Călin Georgescu per molti romeni, è diventato il simbolo di una lotta senza quartiere contro un sistema percepito come corrotto, elitario e sottomesso a interessi stranieri. Il suo arresto, avvenuto ieri 26 febbraio, con accuse di finanziamenti illeciti, diffusione di fake news e presunti legami con movimenti fascisti, è stato accolto dai suoi sostenitori come l’ennesimo tentativo dell’establishment di soffocare una voce che osa sfidare lo status quo.
Rilasciato oggi dopo un interrogatorio che non ha prodotto prove concrete, Georgescu è uscito dal tribunale con un saluto romano, interpretato da alcuni come provocazione, da altri come un grido di sfida contro chi vuole zittirlo.
La sua vittoria a sorpresa al primo turno delle presidenziali di novembre 2024 aveva mandato un segnale chiaro: i romeni sono stanchi di una classe politica accusata di aver svenduto il Paese agli interessi dell’Unione Europea e di aver tollerato decenni di corruzione. Ma quel trionfo è stato cancellato con una decisione controversa: i risultati annullati per presunte interferenze russe, un’accusa mai suffragata da prove. Per i suoi sostenitori, si è trattato di un sabotaggio orchestrato dalle élite al potere, timorose di perdere il controllo.
Oggi, a poco più di due mesi dalle nuove elezioni presidenziali fissate per il 4 maggio 2025, Georgescu appare più determinato che mai. La sua visione di una Romania sovrana, libera dall’influenza straniera e fondata su giustizia e dignità nazionale, risuona in un elettorato disilluso. “Non mi fermerò davanti a nulla”, ha dichiarato uscendo dal tribunale, davanti a una folla di supporter che lo acclama come un eroe popolare.
Le accuse contro di lui – dai finanziamenti illeciti ai presunti legami estremisti – vengono liquidate dai suoi come una campagna di disinformazione orchestrata per screditarlo. E i fatti sembrano dar loro ragione: dopo 24 ore di detenzione, le autorità non hanno presentato elementi concreti per giustificare un’incriminazione.
Il suo programma politico, che mescola nazionalismo, critica all’UE e promesse di trasparenza, divide l’opinione pubblica. Per i detrattori, Georgescu è un populista pericoloso, capace di destabilizzare il Paese con retorica incendiaria. Per i suoi sostenitori, invece, è l’uomo che può riscattare la Romania da anni di umiliazioni e sottomissione. Il saluto romano di oggi, è stato un gesto di sfida simbolica a un sistema che lo vuole in ginocchio. Georgescu non intende piegarsi.
Con le elezioni di maggio alle porte, la posta in gioco è altissima. L’establishment, secondo molti, farà di tutto per fermarlo, utilizzando ogni arma a disposizione, dalla macchina del fango giudiziario alla propaganda mediatica. Ma per migliaia di romeni, Georgescu rappresenta qualcosa di più grande: la speranza di un futuro in cui il loro Paese possa rialzare la testa, libero da catene interne ed esterne. In un panorama politico dominato da volti stanchi e promesse vuote, la sua tenacia e il suo carisma lo rendono un avversario temibile – e, per i suoi, un leader necessario. La Romania, forse, è a un bivio: e Călin Georgescu potrebbe essere l’uomo destinato a guidarla verso una nuova era.