Uno studio pubblicato su Journal of Inorganic Biochemistry nel novembre 2011 solleva importanti interrogativi riguardo alla relazione tra gli adiuvanti contenenti alluminio nei vaccini e l’incremento dell’incidenza dell’autismo.
Gli autori, Lucija Tomljenovic e Christopher A Shaw, evidenziano che i disturbi dello spettro autistico, caratterizzati da disfunzioni immunitarie e compromissione delle funzioni cerebrali, rappresentano una grave preoccupazione per la salute pubblica globale. L’alluminio, comunemente utilizzato come adiuvante nei vaccini, è noto per essere un elemento neurotossico e un forte stimolante del sistema immunitario, ciò ha sollevato dubbi sulla sua sicurezza.
Considerando la fisiologia unica dei bambini, che li rende più vulnerabili agli insulti tossici, e la quantità crescente di vaccini contenenti alluminio nei programmi pediatrici, gli autori pongono l’attenzione sul possibile legame tra l’esposizione all’alluminio e l’aumento dell’autismo. I risultati dello studio indicano che i bambini dei paesi con l’incidenza più alta di disturbi dello spettro autistico sono esposti in misura maggiore all’alluminio dai vaccini. In particolare, nell’ultimo ventennio, si è osservata negli Stati Uniti, una forte correlazione tra l’aumento dell’esposizione all’alluminio e l’incremento dell’incidenza dei disturbi dello spettro autistico.
Inoltre, analizzando i dati di sette paesi occidentali, si riscontra una significativa correlazione tra le quantità di alluminio somministrate ai bambini in età prescolare e l’attuale prevalenza di disturbi dello spettro autistico, specialmente a 3-4 mesi di età.
Applicando i criteri di Hill per stabilire la causalità tra l’esposizione e l’esito, gli autori suggeriscono che la correlazione tra l’alluminio nei vaccini e l’autismo potrebbe essere causale, cioè che vi sia un rapporto diretto di causa-effetto. Di conseguenza, sottolineano l’importanza di condurre valutazioni più rigorose sulla sicurezza degli adiuvanti contenenti alluminio, considerando che i bambini rappresentano la popolazione più a rischio di complicazioni in seguito all’esposizione a questo elemento.