Il 3 giugno 1994, il mondo del cinema piangeva la scomparsa di Massimo Troisi, uno dei più amati attori italiani, noto per il suo straordinario talento e la sua umanità. Ma pochi sanno che, dietro le quinte del suo ultimo film, Il postino, si nasconde una storia di dedizione e amicizia che coinvolge un uomo comune, Gerardo Ferrara.
Ferrara, un 31enne di Sapri, era un sosia di Troisi e, per coincidenza o destino, trovò il suo nome scritto nelle pagine della storia del cinema. La produzione del film, alle prese con le difficoltà di un Troisi sempre più stanco a causa della sua grave malattia, decise di arruolare Ferrara per le scene più impegnative. Quando i due si incontrarono, fu come guardarsi allo specchio. Troisi, riconoscendo il suo doppio, lo abbracciò e gli disse: “E tu mo ti fai vedere”.
Per un mese, Ferrara lavorò come doppio di Troisi, pedalando sotto il sole e ammirando i tramonti con la bicicletta tra le mani. Il suo impegno e la sua somiglianza con l’attore erano così evidenti che divenne una presenza costante sul set. Durante le riprese, la vita di Ferrara subì un cambiamento importante: sua moglie Elena rimase incinta. Troisi, dimostrando la sua premura e affetto, si avvicinò a Elena e chiese: “Come sta Pablito? Mi raccomando, lo dobbiamo chiamare Pablito”, in riferimento al nome del figlio del protagonista del film.
Il giorno dopo l’ultimo ciak, il 4 giugno 1994, Massimo Troisi morì, lasciando un vuoto incolmabile nel panorama culturale italiano. Il suo ultimo saluto agli amici e colleghi fu toccante e pieno di emozione: “Vi amo tutti, non dimenticatevi di me”.
Oggi, a 25 anni di distanza, Gerardo Ferrara ha lasciato il mondo del cinema e si è dedicato a una carriera di insegnante e alla gestione di un bed and breakfast. Tuttavia, il ricordo di quella straordinaria esperienza è ancora vivo nella sua memoria. Ferrara conserva un libro che Troisi gli regalò, con una dedica sincera: “A Gerardo, per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro”.
Il figlio di Ferrara, nato poco dopo la morte di Troisi, non fu chiamato Pablito ma Massimo, nonostante il desiderio di Troisi. Ferrara e sua moglie vollero così rendere omaggio al grande attore che aveva avuto un’importanza fondamentale per loro. La scelta del nome rappresentava il loro profondo rispetto e ammirazione, trasformando il nome del loro bambino in un tributo duraturo alla memoria di Troisi.
Con questa toccante narrazione, si celebra non solo il genio di Massimo Troisi ma anche la generosità e il coraggio di Gerardo Ferrara, un uomo che ha contribuito in modo discreto ma significativo a completare un capolavoro del cinema italiano.