Gli scienziati dell’UC Berkeley rivoluzionano il mondo della ricerca con un esperimento pionieristico che unisce intelligenza artificiale e neuroscienza.
Gli scienziati hanno condotto uno studio dove hanno registrato l’attività cerebrale di 29 pazienti affetti da epilessia mentre ascoltavano musica, utilizzando un metodo chiamato elettrocorticografia. Hanno quindi addestrato un computer ad analizzare questi pattern neurali generati durante l’ascolto della musica. Utilizzando l’intelligenza artificiale, il computer è stato in grado di ricreare una versione della canzone dei Pink Floyd del 1979, “Another Brick in the Wall (Part 1)“, basandosi esclusivamente sui modelli neurali registrati.
Questo lavoro rappresenta un significativo progresso nell’interfacciamento tra l’intelligenza artificiale e l’attività cerebrale umana. Gerwin Schalk, il neuroscienziato responsabile dello studio, ha sottolineato che ora è possibile “ascoltare” il cervello e riprodurre la musica che una persona ha udito, aprendo nuove prospettive nella comprensione dell’interazione tra la mente umana e la tecnologia.
Il lavoro degli scienziati dell’UC Berkeley non solo getta nuova luce sulle capacità dell’IA nell’interpretare e ricreare esperienze umane complesse, ma dimostra anche il potenziale delle neuroscienze nel tracciare territori inesplorati della mente umana. Questa è la prima volta nella storia che scienziati riescono a tradurre segnali cerebrali in una forma musicale così complessa.
Secondo quanto riportato sulla prestigiosa rivista PLOS Biology, il team ha dichiarato che la frase iconica “All in all, it was just a brick in the wall” è chiaramente riconoscibile nella canzone ricostruita, e i ritmi originali della traccia sono rimasti intatti. Nonostante alcune parole siano risultate confuse, gli scienziati sono riusciti a decifrarle con successo.
Gli scienziati hanno già sviluppato la capacità di estrarre l’audio da una rappresentazione visiva come uno spettrogramma. Di seguito, possiamo ascoltare la ricostruzione audio della canzone “Another Brick in the Wall”, ottenuta dai dati grafici dello spettrogramma.
Questa registrazione è il risultato ottenuto dall’intelligenza artificiale.
Ciò che rende questo risultato così rivoluzionario è il fatto che i segnali cerebrali riescono a catturare non solo le parole, ma anche gli elementi musicali del discorso, come il ritmo, l’accento, l’intonazione e lo stress, che trasmettono significati che le parole da sole non possono esprimere.
Robert Knight, illustre neurologo e professore di psicologia presso l’Helen Wills Neuroscience Institute dell’UC Berkeley, ha espresso entusiasmo riguardo a questo incredibile risultato:
“È un risultato meraviglioso”, ha dichiarato. “Per me uno degli aspetti più importanti della musica è la prosodia e il contenuto emotivo.”
Knight ha sottolineato l’importanza di questo risultato nel contesto delle interfacce cervello-macchina:
“Con il progredire dell’intero campo delle interfacce cervello-macchina, si offre un modo per aggiungere musicalità ai futuri impianti cerebrali per le persone che ne hanno bisogno, qualcuno che ha la SLA o qualche altra malattia neurologica invalidante o disturbo dello sviluppo che compromette la capacità di parlare.”
Il neurologo ha spiegato che questo studio offre la possibilità di decodificare non solo il contenuto linguistico, ma anche il contenuto prosodico del discorso, che comprende parte dell’affetto emotivo.
“Credo che sia questo l’aspetto su cui abbiamo iniziato a decifrare il codice”, ha concluso Knight.
L’avanzamento tecnologico attuale, seppur ancora in fase sperimentale, che permette di estrarre brani musicali partendo dai segnali cerebrali di un individuo, suscita gravi preoccupazioni. Il timore principale riguarda l’eventualità che questa tecnologia possa essere utilizzata per invadere la sfera privata dei pensieri delle persone.
Se gli scienziati possono ricreare una canzone basandosi sulle onde cerebrali di qualcuno, ciò implica la possibilità teorica di identificare e interpretare anche altri aspetti della mente umana. Questo apre la porta a scenari da incubo. Si può immaginare un futuro in cui i pensieri più intimi di una persona possano essere letti, interpretati e magari persino venduti a terzi.
Inoltre, è noto che quando viene sviluppata una nuova tecnologia, questa tende a progredire rapidamente e in modo significativo. La prospettiva futura di catturare e visualizzare i pensieri delle persone in modo simile a come guardiamo un immagine televisiva, solleva ancora di più una serie enorme di preoccupazioni riguardo alla manipolazione e al controllo mentale.
Anche se gli scienziati possono giustificare il loro lavoro con l’intento di aiutare persone con disabilità comunicative, l’uso potenziale di questa tecnologia potrebbe andare ben oltre questo scopo, violando la sicurezza delle informazioni sensibili del cervello umano. È essenziale che ci impegniamo a sviluppare e adottare normative e controlli rigorosi per evitare che si verifichi un scenario simile a quello descritto nel romanzo di Orwell, dove la tecnologia viene utilizzata per il controllo totale e l’oppressione delle persone. La responsabilità nell’utilizzo di tali tecnologie deve essere al centro delle nostre azioni e deve essere fatta ora, per garantire che il progresso tecnologico avvenga nel rispetto dei diritti umani e della dignità individuale.