Negli ultimi anni, dichiarazioni di personaggi di primo piano come Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, hanno sollevato non pochi interrogativi. In particolare, ha fatto discutere la sua affermazione secondo cui l’Unione Europea sarebbe fondata sui valori del Talmud — un testo sacro dell’ebraismo che, oltre a contenere precetti religiosi, rappresenta un corpus di leggi e norme sociali.
Ma se davvero l’UE prende ispirazione da questo testo, allora è doveroso domandarsi: quali valori, esattamente, stiamo importando?
Innanzitutto: che cos’è il Talmud? È una vasta raccolta di discussioni rabbiniche, risalenti ai secoli tra il III e il VI d.C., che riguarda ogni aspetto della vita giuridica, religiosa e quotidiana dell’ebraismo. È un testo centrale nella tradizione ebraica ortodossa, ma è anche profondamente legato a un contesto storico e culturale patriarcale, esclusivista e tribale.
Il Talmud è da sempre oggetto di aspre critiche per alcuni passaggi controversi, specialmente nei confronti di altre religioni o di gruppi sociali. Alcuni passi sono stati letti come denigratori nei confronti dei non ebrei, delle donne e di altre categorie, portando a dibattiti sulla sua applicazione nel mondo moderno.
TALMUD – Sanhedrin 57a
Tra i passaggi più discussi nel Talmud ci sono quelli che mettono in discussione l’uguaglianza tra ebrei e non ebrei, ad esempio, nella Sanhedrin 57a, la discussione riguarda le leggi di pena capitale applicabili a non ebrei. La discussione principale qui è che, se un ebreo uccide un non ebreo (Gentile) non sarebbe punito con la pena capitale. Al contrario, un non ebreo (Gentile) uccide un ebreo sarebbe punito con la pena capitale.

Nel Talmud, il dibattito si concentra sulla distinzione tra le leggi che riguardano gli ebrei e quelle che riguardano i non ebrei (gentili). Secondo le scuole di pensiero talmudiche, le leggi che si applicano ai non ebrei sono più severe rispetto a quelle che si applicano agli ebrei. Questo passaggio in particolare fa riferimento a un concetto talmudico secondo cui l’omicidio di un ebreo è considerato un crimine molto più grave rispetto all’omicidio di un non ebreo. La differenza di trattamento deriva dalla concezione che gli ebrei hanno ricevuto la Torah (legge divina) e sono legati da un patto speciale con Dio.
TALMUD – Niddah 44b
Un altro passaggio del Talmud che suscita forti polemiche, sia sul piano storico che etico, si trova nel Trattato Niddah. Qui viene affermato esplicitamente che una bambina può essere promessa in sposa attraverso un rapporto sessuale a partire dai 3 anni di età.

Questo tema solleva preoccupazioni significative. È difficile, persino con tutta la distanza temporale e culturale possibile, giustificare un’affermazione simile con il semplice riferimento al “contesto storico”. L’idea che una bambina di tre anni possa essere oggetto di un rapporto sessuale formalizzato come atto matrimoniale va oltre la tolleranza di qualsiasi epoca, perché si scontra frontalmente con ciò che potremmo definire un senso minimo e universale di umanità. Non risulta che in nessuna grande civiltà antica, nemmeno tra quelle spesso descritte come primitive o brutali, simili pratiche siano mai state ufficialmente ammesse o regolamentate come legittime. Anche nelle società in cui i matrimoni erano combinati o avvenivano in giovane età, la consumazione del matrimonio veniva comunque posticipata fino alla pubertà.
Attribuire tali norme a una “logica del tempo” rischia di diventare una forma di negazionismo etico: un tentativo di assolvere l’inaccettabile solo perché scritto in un testo antico o religioso. Ma il rispetto dovuto alla tradizione non può mai giustificare la normalizzazione di pratiche che, anche allora, dovevano apparire mostruose a chiunque conservasse un briciolo di coscienza. La civiltà, in qualunque epoca, non si misura solo dal progresso tecnico o artistico, ma anche e forse soprattutto, da come tratta i suoi membri più deboli: e non esiste essere più vulnerabile e indifeso di un bambino.
TALMUD – Kiddushin 2a
Uno dei passaggi più discussi e controversi della legge ebraica antica si trova nella Mishnah di Kiddushin 1:1, dove si afferma che una donna viene niknet (נִקְנֶת), cioè “acquista” nel matrimonio. Questo termine, che deriva dal verbo kanah (קָנָה), con il significato di “acquistare” o “prendere possesso”, riflette un’impostazione giuridica in cui il matrimonio è concepito come una forma di transazione legale, in cui l’uomo assume il ruolo attivo di “acquirente” e la donna quello passivo di “oggetto” della transazione.

