Nel luglio 2025, un’inchiesta de The Guardian e del watchdog Ekō ha rivelato qualcosa che dovrebbe scuotere le coscienze di tutti: Meta, il gigante dei social, ha ospitato campagne pubblicitarie a pagamento che hanno finanziato l’acquisto di equipaggiamenti militari destinati all’esercito israeliano. Non parliamo di incidenti isolati: tra marzo e luglio, almeno 117 annunci sono stati lanciati su Facebook, Instagram e Threads, visibili in tutta Europa e nel Regno Unito, raccogliendo milioni di dollari destinati a battaglioni dell’IDF sul campo.
Gli annunci promuovevano droni termici e civili riconvertiti per sorvegliare e attaccare obiettivi, treppiedi e ottiche per i cecchini, giubbotti antiproiettile, caschi tattici, generatori e altri strumenti per sostenere operazioni militari. Alcune campagne erano così mirate che parlavano apertamente di unità di Jabalia, nel nord di Gaza, indicando strumenti necessari ai cecchini per “tenere i propri combattenti un passo avanti”.
Meta ama presentarsi come attore neutrale, promotore di “comunità” e di “connessioni globali”. Ma ospitare annunci che finanziano droni — droni che vengono convertiti per trasportare granate — significa prendere parte a un conflitto armato.
Quando una piattaforma digitale permette di raccogliere fondi che finiscono direttamente nelle mani di un esercito impegnato in operazioni contro civili, non è spettatore innocente, è complice. E la legge europea è chiara: il Digital Services Act obbliga le piattaforme a rimuovere rapidamente contenuti illegali e a garantire trasparenza sulle campagne pubblicitarie, specialmente quando coinvolgono raccolte fondi militari.
Il risultato è un doppio standard lampante: censura spietata verso le voci palestinesi, tolleranza per finanziare l’esercito israeliano. Meta non è neutrale, non lo è mai stata. E quando decide cosa amplificare e cosa silenziare, esercita un potere politico enorme, che nessuna elezione le ha mai conferito.
Inserzionisti coinvolti
1. Vaad Hatzedaka
- Chi è: un’organizzazione caritativa statunitense che opera sotto la forma di charity/religious nonprofit.
- Annunci pubblicitari: uno dei casi più evidenti riportati da Ekō riguarda proprio un loro annuncio, in cui si usava la testimonianza di un rabbino per stimolare donazioni.
- Contenuto della campagna: raccogliere fondi per acquistare droni termici capaci di “individuare ed eliminare le minacce mortali di Hamas” e, nelle parole della pubblicità, “tenere i nostri combattenti un passo avanti”.
- Tipologia di equipaggiamento promosso:
- droni termici e sottomarini,
- generatori,
- altri strumenti destinati all’impiego militare diretto.
- Violazioni evidenziate: gli annunci non riportavano le diciture obbligatorie (“pagato da”), né passavano per il sistema di verifica politica di Meta, richiesto nell’UE.
2. Chesed Fund
- Chi è: una piattaforma di raccolta fondi online con sede negli Stati Uniti, legalmente registrata come ente benefico. È nota soprattutto per campagne legate a cause religiose ed emergenze comunitarie, ma in questo caso ha ospitato iniziative esplicitamente militari.
- Annunci pubblicitari: reindirizzavano a landing page che invitavano a inviare equipaggiamenti militari all’IDF in prima linea.
- Oggetti richiesti:
- giubbotti antiproiettile,
- caschi tattici,
- droni termici,
- treppiedi per fucili di precisione.
- Caso specifico: una delle campagne più segnalate è stata quella relativa all’unità di Jabalia, nel nord di Gaza, dove cecchini dell’IDF chiedevano il finanziamento di treppiedi per le loro postazioni di tiro.
- Violazioni evidenziate: la pubblicità del Chesed Fund rientra nelle categorie politiche e militari, quindi avrebbe richiesto autorizzazione e trasparenza completa secondo le regole Meta e il DSA.
3. Mayer Malik (cantante israeliano)
- Chi è: artista pop israeliano, noto soprattutto in Israele per la sua carriera musicale, con una base di fan significativa sui social.
- Ruolo nella vicenda: non come ente organizzato, ma come testimonial e amplificatore. Malik ha ripubblicato e promosso sui suoi canali Meta campagne di raccolta fondi per specifiche unità dell’IDF.
- Cifre raccolte: secondo Digital Information World e The Guardian, le sue campagne avrebbero superato i 2,2 milioni di dollari raccolti — la quota più alta tra gli inserzionisti segnalati.
