Premessa
Gli USA sono una nazione di immigrati. Ma i veri nativi sono gli indigeni e i popoli originari del Messico e dell’America Latina, le cui radici su quel territorio precedono l’arrivo dei coloni europei di secoli, se non millenni. A differenza di quanto avviene in Italia o in altri Paesi, negli Stati Uniti molti dei messicani che vivono negli stati sud-occidentali non possono essere considerati “immigrati irregolari” nel senso tradizionale. Questo perché il confine tra Messico e Stati Uniti si è spostato, lasciando intere comunità sul lato americano senza che queste si siano mai spostate realmente. In altre parole, non sono loro ad aver attraversato il confine: è il confine che ha attraversato loro.
Una fuga dalla Baviera
Quando si parla di Donald Trump, uno degli aspetti più controversi del suo operato politico è stato senza dubbio il suo atteggiamento duro nei confronti dell’immigrazione. Muri al confine con il Messico, deportazioni accelerate, stretta sui visti: il suo slogan “America First” ha spesso significato “immigrati fuori”. Ma c’è un dettaglio della storia personale di Trump che stride fortemente con la sua retorica: il nonno, Friedrich Trump, fu un emigrato illegale.
Friedrich Trump (nato Friedrich Drumpf) lasciò la Germania nel 1885, all’età di 16 anni. Originario della piccola cittadina di Kallstadt, nella regione del Palatinato (all’epoca parte dell’Impero Tedesco), partì per gli Stati Uniti in cerca di fortuna. Ma qui sorge il primo problema: per legge, Friedrich avrebbe dovuto completare il servizio militare obbligatorio prima di emigrare. Non lo fece. Fuggì, illegalmente, violando le leggi tedesche del tempo.
Il 7 ottobre 1885, Friedrich Trump lasciò per sempre la sua città natale, Kallstadt. Salì a bordo del piroscafo Eider al porto di Brema, Germania, diretto verso gli Stati Uniti. Lo fece illegalmente: non aveva completato il servizio militare obbligatorio e quindi non possedeva i requisiti per emigrare secondo la legge dell’Impero tedesco. Sul modulo d’imbarco si dichiarò “senza occupazione”, un dettaglio che oggi suona quasi simbolico: un giovane senza prospettive per il futuro, in fuga da obblighi e miseria.
Dopo dodici giorni in mare, il 19 ottobre 1885, arrivò a New York. Venne registrato presso il centro d’immigrazione di Castle Garden (precursore della famosa Ellis Island) con il nome “Friedr. Trumpf”. È in quel momento che la storia americana della famiglia Trump ebbe inizio — ma lo fece da irregolare.
Questo dettaglio, a lungo dimenticato o ignorato, è stato riportato alla luce da documenti ufficiali tedeschi e ricerche storiche, tra cui una dettagliata indagine dell’autore Gwenda Blair nella biografia The Trumps: Three Generations That Built an Empire.
Nel 1905, dopo aver fatto fortuna in America grazie ad attività illecite legate alla prostituzione e alla mafia durante la corsa all’oro, Friedrich Trump tentò di rientrare in Germania con la moglie americana. Tuttavia, le autorità tedesche scoprirono che anni prima era emigrato illegalmente, violando le leggi sull’espatrio. Per questo motivo fu espulso e costretto a fare ritorno negli Stati Uniti.
L’ironia della storia
È difficile ignorare l’ironia: il nipote di un immigrato, avrebbe poi costruito la sua carriera politica attaccando proprio coloro che, come suo nonno, cercavano una vita migliore altrove.
Dal XVII secolo in poi, gli attuali Stati Uniti sono stati popolati da ondate successive di immigrati europei: inglesi, olandesi, tedeschi, irlandesi, italiani, ebrei dell’Europa orientale, e poi da milioni di persone provenienti da Asia, Africa e America Latina. Nessuno di loro era “originario” di quelle terre.
Queste popolazioni si sono insediate in territori abitati da millenni da popoli indigeni — Navajo, Apache, Sioux, Cherokee, e centinaia di altri popoli nativi. Con il tempo, guerre, espropriazioni e trattati traditi portarono alla colonizzazione forzata e alla marginalizzazione di questi popoli.
Quando parliamo di immigrati dal Messico, dimentichiamo spesso che una parte significativa degli attuali Stati americani — California, Texas, Arizona, Nuovo Messico, Nevada, Utah, Colorado — era parte del Messico fino al 1848, anno in cui, con il Trattato di Guadalupe Hidalgo, il Messico fu costretto a cedere metà del suo territorio agli USA dopo una guerra.
Questo significa che molti dei “messicani” presenti oggi negli Stati Uniti sud-occidentali non sono “immigrati”, ma discendenti diretti di popolazioni che vivevano già lì prima che gli europei invadessro quel territorio oggi noto come Stati Uniti. In altre parole, non hanno attraversato il confine: è il confine che ha attraversato loro.
Fonti storiche:
- Gwenda Blair, The Trumps: Three Generations That Built an Empire
- Documenti d’archivio del Regno di Baviera, 1905
- Articoli storici del New York Times, Der Spiegel, The Guardian
