Benjamin Netanyahu ha toccato un nuovo fondo con le sue recenti dichiarazioni sulla situazione a Gaza, dove la mancanza di cibo sta mettendo a rischio la vita di migliaia di persone. Mentre medici, organizzazioni umanitarie e testimoni raccontano ogni giorno gli effetti disastrosi della malnutrizione, il primo ministro israeliano sceglie di negare l’evidenza con parole che sfidano ogni logica e umanità.
“Non c’è alcuna carestia a Gaza. Abbiamo arrestato migliaia di civili, li abbiamo filmati nudi e non abbiamo visto segni di fame sui loro corpi; anzi, il contrario, perché non fanno molto esercizio.”
Con questa affermazione, Netanyahu non solo ignora la sofferenza di un intero popolo, ma la ridicolizza, trasformando una tragedia umanitaria in una grottesca caricatura. Secondo lui, i palestinesi non solo non soffrirebbero la fame, ma sarebbero addirittura “in sovrappeso” perché – a suo dire – non si muoverebbero abbastanza.
Una dichiarazione falsa e profondamente disumana. Mentre Gaza vive sotto assedio, con accesso limitatissimo a cibo, acqua e medicine, Netanyahu preferisce deridere chi è ridotto alla fame.
C’è un meccanismo preciso dietro questo cinismo: quando la violenza di un regime diventa insostenibile da giustificare, l’ultima risorsa è trasformare la sofferenza delle vittime in una macabra battuta. Ridicolizzarle, negare la loro agonia, fingere che siano loro a mentire o a esagerare. È una strategia antica, che ritroviamo nei momenti più bui del Novecento.
Come allora, oggi la crudeltà si nasconde dietro l’ironia. E per capirlo, basta ricordare una barzelletta che circolava tra le SS
La barzelletta sadica del gerarca nazista
Un gerarca nazista, un mattino, si sente animato da bontà e gira il lager per compiere qualche opera buona. Incontra un uomo magro e chiede:
— “Da dove vieni?”
— “Sono inglese.”
— “Quanto pesi?”
— “40 chili.”
Allora chiama il caporale e dice:
— “Oggi doppia razione di cibo per il signore!”
Così fa per un francese, un italiano, un polacco, un belga, sempre assegnando doppie razioni ai prigionieri magri.
Infine incontra un uomo scheletrico, chiede:
— “Da dove vieni?”
— “Sono ebreo.”
— “Quanto pesi?”
— “25 chili.”
E dandogli un buffetto sulla guancia ossuta dice:
— “Pacioccone!”
Perché questo paragone non è un’esagerazione?
Perché l’arma finale di ogni regime oppressivo è trasformare la sofferenza delle vittime in una gag.
I nazisti lo fecero con gli ebrei; Israele lo fa con i palestinesi.
Il risultato è identico! Lo stesso meccanismo, la stessa logica disumana, oggi
- La vittima ridotta a caricatura.
Nella barzelletta il prigioniero ebreo viene chiamato “pacioccone” invece di ricevere aiuto; nella realtà, i palestinesi sotto bombe e fame sono definiti “obesi e pigri” da Netanyahu. - La crudeltà mascherata da umorismo.
Il nazista “generoso” con gli ariani ma cinico con l’ebreo è la stessa figura retorica di Netanyahu che “mostra magnanimità” con i corridoi umanitari teatrali, mentre nega la carestia causata dal suo governo.
