La Cina è pronta a svelare uno dei più affascinanti misteri archeologici della sua storia millenaria, senza spostare nemmeno una pietra. Il mausoleo di Qin Shi Huang, primo imperatore della Cina unificata, rimasto intatto per oltre duemila anni, potrebbe finalmente rivelare i suoi segreti grazie a una tecnica d’indagine all’avanguardia: la tomografia a muoni, una tecnologia che sfrutta particelle subatomiche generate dai raggi cosmici per “vedere” all’interno di strutture sigillate.
Il mausoleo si trova vicino a Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, ed è noto per l’imponente esercito di Terracotta scoperto nel 1974. Circa 8000 statue a grandezza naturale, soldati, cavalli e carri, scolpiti con un livello di dettaglio impressionante, furono sepolti per accompagnare l’imperatore nell’aldilà. Tuttavia, la tomba centrale, il cuore del complesso funerario, non è mai stata aperta. Le autorità cinesi, da sempre prudenti, temono che un intervento diretto possa danneggiare irreparabilmente i reperti. Esperienze passate, come la perdita quasi immediata dei pigmenti originari delle statue una volta esposte all’aria, rafforzano questi timori.

A raffreddare ulteriormente ogni tentativo di esplorazione diretta ci sono le antiche cronache, in particolare quelle di Sima Qian, storico della dinastia Han, che descrivono un mausoleo dotato di trappole meccaniche pensate per proteggere il sovrano anche nella morte e da fiumi di mercurio per rappresentare i corsi d’acqua del regno e l’universo conosciuto. Studi geochimici condotti negli anni Ottanta hanno rilevato concentrazioni insolitamente elevate di mercurio nel terreno sopra la camera sepolcrale, confermando la plausibilità di quanto riportato dalle fonti storiche.
Ora però gli scienziati cinesi, guidati dalla fisica Yuanyuan Liu della Beijing Normal University, intendono aggirare il problema utilizzando una tecnologia non invasiva e sicura: la tomografia a muoni. Questa tecnica, già applicata con successo in Egitto per studiare la Piramide di Cheope, consente di ottenere immagini tridimensionali dell’interno di strutture chiuse senza doverle aprire. I muoni, particelle simili agli elettroni ma molto più pesanti, penetrano la materia in profondità e, passando attraverso rocce, metalli e vuoti, lasciano una traccia che può essere analizzata. Installando due rilevatori a circa cento metri dalla tomba, i ricercatori potranno raccogliere dati sufficienti in circa un anno di osservazione continua per ricostruire la conformazione interna del mausoleo.

Il progetto apre scenari affascinanti. Se le simulazioni saranno confermate, sarà possibile mappare l’intero complesso funerario e magari confermare la presenza di stanze, corridoi, tesori o trappole ancora intatti. Senza toccare nulla, e senza mettere a rischio né i reperti né gli studiosi. L’obiettivo non è solo quello di fare luce sul passato, ma anche di creare un precedente importante per l’archeologia del futuro. L’uso di tecnologie basate sulla fisica delle particelle, fino a poco tempo fa considerate esclusivo appannaggio della ricerca teorica, sta diventando uno strumento concreto per indagare il patrimonio culturale in modo rispettoso e sostenibile.
La Cina, sempre attenta alla conservazione del suo patrimonio storico, ha compiuto una scelta strategica: puntare su una tecnologia silenziosa, discreta ma potenzialmente rivoluzionaria. Se i risultati saranno positivi, la tomografia a muoni potrebbe essere impiegata anche in altri siti archeologici sensibili, non solo in Asia ma in tutto il mondo. Intanto, il mondo attende con curiosità e rispetto. Dopo più di duemila anni, la voce silenziosa dell’imperatore potrebbe presto tornare a farsi sentire.

