Egregio Direttore, sono il medico dell’Asl RM6 che il Suo giornale, qualche giorno fa, ha definito “no-vax” e negazionista e oggi Le chiedo un po’ di spazio e di attenzione per condividere con Lei e con i Suoi lettori poche riflessioni nel tentativo di spiegare per quale motivo, pur avendo espresso negli ultimi mesi opinioni molto critiche nei confronti dell’epidemia e delle misure messe in campo dal Governo per fronteggiarla, respingo in toto i titoli che mi avete affibbiato.
Partiamo dalla delicata questione dei vaccini con una precisazione doverosa: credo da sempre nel valore della vaccinazione e a testimoniarlo c’è la mia condotta in decenni di attività prestata prima nell’Esercito, dove ho operato come ufficiale medico, poi in ambito universitario e ospedaliero con – tra l’altro – 15 anni in pronto soccorso e chirurgia d’urgenza e, infine, come medico di base al servizio dei miei pazienti. Il valore della vaccinazione è innegabile e personalmente l’ho consigliata e praticata a decine di migliaia di pazienti ma rivendico, da medico, anche il diritto e il dovere di invitare alla cautela perché non tutti i vaccini sono uguali e non tutti i pazienti possono reagire allo stesso modo.
Questo non significa essere “no-vax”, bensì esercitare la professione in modo critico e coerente con i principi del giuramento di Ippocrate e nell’interesse esclusivo dei cittadini: come ci ricordano i nostri principi etici e deontologici, un medico deve prendersi cura della salute del paziente ma prima ancora non cagionarle danno. E nel caso dei vaccini contro il Covid, creati in pochi mesi contro un virus altamente mutevole e testati al termine di una sperimentazione ridotta, nessuno può garantire che siano realmente efficaci ma ancor prima innocui.
Questo ragionamento ispirato anche da un pizzico di sensata cautela può essere definito “no-vax”? Non credo, come non credo possa essere definito “no-vax” Peter Doshi, professore associato di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici presso la School of Pharmacy dell’Università del Maryland chiamato dall’autorevole British Medical Journal a ricoprire l’incarico di “associate editor” deputato al giornalismo d’inchiesta proprio a tutela della credibilità del sistema della ricerca scientifica: nei suoi testi (qui ve ne indicpo uno per le opportune verifiche ma in rete potete trovare anche altri articoli in cui il ricercatore esprime gli stessi concetti: https://www.bmj.com/content/371/bmj.m4037) Doshi avanza forti dubbi sulle modalità della sperimentazione, sulla reale efficacia dei vaccini contro le forme più gravi del Covid e sulla loro innocuità per le categorie più fragili della popolazione.
Perché nessuno si scandalizza di fronte al suo giudizio critico? Perchè nessuno lo etichetta come “no-vax”? E che dire di quanto dichiarato poche ore fa da Soumya Swaminathan, capo ricercatore dell’OMS, che partecipando ad un meeting online (qui un estratto della sua risposta: https://bit.ly/3mT7wLr) ha ammesso quanto molti scienziati dicono da mesi: “Non credo che abbiamo le prove su nessuno dei vaccini per essere sicuri che impedirà alle persone di contrarre effettivamente l’infezione e quindi di essere in grado di trasmetterla”. Perché, quando a sostenere questo concetto ero io, sono stato etichettato come “no-vax” o “negazionista”? Ma va detto che non sono l’unico a nutrire forti dubbi – per esempio – anche sull’efficacia dei vaccini cosiddetti anti-influenzali: a titolo esemplificativo, segnalo lo studio condotto da Francesca Valent, direttore dell’Istituto di Igiene ed Epidemiologia Clinica presso l’Azienda Sanitaria Universitaria integrata di Udine, e da Tolinda Gallo, responsabile dei dipartimenti di Prevenzione malattie infettive, vaccinazioni e medicina dei viaggi e del Servizio Sorveglianza e Profilassi delle Malattie Infettive presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, che sulle colonne dell’Annuario dell’Istituto Superiore di Sanità del 2018 (qui il link:https://annali.iss.it/index.php/anna/article/view/631) hanno definito gli effetti delle campagne vaccinali condotte negli anni 2016 e 2017 “modesti” a fronte talvolta di effetti collaterali su una parte degli anziani e dei bambini vaccinati. Anche in questo caso nessuno ha contestato quegli studi anche perché, come dovrebbero sapere medici e scienziati, il confronto tra posizioni divergenti è il fattore che fa crescere la Scienza, la fa evolvere e migliorare verso un patrimonio di saperi e consapevolezze articolato e consolidato.
E veniamo all’altra etichetta che mi è stata apposta anche dal Suo giornale per delegittimare le mie critiche: io sarei un “negazionista” del Covid ma anche questa è una calunnia. E questo perché nell’ultimo anno ho vissuto sulla mia pelle cosa significhi combattere questo virus stando ogni giorno al fianco dei pazienti, con terapie mirate e spesso alternative rispetto ai rigidi protocolli ministeriali, e sono convinto che proprio noi medici di famiglia possiamo svolgere un ruolo strategico. In tutti questi mesi tra i pazienti del gruppo di medici che coordino ad Ardea non abbiamo avuto vittime, né abbiamo ricoverato alcun paziente ammalato e positivo al tampone. E noi assistiamo un bacino di oltre 6mila pazienti che è ben più di un ospedale: perché non tenere conto della nostra esperienza, invece di bollarci subito come ‘negazionisti’?
Ecco, egregio Direttore, per quale motivo reputo ingeneroso liquidare le mie idee e le mie proposte come esternazioni di un medico “no-vax” o negazionista e Le sarei grato se volesse pubblicare questo mio scritto per consentire anche ai lettori del Suo giornale di conoscere il mio punto di vista, fatto salvo ovviamente il diritto di adire le vie legali per tutelare la mia onorabilità nelle sedi opportune. Non le nascondo un pizzico di amarezza: in questo dibattito dai toni sempre più accesi, mi piacerebbe che i primi a confrontarsi fossero proprio i miei colleghi medici, anzichè arroccarsi su posizioni conservative se non corporativistiche davanti ad un virus che purtroppo ancora poco conosciamo. In tal senso confido anche nell’operato dell’Ordine dei Medici, il cui Presidente Antonio Magi conosco da sempre come figura competente e saggia: proprio perché tutti noi sappiamo che scienza e medicina sono branche del sapere vive e in costante evoluzione, dovremmo favorire il dialogo anziché “demonizzare” chi ha opinioni differenti con etichette ed epiteti che in ultima analisi contribuiscono solo a danneggiare l’autorevolezza e la credibilità della nostra categoria.
Nel ringraziarLa per l’attenzione che mi ha riservato, resto a Sua disposizione per ogni chiarimento.
Distinti Saluti
Mariano Amici, medico
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