Il sistema carcerario israeliano è diventato un luogo di orrore per i prigionieri palestinesi, dove la tortura e la degradazione sono non solo tollerate, ma sistematicamente applicate. Le testimonianze di ex detenuti e rapporti di organizzazioni internazionali di diritti umani delineano un quadro agghiacciante di abusi che riflette una crisi morale e politica senza precedenti in Israele.
La Tortura Sistemica: Un Mezzo di Repressione
Il recente rapporto di B’Tselem, un’organizzazione israeliana per i diritti umani, documenta come le prigioni israeliane siano diventate centri di tortura legalizzata e sistemica. Le testimonianze di 55 prigionieri palestinesi, rilasciati senza accuse formali, rivelano dettagli sconvolgenti: edifici civili e militari trasformati in camere di tortura, prigionieri violentati, urinati addosso, costretti a comportarsi come animali, sottoposti a scosse elettriche, bruciati con sigarette, e persino appesi al soffitto con le mani legate. Questi non sono abusi casuali; sono atti deliberati, parte di una politica che mira a spezzare lo spirito dei palestinesi e a instillare un terrore profondo e duraturo.
L’Euro-Med Monitor, un’organizzazione per i diritti umani con sede a Ginevra, ha documentato ulteriori atrocità, tra cui prigionieri torturati a morte dall’esercito israeliano (IDF). La tortura non si limita a percosse e privazioni, ma include anche violenze sessuali e mutilazioni. Prigionieri vengono tenuti per giorni in posizioni dolorose, privati di sonno e cibo, e costretti a subire amputazioni senza anestesia, in un regime di terrore che trasforma ogni giorno in un inferno vivente.
La Prigione di Sde Teiman: Un Inferno Terrestre
La prigione di Sde Teiman è emersa come un simbolo di questo inferno. Khaled Mahajneh, avvocato israeliano di origine palestinese, ha descritto le condizioni nella prigione come “più orribili di Abu Ghraib”. Qui, uomini, donne, bambini e persino operatori umanitari sono detenuti in condizioni disumane. Feriti gravi vengono lasciati a marcire, costretti a subire amputazioni senza anestesia, o lasciati con proiettili nel corpo come monito del potere assoluto che li sovrasta. Prigionieri bendati e con le mani legate dietro la schiena sono costretti a dormire sul pavimento, senza biancheria da letto, e con un accesso limitato a servizi igienici di base.
Le condizioni igieniche sono deplorevoli: 100 prigionieri devono condividere un singolo rotolo di carta igienica al giorno, e una doccia settimanale di un minuto è concessa sotto la minaccia di punizioni severe se superata. Molti prigionieri non sanno nemmeno perché sono stati arrestati, e alcuni, dopo mesi di detenzione, sono diventati irriconoscibili a causa delle condizioni degradanti.
Il Silenzio Assordante della Società Israeliana
Ciò che forse è ancora più sconvolgente è la reazione (o la mancanza di reazione) all’interno della società israeliana. Invece di condannare questi crimini, alcuni settori della società israeliana, compresi membri del governo e della Knesset, non solo li giustificano, ma celebrano i carnefici. Di fronte all’arresto di soldati israeliani accusati di stupro e tortura di un prigioniero palestinese, i politici israeliani di estrema destra hanno reagito con indignazione non per le vittime, ma per i carnefici. Hanno definito i soldati “eroi“, chiedendo a gran voce il loro rilascio e criticando le indagini come una “spregevole caccia alle streghe”.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha pubblicato un messaggio sui social media in cui chiedeva che gli “eroici guerrieri” non fossero toccati.
Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, insieme ai membri del suo partito di estrema destra Otzma Yehudit, ha manifestato pubblicamente il suo sostegno ai soldati accusati, annunciando di recarsi alla prigione di Sde Teiman per chiedere il loro rilascio.
Anche il ministro della Giustizia Yariv Levin si è detto “scioccato” dalle immagini dei soldati arrestati, mostrando più preoccupazione per i carnefici che per le vittime.
La Barbarie Normalizzata
La giornalista Allison Kaplan Sommer, scrivendo per Haaretz, ha messo in luce la profonda ipocrisia di una nazione che si autodefinisce una democrazia illuminata mentre tollera e, in alcuni casi, celebra la barbarie. Israele, sostiene Sommer, deve riconoscere e affrontare la propria disumanizzazione se vuole aspirare a diventare una nazione veramente civile. Il fatto che i leader politici israeliani discutano apertamente della tortura e dello stupro come strumenti legittimi di repressione contro i prigionieri palestinesi dimostra come il disprezzo per i diritti umani sia stato normalizzato.
Questa realtà, in cui il valore della vita umana è ridotto a zero, non è solo una macchia sul tessuto morale di Israele, ma una crisi che minaccia di consumare la sua anima. Israele, una nazione con una storia complessa e spesso tormentata, sta ora scivolando in un abisso di disumanità, spinta da un odio che sta erodendo i suoi stessi fondamenti morali.
In questo contesto, la comunità internazionale non può restare in silenzio. Le gravi violazioni dei diritti umani descritte non sono solo una questione interna israeliana, ma un problema che riguarda l’intera umanità. È essenziale che le voci della giustizia e della dignità umana si alzino per fermare questa spirale di violenza e brutalità, prima che sia troppo tardi.
Questa non è solo una storia di tortura e abuso. È la storia di una nazione che deve confrontarsi con la sua stessa anima, e del mondo che deve decidere come rispondere a questa sfida morale.