In Germania, il governo ha introdotto nuove regole per ottenere la cittadinanza, che includono l’obbligo di dichiararsi fedeli ai valori democratici e al diritto di esistere di Israele. Questa misura, promossa dal cancelliere Olaf Scholz. Le normative richiedono ai candidati alla cittadinanza di dimostrare il loro impegno verso i valori democratici, l’uguaglianza di genere e di rispondere a domande sulla storia dell’antisemitismo e i crimini nazisti.
Questa decisione è stata accolta con critiche severe. Molti vedono in questa misura un tentativo di imporre una lealtà politica specifica, violando i principi fondamentali della libertà di pensiero e di espressione. C’è il rischio che questa politica possa alienare ulteriormente le comunità di immigrati, invece di favorirne l’integrazione.
Nello stesso tempo in Italia, alcune amministrazioni locali hanno introdotto l’obbligo di una dichiarazione di antifascismo per affittare spazi pubblici. Questa misura, che viene 80 anni dopo la fine del fascismo, ha sollevato numerose polemiche e dubbi sulla sua costituzionalità. Infatti, recentemente, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha sospeso l’applicazione di tale provvedimento, ritenendo che violi i principi costituzionali di libertà di associazione e di espressione.
Le nuove normative sulla cittadinanza in Germania, che collegano il riconoscimento dello Stato di Israele al processo di naturalizzazione, e l’obbligo di dichiarazioni di antifascismo in Italia, sollevano serie preoccupazioni che richiamano pratiche autoritarie tipiche dei regimi totalitari che ricordano la Corea del Nord dove il governo impone una totale fedeltà ideologica e politica come prerequisito per accedere a diritti e servizi. Queste disposizioni implicano un’ingerenza statale nei pensieri e nelle convinzioni personali dei cittadini, costringendoli a conformarsi a determinati dogmi politici come condizione per l’accesso ai diritti civili fondamentali.
L’imposizione di un pensiero unico minaccia gravemente la libertà di espressione e di pensiero, pilastri fondamentali delle società democratiche. Tale approccio ricorda metodologie coercitive simili a quelle osservate in regimi come quello della Corea del Nord, dove la divergenza di opinioni è severamente repressa a vantaggio di un’omogeneità ideologica impostata dallo Stato.
Inoltre, queste normative sollevano dubbi sulla loro efficacia nel promuovere l’integrazione sociale e culturale dei nuovi cittadini, poiché potrebbero invece generare divisioni e sfiducia nei confronti delle istituzioni. In definitiva, rappresentano un pericoloso passo indietro verso politiche di controllo ideologico che minacciano i principi democratici di pluralismo, tolleranza e libertà individuale.
Israele – Palestina – Ucraina – Russia – tutti loro hanno diritto di esistere
democraticamente parlando. Basta separare l’interesse economico
da quello umano e smetterla di dettare legge nelle case altrui. Nato in testa.