Secondo la Mishnah, l’acquisto della donna può avvenire in tre modi: attraverso il denaro, mediante un documento legale di matrimonio (shetar), oppure tramite un rapporto sessuale (bi’ah). Questi tre metodi vengono poi analizzati e discussi più a fondo nel Talmud, nello specifico nei capitoli successivi del trattato Kiddushin, dove si entra nei dettagli giuridici e rituali di ciascuna modalità. L’intero impianto normativo sottolinea come l’unione matrimoniale, più che un contratto reciproco tra pari, fosse un’azione unilaterale da parte dell’uomo.
La scelta del verbo kanah, e quindi l’uso del termine niknet, non è casuale: richiama il linguaggio delle transazioni commerciali e delle acquisti di beni. Questo linguaggio giuridico riflette il contesto storico e sociale in cui queste norme furono redatte, un contesto patriarcale in cui la donna non godeva di pari status giuridico o autonomia decisionale. Viene trattata, almeno formalmente, come un “bene trasferibile”, pur con diritti e tutele che verranno nel tempo precisati e, in parte, ampliati dai commentatori rabbinici successivi.
Ci sono molte altre parti del Talmud che oggi possono risultare problematiche, soprattutto se lette al di fuori del loro contesto storico e culturale. Questo vale per molte opere giuridico-religiose antiche, ma nel caso del Talmud il problema è particolarmente rilevante perché è ancora oggi una fonte normativa e di studio centrale nel giudaismo ortodosso. Le questioni più controverse possono riguardare il ruolo della donna, i non ebrei, la schiavitù, l’autorità rabbinica e altri temi etico-sociali.
Possiamo basare i valori europei sul Talmud? No! Ecco perché:
1. Sistema giuridico non universalista
Il Talmud è un’opera giuridico-religiosa pensata per un popolo specifico (gli ebrei) in un tempo specifico (tra il III e il VI secolo), e non ha vocazione universalistica. I valori europei moderni, come l’uguaglianza davanti alla legge, la laicità, i diritti umani, la separazione dei poteri, si fondano invece sull’idea che tutte le persone abbiano diritti e dignità in quanto esseri umani, indipendentemente da religione, sesso, etnia o appartenenza.
Il Talmud, al contrario, distingue tra ebrei e non ebrei, tra uomini e donne, tra schiavi e liberi, e attribuisce diritti e doveri differenti a ciascuno.
2. Sistema patriarcale
Come già osservato, la visione della donna nel Talmud riflette un assetto patriarcale. Le donne hanno meno diritti legali, non possono testimoniare, non studiano la Torah in profondità, sono considerate sotto l’autorità del padre o del marito. Basare i valori europei su un sistema che giustifica e codifica questa diseguaglianza significherebbe tradire secoli di lotte.
3. Assenza di laicità
Il Talmud non fa distinzione tra legge civile e legge religiosa. Ogni aspetto della vita, dal commercio alla sessualità, dalla giustizia ai rituali alimentari, è normato da un sistema religioso. L’Europa moderna, al contrario, ha separato (almeno idealmente) la religione dallo Stato, garantendo libertà di coscienza e pluralismo religioso.
4. Pluralismo e democrazia
Il Talmud si basa su un’élite di studiosi-rabbini che discutono, sì, ma all’interno di un sistema chiuso e profondamente gerarchico. Non c’è spazio per la democrazia come la intendiamo oggi, né per una libera circolazione di opinioni da parte di tutti i cittadini. La base dei valori europei è, invece, il principio che ogni persona abbia una voce nel determinare le regole del vivere comune.
Von der Leyen sbaglia: i valori europei non nascono dal Talmud
La dichiarazione di Ursula von der Leyen, secondo cui l’Unione Europea si riconoscerebbe nei valori del Talmud, solleva interrogativi profondi sulla direzione politica e simbolica che l’Europa sta prendendo. Non si tratta solo di una frase diplomatica detta in un contesto celebrativo. È una presa di posizione culturale e politica che rischia di minare proprio quei fondamenti su cui l’Europa si è ricostruita dopo le tragedie del Novecento: la laicità, l’universalismo dei diritti, l’uguaglianza tra esseri umani, l’inclusione di tutte le diversità.
Attribuire al Talmud un valore universale e fondativo significa, volente o nolente, promuovere un sistema normativo che è storicamente e teologicamente pensato per una comunità specifica, e che distingue in modo marcato tra ebrei e non ebrei, tra uomini e donne, tra puri e impuri. È un testo di grande rilevanza culturale e religiosa, ma non è — e non può essere — un punto di riferimento etico o giuridico per un progetto politico come l’Unione Europea, che si presenta come spazio pluralista, democratico e inclusivo.
Sostenere che l’UE si riconosca nei valori del Talmud significa implicitamente legittimare l’idea che i testi religiosi possano fungere da fondamento per la convivenza civile in una società eterogenea, secolarizzata, in cui convivono credenti di molte religioni e non credenti. È una contraddizione palese con i principi costituzionali e sovranazionali europei, e un pericoloso precedente, perché apre la porta a rivendicazioni analoghe da parte di altri fondamentalismi religiosi. Se il Talmud può diventare fonte di valori per l’Europa, perché non il Corano? O la legge mosaica nella sua versione più letterale? O la dottrina sociale cattolica, con le sue posizioni contro l’aborto o i diritti LGBTQ+?
Il compito della politica europea non è quello di fondarsi su testi religiosi, ma di proteggere la libertà di ciascuno di credere o non credere, e di vivere secondo la propria coscienza, a condizione che ciò non violi i diritti degli altri. La democrazia liberale si regge proprio su questa delicata distinzione tra spazio privato e spazio pubblico, tra etica personale e diritto comune. È questo ciò che ci ha permesso di superare le guerre di religione e le teocrazie.
Pretendere che il Talmud rappresenti la base valoriale dell’Europa moderna significa ignorare secoli di emancipazione, di pensiero critico, di conquiste civili.
L’Europa dei diritti, del pluralismo e della libertà non può essere costruita sulla base di un testo normativo religioso, qualunque esso sia. Deve essere costruita su principi razionali, condivisi, criticabili, aggiornabili. E questi principi non si trovano nel Talmud, nella Bibbia o nel Corano, ma in documenti come la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, le Costituzioni democratiche nate dalle macerie della guerra.
Se davvero vogliamo difendere i valori europei, dobbiamo tornare a ciò che li rende unici: la capacità di includere tutti, senza che nessuno debba aderire a un’identità religiosa per essere considerato cittadino a pieno titolo.
la sicurezza con cui la Ursula von Der leyen si muove è inquietante, perchè
è chiaramente sostenuta da persone molto influenti che le garantiscono immunità a livello giuridico. Terrorizzare i popoli non è certo garantire
la sovranità del Paese a cui appartengono.