Questi sono i dati sui decessi infantili per morbillo in Italia: da 20.863 nel 1887 a 1 solo caso nel 1985, quando meno del 5% della popolazione era vaccinata.
In Italia il vaccino antimorbillo è stato immesso sul mercato nel 1976 ed è raccomandato dal Ministero della Salute fin dal 1979
Morbillo
1887 20863
1888 18102
1889 12027
1890 12917
1891 17203
1892 0 dato mancante
1893 0 dato mancante
1894 0 dato mancante
1895 10114
1896 9909
1897 5256
1898 4896
1899 6688
1900 7434
1901 4804
1902 8791
1903 6456
1904 4712
1905 5839
1906 8609
1907 7144
1908 10243
1909 9315
1910 8903
1911 7653
1912 6436
1913 9168
1914 5566
1915 7183
1916 9871
1917 2766
1918 5143
1919 2262
1920 3114
1921 3551
1922 2631
1923 4758
1924 5042
1925 7754
1926 5298
1927 3606
1928 4624
1929 4025
1930 5424
1931 3068
1932 2703
1933 2755
1934 3143
1935 2119
1936 1766
1937 1921
1938 2389
1939 1166
1940 973
1941 1732
1942 1077
1943 646
1944 409
1945 443
1946 1532
1947 328
1948 354
1949 975
1950 472
1951 323
1952 595
1953 329
1954 425
1955 173
1956 253
1957 365
1958 155
1959 286
1960 310
1961 176
1962 251
1963 227
1964 242
1965 136
1966 190
1967 158
1968 187
1969 154
1970 130
1971 136
1972 73
1973 79
1974 23
1975 51
1976 32
1977 25
1978 24
1979 10
1980 18
1981 16
1982 4
1983 5
1984 10
1985 1
I dati oggettivi dimostrano che la riduzione della mortalità è avvenuta prima dell’introduzione diffusa del vaccino. Questo porta a interrogarsi sull’effettiva utilità del vaccino, considerando che potrebbe beneficiare soprattutto alcune aziende, interessate a guadagni miliardari.


L’impatto dei programmi vaccinali in Italia dal 1900 ad oggi
I dati raccolti dimostrano che, le vaccinazioni contro difterite, tetano e poliomielite — tre tra le malattie infettive con il più alto tasso di mortalità del secolo scorso — sono stati prevenuti oltre 70.000 decessi nel corso di 100 anni (vedi Tabella 1).
(Tabella 1).