L’Esercito di Terracotta
l’Esercito di Terracotta comprende circa 8.000 statue di soldati, ma il numero esatto non è ancora noto, perché gran parte del sito deve ancora essere scavata. Gli archeologi preferiscono non dissotterrarle finché non si trovano tecnologie migliori per proteggerne i colori originali e la struttura.
L’Esercito di Terracotta è parte del gigantesco complesso funerario costruito per Qin Shi Huang, il primo imperatore della Cina unificata, vissuto tra il 259 e il 210 a.C. Dopo aver unificato i vari regni cinesi nel 221 a.C., Qin Shi Huang fondò la dinastia Qin, centralizzando il potere, standardizzando scrittura, moneta e pesi e misure, e iniziando opere imponenti come la prima versione della Grande Muraglia.
Poco dopo la sua ascesa al trono, fece iniziare la costruzione del suo mausoleo. Secondo le fonti antiche, vi lavorarono oltre 700.000 persone per decenni. L’idea era che il sovrano, una volta morto, potesse continuare a regnare e vivere con tutti i comfort nell’aldilà. L’Esercito di Terracotta serviva proprio a questo: proteggere il suo spirito nell’aldilà, come facevano i veri eserciti in vita.
L’esercito fu sepolto a circa 1,5 km a est del tumulo funerario centrale. Si tratta di migliaia di statue di soldati, ufficiali, cavalli e carri, disposte in formazioni militari realistiche e divisi in diverse fosse.
Ecco un po’ più nel dettaglio:
- Fossa 1: circa 6.000 soldati in gran parte fanteria, disposti in una formazione militare rettangolare. È la più grande delle fosse (230 metri di lunghezza).
- Fossa 2: stimati 1.300 soldati più 90 carri di legno e 600 cavalli (molti non ancora completamente dissotterrati).
- Fossa 3: contiene 68 figure ed è considerata il comando dell’esercito.
- Fossa 4: è vuota, probabilmente mai completata.
Oltre ai soldati, sono state ritrovate statue di:
- Cavalli da guerra
- Ufficiali di diverso rango
- Aurighi
- Acrobati e musicisti (in altre aree del complesso)
- Animali simbolici, come gru e cigni in bronzo
La costruzione è avvenuta in contemporanea con il resto del mausoleo, ed è probabile che molte delle statue siano state realizzate da laboratori imperiali organizzati come vere e proprie catene di montaggio. Alcune iscrizioni trovate su singoli pezzi indicano il nome dell’artigiano o del sovrintendente, il che fa pensare a un rigido controllo di qualità e produzione.
Quando furono sepolte, le statue erano ricoperte di colori vivaci: rosso, blu, rosa, viola, verde. Tuttavia, il contatto con l’aria dopo gli scavi ha fatto evaporare i pigmenti in pochi minuti. Per questo oggi le vediamo grigie.
Le statue non sono completamente diverse una dall’altra, ma i loro tratti mostrano molte variazioni. Gli artigiani usavano stampi modulari per teste, braccia, mani e busti, ma li assemblavano in modo da creare combinazioni diverse. Questo conferisce una notevole varietà nell’aspetto dei soldati.
Molti soldati erano armati con armi reali: spade, lance, alabarde e balestrieri. Alcune di queste armi erano sorprendentemente ben conservate, grazie anche alle condizioni chimiche del suolo. Tuttavia, la leggenda del rivestimento al cromo (diffusa in passato) è stata smentita da studi recenti: la conservazione era dovuta principalmente alla composizione del terreno, non a una tecnologia sconosciuta.
Dopo la morte dell’imperatore nel 210 a.C., il mausoleo fu sigillato. Poco dopo, la dinastia Qin crollò e il sito fu in parte saccheggiato e danneggiato. Molti dei soldati che oggi vediamo in frammenti furono distrutti in quel periodo o nei secoli successivi da terremoti e infiltrazioni d’acqua.
Per quasi 2200 anni, l’intero complesso rimase nascosto sottoterra. Fu riscoperto solo nel 1974, quando alcuni contadini scavando un pozzo trovarono frammenti di terracotta. Gli scavi ufficiali iniziarono subito dopo, rivelando una scoperta archeologica tra le più straordinarie del XX secolo.
L’Esercito di Terracotta è oggi una delle attrazioni storiche più importanti della Cina e un simbolo della potenza e dell’ambizione imperiale della dinastia Qin. È anche una fonte preziosa per lo studio dell’arte, della tecnologia e dell’organizzazione militare dell’antica Cina.
L’UNESCO ha riconosciuto il valore eccezionale del complesso, inserendolo nella lista del patrimonio mondiale per la sua importanza storica, culturale e artistica.
Principio di funzionamento della Tomografia a Muoni
I muoni sono particelle generate dai raggi cosmici. Interagendo con la materia, vengono assorbiti o deviati in base alla densità del materiale attraversato. Installando rilevatori attorno a una struttura, è possibile ottenere una mappa tridimensionale della sua densità interna.