- Contenuto delle richieste: Malik ha rilanciato appelli diretti delle unità di cecchini attive a Gaza (come quella di Jabalia), chiedendo fondi per equipaggiamento tecnico: treppiedi, ottiche, droni.
- Impatto: grazie alla sua popolarità, la campagna ha avuto una diffusione molto ampia, incrementando visibilità e donazioni ben oltre i canali tradizionali di raccolta fondi.
Quadro complessivo
Gli inserzionisti non erano attori marginali o isolati:
- Vaad Hatzedaka ha dato la patina di “beneficenza religiosa” a forniture militari.
- Chesed Fund ha offerto l’infrastruttura tecnica e legale per trasformare donazioni in equipaggiamento da guerra.
- Mayer Malik ha sfruttato la propria fama per amplificare e normalizzare campagne di raccolta fondi a favore di reparti militari.
Il risultato è un ecosistema pubblicitario che ha aggirato policy interne di Meta, norme UE (DSA) e, potenzialmente, leggi nazionali sulla raccolta fondi militare.
In Europa, la Digital Services Act (DSA) obbliga piattaforme come Meta a rimuovere tempestivamente contenuti illegali. In Paesi come Regno Unito e Francia, la raccolta fondi a favore di eserciti stranieri è soggetta a restrizioni precise.
Le linee guida ufficiali di Meta vietano categoricamente la pubblicità di armi e strumenti militari. Eppure, quando si è trattato di Israele, la multinazionale ha chiuso un occhio — o forse entrambi. Solo dopo l’intervento della stampa e di organizzazioni civiche, alcuni annunci sono stati rimossi. Ma anche qui emerge la gravità: spesso le stesse campagne riapparivano poco dopo, con minime modifiche.
Le piattaforme digitali non sono semplici spettatori: hanno un ruolo diretto quando permettono la raccolta di fondi che finiscono per alimentare la guerra. Accettare e monetizzare annunci di questo tipo non è soltanto un problema etico: potrebbe configurarsi come violazione del diritto internazionale umanitario.
Meta si è difesa parlando di “errori di moderazione” e promettendo verifiche interne. Ma questa giustificazione stride con il rigore mostrato in altri casi: contenuti pro-Palestina vengono spesso rimossi o limitati in modo eccessivo, anche quando pacifici.
Ospitare campagne per finanziare l’IDF significa normalizzare l’idea che un social network possa diventare cassa di risonanza e strumento di raccolta fondi per eserciti in guerra. Non più solo uno spazio di dibattito, ma un attore che legittima e monetizza la militarizzazione dei social media.
Accettando annunci per finanziare droni e battaglioni, l’azienda guidata da Mark Zuckerberg non ha solo violato le proprie regole: ha scelto di schierarsi, indirettamente ma concretamente, con la guerra.
Una scelta che solleva una domanda inevitabile: quanto sangue devono ancora versare le guerre, prima che le Big Tech riconoscano la loro complicità?
Fonti
- The Guardian (21 luglio 2025): l’inchiesta di The Guardian, in collaborazione con il watchdog Ekō, ha rilevato che Meta (Facebook, Instagram, Threads) ha ospitato almeno 117 annunci, pubblicati tra marzo e luglio 2025, che raccoglievano fondi per equipaggiamento militare dell’IDF, tra cui droni e strumenti tattici — in palese violazione delle norme pubblicitarie di Meta. Questi annunci sono stati scoperti ed eliminati solo dopo l’intervento della stampa e di Ekō. The Guardian.
- Euronews Next (23 luglio 2025): secondo Ekō, gli annunci attivati da due gruppi distinti tra marzo e giugno 2025, destinati agli utenti di UE e Regno Unito, avrebbero raccolto circa 2,4 milioni di dollari (€2,05 milioni) per l’IDF. La piattaforma ha rimosso gli annunci dopo le segnalazioni, ma ha permesso che nuovi contenuti simili venissero rapidamente ripubblicati dagli stessi inserzionisti. euronews.
- Digital Information World (22 luglio 2025): conferma la presenza di almeno 117 annunci rivolti sia a tripodi per unità cecchini sia a droni da combattimento (quadricotteri civili riconvertiti). Tra gli inserzionisti, il non-profit Vaad Hatzedaka ha raccolto oltre $250.000, mentre il cantante israeliano Mayer Malik ha raccolto più di $2,2 milioni. Digital Information World.
- Arab News (21 luglio 2025): riprende i numeri di Ekō — 117 annunci lanciati dal marzo 2025, rivolti a USA, UK e UE — e conferma che le campagne hanno generato almeno 76.000 impression e raccolto oltre $2,4 milioni. Descrive anche come molti droni Autel EVO siano stati riconvertiti per portare granate, usati in attacchi in Gaza. Arab News.
