conoscere l’intestatario di due utenze telefoniche, 200 euro per individuare tutti i telefoni associati a un codice fiscale, 200 euro per conoscere la posizione giuridica di un arrestato e 350 euro per abbinare le residenze anagrafiche ai codici fiscali. L’accusa della Procura include le ipotesi di reato di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico per il carabiniere e sua moglie, nonché per l’investigatore privato.
qualche anno fa un generale dei CC disse : da noi chi sbaglia paga………
piu’ avanti negli anni lo stesso Generale cambio’ versione affermando
pubblicamente : non posso insegnare tutte le virtu’ ai miei uomini…….
ebbene come umile cittadina mi aspetto che una divisa rappresenti sempre
onestà lealtà e che si metta in pratica chi sbaglia paga. La Legge deve essere
uguale per tutti.