Nel testo viene precisato che, per le altre malattie, non è stato stimato il numero di decessi evitati, poiché la mortalità, già prima dell’introduzione delle vaccinazioni, era in diminuzione e i tassi di mortalità risultavano comunque relativamente bassi.
Tuttavia, quando si conducono tali analisi, molti aspetti fondamentali vengono trascurati, sottovalutati o minimizzati, dando l’impressione che i risultati siano attribuibili esclusivamente ai vaccini.
Vediamo com’era la situazione in Italia durante il periodo in cui le epidemie si diffondevano:
La situazione sanitaria nell’Ottocento
Per comprendere il contesto, possiamo rifarci all’inchiesta parlamentare italiana sulle condizioni igienico-sanitarie dei comuni del Regno (1885-1886). I dati rivelarono che:
- Su 8.258 comuni, oltre 6.400 erano privi di rete fognaria.
- Solo 3.335 comuni disponevano di latrine, mentre in 797 comuni gli escrementi venivano lasciati in spazi pubblici, strade e cortili.
- Molti comuni non avevano accesso all’acqua potabile, e spesso questa arrivava attraverso condotti a cielo aperto, vulnerabili a contaminazioni.
- Anche le acque di falda erano spesso inquinate, dato che i condotti non erano costruiti con materiali impermeabili e si rompevano facilmente, permettendo infiltrazioni di rifiuti.
- Le grandi città utilizzavano una rete fognaria a canalizzazione mista per raccogliere sia acque bianche che nere, aumentando i rischi di contaminazione.
Gestione dei rifiuti:
Lo smaltimento dei rifiuti era un problema enorme. Nelle città, la nettezza urbana era spesso gestita tramite appalti, ma nei paesi e nelle periferie i rifiuti si accumulavano per strada. Le città erano invase da scarti di lavorazioni, rifiuti alimentari, letame di animali e resti di macellazione.
Condizioni abitative:
Le case delle classi più povere erano sovraffollate, prive di latrine e lavatoi, e spesso ospitavano animali da allevamento o animali da lavoro come mucche, maiali, cavalli, etc.. Inoltre, era comune seppellire i morti nelle chiese e nei conventi, spazi frequentati quotidianamente dai fedeli.
Questo era il contesto in cui si sviluppavano epidemie come colera, poliomielite, vaiolo e altre malattie infettive.
Miglioramento delle condizioni alimentari, igienico sanitarie ed economiche.
Igiene e infrastrutture:
La costruzione di reti fognarie chiuse ha impedito il trasferimento di malattie tramite insetti come le mosche, che trasportavano agenti patogeni dalle feci agli esseri umani. Ad esempio, il colera e la poliomielite sono malattie a trasmissione oro-fecale.
La depurazione e la disinfezione dell’acqua, attraverso l’uso di cloro e altre tecniche, hanno reso l’acqua pulita e potabile, eliminando una delle principali fonti di infezioni.
Igiene domestica e personale:
L’uso di acqua calda per lavare panni e stoviglie (ad esempio, il virus del vaiolo viene distrutto a 55°C) e il riscaldamento degli ambienti hanno contribuito a ridurre drasticamente la diffusione delle epidemie.
L’utilizzo di disinfettanti, di superfici piastrellate e lavabili in cucina ha ulteriormente ridotto le infezioni.
Pratiche come la cottura adeguata degli alimenti, la sterilizzazione di strumenti e cibi, la pastorizzazione, l’uso del sapone e l’abitudine di lavarsi le mani hanno avuto un impatto enorme sulla salute pubblica.
Miglioramento delle condizioni economiche e alimentari:
Il miglioramento delle condizioni economiche ha avuto un impatto significativo sulla qualità dell’alimentazione. La malnutrizione nel XIX secolo non solo indeboliva le persone, ma aumentava anche la loro suscettibilità alle malattie, contribuendo così all’insorgere e alla rapida diffusione di epidemie che decimavano la popolazione. Molte persone, in particolare nelle classi più povere, non avevano accesso a una dieta equilibrata e nutriente. La scarsità di cibo, la difficoltà nel procurarsi alimenti freschi e la dipendenza da cibi poco vari portavano a carenze di vitamine e minerali essenziali, come la vitamina C e la vitamina A, fondamentali per un sistema immunitario sano.
Tutte queste innovazioni e cambiamenti, che oggi diamo per scontati, erano inesistenti o raramente applicati nel 1900. Con il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, economiche e alimentari, la mortalità e le epidemie sono gradualmente scomparse, senza distinzione tra nazioni vaccinate e non vaccinate. Quindi affermare che i vaccini abbiano evitato 70.000 morti nel secolo scorso non solo è un’esagerazione, ma risulta anche ingannevole, perché ignora il ruolo centrale di questi miglioramenti nelle condizioni di vita.
La domanda cruciale ora è: abbiamo barattato le epidemie batteriche e virali con un’epidemia di malattie autoimmuni?

AUTISMO (600.000 MILA)
DIABETE DI TIPO 1 (300.000 MILA)
ALZHEIMER (1.200.000)
SCLEROSI MULTIPLA (120.000)
SLA (3.500)
ARTRITE REUMATOIDE (400.000)
CANCRO (3.500.000)
CELIACHIA (20.000)
E ALTRI VARIE MALATTIE AUTOIMMUNI
Le scioccanti dichiarazioni dello scienziato che sviluppò il vaccino antipolio nascoste dalla stampa.
