“Ricorda che la speranza è una cosa buona, Red, forse la migliore delle cose, e nessuna cosa buona muore mai”. -Stephen King, Rita Hayworth e le ali della libertà.
Quando si arriva a credere, per qualsiasi motivo, che la vita non valga più la pena di essere vissuta, questa convinzione tende ad autoavverarsi.
Gli osservatori più attenti della condizione umana hanno notato da tempo questo fenomeno.
Nel 1784, Benjamin Franklin, a capo di una commissione che indagava in Francia sui misteriosi poteri del mesmerismo, nella relazione finale della commissione osservò che “la speranza è un elemento essenziale della vita umana”.
La ricerca gli ha dato ragione.
“Quando mi chiedono: Si può morire di crepacuore? Io rispondo… assolutamente sì, si può”, ha detto Ilan Wittstein il cardiologo della Johns Hopkins School of Medicine, alla NBC News nel 2012.
Wittstein ha trascorso anni a studiare la “sindrome del cuore spezzato”, che lui e i suoi colleghi hanno documentato in un articolo del 2005 ampiamente citato.
Le sue scoperte sono parallele ad altri studi che hanno collegato lo sconforto alla morte. Ricercatori danesi e statunitensi hanno dimostrato che negli anni immediatamente successivi alla morte del figlio, le madri corrono un rischio molto più elevato di morire a loro volta.
Nel 2012, ricercatori svedesi hanno scoperto che il rischio di morte per infarto e ictus dei pazienti aumentava immediatamente dopo la diagnosi di cancro. Inoltre, la probabilità di un attacco cardiaco o di un ictus aumentava con la gravità della diagnosi di cancro: più il futuro si prospettava cupo, maggiore era il rischio di morte cardiaca.
Nel 1957 il professor Curt Richter che era psicobiologo e genetista alla Johns Hopkins University fece un esperimento terrificante ma allo stesso tempo interessante. Le sue scoperte sui ritmi biologici e sul ritmo circadiano sono state davvero notevoli e accattivanti ma questo studio sui topi è stato ancora più importante.
Gli esperimenti:
Il dottor Curt ha preso 2 gruppi di topi addomesticati e li ha messi in bacinelle piene d’acqua per vederli annegare. L’idea era di misurare la quantità di tempo in cui nuotavano prima che si arrendessero e morissero. Nel primo gruppo sono morti molto rapidamente e disperati, il tempo medio di sopravvivenza fu di circa 15 minuti.
Quelli del secondo gruppo sono stati salvati poco prima di morire. 24 ore dopo lo stesso gruppo che era stato salvato è stato rimesso nelle stesse circostanze e il risultato è stato semplicemente sorprendente; hanno nuotato per 3 giorni prima di diventare completamente esausti e morire. Non 15 minuti ma più di 72 ore che è 228 volte il tempo medio di sopravvivenza !
Quindi come è aumentato da 15 minuti a oltre 72 ore? La risposta, in una parola: speranza.
La conclusione è ovvia: poiché i topi credevano nella loro continua salvezza, sono stati in grado di costringere i loro corpi a compiere l’impossibile e hanno ampliato il loro limite. Quando i ratti hanno capito che non erano condannati, che la situazione non era perduta, che poteva esserci una mano pronta – in breve, quando hanno avuto un motivo per continuare a nuotare – lo hanno fatto. Non si sono arresi e hanno resistito a lungo.
Gli scienziati ritengono che l’esperienza sia stata la chiave. In altre parole, l’istinto di sopravvivenza dei topi ha detto loro di continuare a combattere fino a quando non fossero stati nuovamente salvati.
“Dopo l’eliminazione della disperazione”, scrive Richter, “i topi non muoiono”.
Poi ci fu un secondo esperimento
Il secondo esperimento consisteva tenere intrappolati 34 topi selvatici per giorni finché non fossero diventati molto aggressivi e feroci. Immersi nell’acqua i 34 topi morirono in brevissimo tempo.
Cosa aveva veramente ucciso questi topi?
Secondo gli scienziati, la rabbia e la disperazione hanno ucciso i topi non la mancanza della capacità di nuotare.
Quelle che chiamiamo emozioni e istinti sono solo un insieme di reazioni chimiche che avvengono nel sistema nervoso centrale, costruite attraverso le nostre esperienze e convinzioni interiori. Determinano una parte di chi siamo, come agiremo e chi diventeremo.
La disperazione e i pensieri negativi sono mortali e solo attraverso la speranza e il pensiero positivo che possiamo sopravvivere agli ostacoli della vita. Pensare positivo non ti dà solo forza mentale ma anche forza fisica. Siamo tutti connessi gli uni agli altri e tutto è in qualche modo fuori dal nostro controllo, quindi non sprecare il tuo tempo cercando di controllare tutto, invece, impara a pensare in modo positivo e agisci di conseguenza. Se si vuole un esito positivo della vita, bisogna pensare positivo!
“Finché una persona non si arrende, è più forte del suo destino” Erich Maria Remarque
per accendere la speranza bisogna mettere a fuoco l’epoca in cui viviamo
e la crudeltà degli eventi. Oggi si spera che l’incessante aumento delle morti per effetti collaterali sveglino i pro “vaccini” e che la smettano di suicidarsi
come dei lemmings. Se il mondo è sovrapopolato magari possiamo
studiare altri modi di alimentazione non porgere il braccio ai vaccinatori.
Questo è toccare il fondo prima di rialzarsi nel 2022.