La carne allevata in laboratorio, nota anche come carne coltivata, carne artificiale o carne in vitro, viene promossa come una produzione etica, sostenibile e persino “pulita” dalle aziende che vi investono ingenti somme. Ma secondo alcuni studi non è così.
La carne coltivata in laboratorio non è così sostenibile come si pensa. Nuovi e più accurati studi, come quelli citati nell’ultimo Atlante della carne, dimostrano che la sua produzione è più costosa in termini di energia e acqua rispetto agli allevamenti tradizionali. Inoltre, tutta una serie di problemi legati alla sua coltivazione in laboratorio delude molte aspettative.
Gli studi precedenti lo avevano presentato come un’eccezionale soluzione high-tech, in grado di risolvere tutti i problemi legati all’ambiente. I suoi presunti benefici sono stati esagerati e i dati spettacolari sulla sua sostenibilità ampiamente gonfiati. Studi recenti più approfonditi mostrano invece la realtà dei fatti.
Il primo punto evidenziato è l’alta intensità energetica del ciclo di produzione della carne in vitro. I bioreattori in cui viene prodotta richiedono una quantità di energia molto più significativa di quella necessaria per la carne convenzionale, emettendo anche più gas serra rispetto al bestiame.
Questi sono solo alcuni esempi delle tante contraddizioni che riguardano questa nuova carne artificiale, autoproclamatasi salvatrice del mondo, e la crescita cellulare è ancora legata al siero embrionale bovino. È quindi necessario sfruttare gli animali e contrastare con le buone intenzioni dell’ideologia vegan-animalista.
Come se non bastasse, non è ancora stato sviluppato un metodo che garantisca che la carne artificiale abbia lo stesso potere nutrizionale della carne vera in termini di contenuto di micronutrienti fondamentali. Ad esempio, la vitamina B12 e il ferro eme, suggerendo una pericolosa perdita dal punto di vista nutrizionale.
Fortunatamente, la transizione dalla carne convenzionale a quella cellulare sembra improbabile a breve, a causa dei costosi investimenti che richiede e del prezzo proibitivo del prodotto finale. Le proiezioni di settore più ottimistiche ipotizzano una parità di prezzo tra i due tipi di carne entro i primi anni 2030, mentre per avere un sapore e una consistenza paragonabili dovremo aspettare ancora.
Se il mercato della carne in vitro prenderà piede, si verificherà un significativo spostamento dell’occupazione. Gli allevatori e i veterinari saranno sostituiti da chimici e bioingegneri e si verificherà una vasta e drammatica perdita di posti di lavoro in tutto il settore dell’allevamento e della lavorazione della carne.
Tra i grandi investitori che hanno dato grande sostegno economico a queste realtà, troviamo miliardari come Bill Gates di Microsoft, Sergey Brin di Google e l’attore attivista Leonardo di Caprio. È un peccato sprecare così tante risorse finanziarie per sostenere questi manufatti che non giovano alla nostra salute e al pianeta. Al contrario, si rischia di peggiorare la situazione.
Gli investitori dovrebbero capire che l’allevamento gioca un ruolo decisivo nelle pratiche agroecologiche che proteggono gli ecosistemi, contribuendo a un equilibrio naturale, come la fertilizzazione dei terreni per preservare i paesaggi, la biodiversità e le comunità animali e vegetali.
