Il nome “Groenlandia” significa “terra verde” in danese. Il termine deriva dall’unione di due parole danesi: “grøn” che significa “verde” e “land” che significa “terra“.
È probabile che durante l’epoca in cui fu dato il nome “Groenlandia” da Erik il Rosso, la regione potesse avere condizioni ambientali diverse rispetto a quelle attuali. Si ritiene che durante il periodo in cui fu stabilita la prima colonia nordica, tra il 10° e l’11° secolo, ci fossero condizioni climatiche più miti nella regione artica rispetto a oggi. Questo potrebbe aver reso alcune parti della Groenlandia più verdi e potrebbe aver giustificato l’uso del termine “terra verde” per descrivere l’area.
Tuttavia, nel corso dei secoli, il clima si è raffreddato, portando a una maggiore espansione dei ghiacci e a condizioni ambientali più difficili. Attualmente, la Groenlandia è coperta da un’enorme calotta di ghiaccio che rappresenta la seconda più grande massa di ghiaccio sulla Terra, dopo l’Antartide.
Quindi, mentre il nome “Groenlandia” potrebbe essere stato appropriato durante il periodo di colonizzazione nordica, le condizioni climatiche sono notevolmente cambiate nel corso dei secoli, trasformando la maggior parte dell’isola in un ambiente glaciale e meno adatto alla vegetazione abbondante.
Nuove ricerche hanno rivelato che in passato la Groenlandia era effettivamente una terra verde e ospitava una rigogliosa foresta boreale nelle sue pianure meridionali. Questa scoperta è stata pubblicata nell’ultima edizione della rivista scientifica “Science” ed è frutto di uno studio finanziato in parte dal programma Marie Curie dell’Unione Europea.
Gli scienziati hanno raggiunto queste conclusioni attraverso l’analisi del DNA antico recuperato da una carota di ghiaccio prelevata dal sito Dye 3 nel sud della Groenlandia. I campioni hanno rivelato la presenza passata di alberi come ontani, abeti rossi, pini e tassi, oltre a invertebrati come coleotteri, mosche, ragni, farfalle e tarme.
Gli esemplari di DNA sono stati accuratamente datati in un intervallo compreso tra 450.000 e 800.000 anni fa, costituendo così la scoperta del DNA autentico più antico finora documentato. Il dottor Enrico Cappellini dell’Università di York, uno dei protagonisti di questa ricerca, ha sottolineato la complessità di analizzare le biomolecole millenarie provenienti dagli strati situati sotto i ghiacciai e le calotte glaciali. Tuttavia, ha sottolineato quanto sia fondamentale l’insieme di informazioni acquisite grazie a tali sforzi.
Gli studiosi hanno utilizzato le conoscenze sugli ambienti in cui vivevano le piante rilevate per stimare che le temperature medie di luglio dovevano superare i 10°C, mentre le temperature invernali potrebbero non essere scese al di sotto dei -17°C.
Il dottor Martin Sharp dell’Università di Alberta ha sottolineato che questi risultati permettono una ricostruzione ambientale più precisa del periodo in cui sono stati prelevati i campioni, dimostrando che questa regione del mondo era molto più calda di quanto precedentemente ipotizzato.
Questa foresta artica antica scomparve quando le temperature diminuirono durante una glaciazione successiva, e il suolo fu coperto da uno strato di ghiaccio. Tuttavia, quando le temperature aumentarono nuovamente tra 116.000 e 130.000 anni fa, lo strato di ghiaccio rimase intatto, nonostante fossero superiori di 5°C rispetto alle attuali.
Il professor Eske Willerslev dell’Università di Copenaghen, che ha guidato lo studio, ha sottolineato che se i dati sono accurati, ciò suggerisce una maggiore stabilità della calotta di ghiaccio della Groenlandia meridionale rispetto a quanto si pensasse in precedenza.