Un esperimento mentale che rivela i doppi standard della comunità internazionale.
Facciamo un esperimento mentale brutalmente onesto. Immaginate che la Palestina possedesse un esercito moderno e bombardasse Israele per mesi, uccidendo oltre 63.000 civili, di cui più di 20.000 bambini. Immaginate che i palestinesi distruggessero sistematicamente ospedali, scuole, università e campi profughi. Che uccidessero oltre 250 giornalisti per zittire i testimoni. Quanto tempo impiegherebbe l’Occidente a scatenare l’inferno?
I bombardieri della NATO sarebbero già decollati
La risposta è semplice: nemmeno 48 ore. La NATO avrebbe già dispiegato i suoi cacciabombardieri, proprio come fece in Jugoslavia nel 1999 per crimini infinitamente minori. All’epoca bastarono le stragi di Srebrenica – circa 8.000 vittime – per scatenare 78 giorni di bombardamenti NATO. Oggi Israele ha superato quelle cifre di ben otto volte, eppure non vola un solo F-16 americano contro Tel Aviv.
Quando Milosevic impose assedi e bombardò civili bosniaci, venne definito un criminale di guerra. Quando Putin assediò Mariupol, l’Occidente urlò al genocidio. Ma quando Israele assedia Gaza da 17 anni e la bombarda periodicamente, improvvisamente diventa “gestione del conflitto”.
Il massacro dei bambini che non fa notizia
Se i palestinesi avessero ucciso 20.000 bambini israeliani, ogni nome sarebbe stato stampato sui giornali occidentali. Ci sarebbero state veglie a New York, Londra e Parigi. I bambini palestinesi morti sotto le bombe israeliane, invece, sono solo statistiche. Numeri che scorrono nei telegiornali senza volti, senza nomi, senza lacrime occidentali.
Se la Palestina avesse bombardato asili nido israeliani, uccidendo intere famiglie sotto le macerie, CNN avrebbe trasmesso in diretta 24 ore su 24. Ma quando Israele polverizza intere famiglie palestinesi, si parla di “danni collaterali”. Il linguaggio sanitizza l’orrore quando a commetterlo sono gli alleati.
La negazione dell’assedio
Gaza è sotto assedio dal 1967 diventato totale da 18 anni: 2,3 milioni di persone rinchiuse in una prigione a cielo aperto, dove Israele controlla ogni litro d’acqua, ogni kilowatt di elettricità, ogni grammo di cibo. Se i palestinesi avessero fatto lo stesso a una città israeliana anche solo per un mese, i tank americani sarebbero già alle porte di Ramallah.
Ricordate l’assedio di Sarajevo? Durò quattro anni e causò circa 14.000 vittime. L’Occidente lo definì un crimine contro l’umanità. L’assedio di Gaza, invece, dura da oltre cinquant’anni, e da meno di due anni, sono morte circa 63.000 persone, quasi tutte civili, vittime di attacchi aerei, bombardamenti e carenze sanitarie causate dal blocco. Eppure, ciò che sta accadendo a Gaza viene descritto come una “misura di sicurezza”.
I giornalisti nel mirino
Israele ha ucciso oltre 250 giornalisti a Gaza, più di quanti ne siano morti in Vietnam in dieci anni di guerra. Se i palestinesi avessero ammazzato anche solo dieci reporter israeliani, l’UNESCO avrebbe dichiarato l’emergenza mondiale per la libertà di stampa. Quando lo fa Israele, si sussurra di “zone di guerra pericolose”, come se i cecchini israeliani sparassero per caso contro telecamere e giubbotti stampa.
La giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh fu uccisa da un cecchino israeliano nel 2022 mentre indossava il casco da reporter. Se un cecchino palestinese avesse ucciso una giornalista della BBC, sarebbero già scoppiate le processioni a reti unificate.
L’apartheid che non si può nominare
Nei territori occupati esistono strade riservate ai soli israeliani, permessi di movimento basati sull’etnia, demolizioni di case per punizioni collettive. Se i palestinesi gestissero un sistema simile contro gli israeliani, Nelson Mandela sarebbe risuscitato per guidare personalmente le proteste internazionali. Ma quando lo fa Israele, anche Human Rights Watch e Amnesty International – che pure hanno usato la parola “apartheid” – vengono accusate di antisemitismo.
Il Sudafrica dell’apartheid subì decenni di boicottaggi internazionali. Israele, che pratica un sistema di segregazione ancora più sofisticato, riceve 4 miliardi di dollari l’anno dagli Stati Uniti per comprare armi americane.
Il privilegio di uccidere impunemente
La Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di cattura per Putin per aver deportato bambini ucraini. Ma quando chiede l’arresto di Netanyahu per crimini di guerra a Gaza, improvvisamente diventa un “tribunale antisemita”. Se un leader palestinese avesse un curriculum criminale simile a quello di Netanyahu, con l’evidenza di massacri e violazioni sistematiche dei diritti umani, e l’uso della forza militare contro una popolazione civile inerme, non ci sarebbe stata esitazione: l’arresto sarebbe stato immediato, con un’operazione militare per catturarlo e portarlo all’Aia in catene.
Israele può bombardare ambasciate, assassinare scienziati in territorio straniero, violare lo spazio aereo di mezza regione. Se lo facesse l’Iran, sarebbe già iniziata la terza guerra mondiale. Quando lo fa Israele, si chiama “operazioni di intelligence”.
La verità che brucia
Ecco la verità nuda e cruda: se i palestinesi possedessero un decimo della potenza di fuoco israeliana e facessero un centesimo di quello che fa Israele, Gaza sarebbe già un cratere fumante bombardato dalla “coalizione internazionale per i diritti umani”. Ma siccome è Israele a massacrare i palestinesi, l’Occidente si limita a essere “preoccupato” e a chiedere “moderazione da tutte le parti”.
Questo non è solo un doppio standard. È la dimostrazione che il sistema internazionale è una farsa, dove la vita umana vale in base al passaporto che si possiede e alle alleanze del proprio governo. Dove i bambini palestinesi valgono meno di quelli israeliani, dove i giornalisti arabi sono sacrificabili, dove l’apartheid diventa accettabile se praticata dall’alleato giusto.
La comunità internazionale non ha fallito nel fermare Israele. Ha scelto di non fermarlo, rendendosi complice di ogni bambino ucciso, di ogni casa demolita, di ogni vita spezzata. E questa complicità sarà il marchio di infamia della nostra epoca.
