Il “Piano Prawer-Begin” era una proposta legislativa avanzata dal governo israeliano nel 2011, principalmente dai ministri Benny Begin e Ehud Prawer. Questo piano era finalizzato a spostare forzatamente i circa 200mila beduini residenti nel deserto del Negev, nella parte meridionale di Israele. Il Piano Prawer-Begin mirava a risolvere la questione dei villaggi beduini non riconosciuti dal governo israeliano, che esistono dal periodo precedente alla fondazione dello stato di Israele nel 1948.
I villaggi beduini non erano riconosciuti dal governo israeliano. Questo significa che, nonostante esistessero fisicamente sul territorio, il governo non li riconosceva ufficialmente come insediamenti legali e non forniva loro i servizi pubblici essenziali come acqua, elettricità, scuole e assistenza sanitaria.
Il “Piano Prawer-Begin” è stato oggetto di significative critiche sia a livello nazionale che internazionale per le sue implicazioni sociali, politiche ed etiche. Proposto dal governo israeliano nel 2011, il piano mirava a risolvere il contenzioso relativo ai villaggi beduini non riconosciuti nel deserto del Negev, ma è stato ampiamente contestato per diverse ragioni.
In primo luogo, il Piano Prawer-Begin prevedeva la rimozione forzata di migliaia di beduini dai loro villaggi storici non riconosciuti dal governo israeliano e il reinsediamento forzato. Questa politica è stata fortemente criticata per violare i diritti fondamentali delle persone e per rappresentare una forma di trasferimento forzato, in contrasto con le norme internazionali sui diritti umani.
Inoltre, il piano non ha adeguatamente consultato le comunità beduine interessate nelle fasi di pianificazione e decisione, ignorando le loro esigenze e preferenze. Questo approccio autoritario ha generato rancore e ha minato la fiducia tra il governo e i beduini, alimentando tensioni e conflitti anziché promuovere una soluzione pacifica e conciliatoria.
Le critiche al Piano Prawer-Begin si sono estese anche alle sue implicazioni politiche ed etiche. Molti hanno interpretato il piano come un ulteriore tentativo di marginalizzare le comunità beduine e di consolidare il controllo di Israele sul territorio del Negev. Questo è stato visto come parte di un più ampio quadro di discriminazione e disuguaglianza affrontato dalle minoranze arabe in Israele.
Infine, il Piano Prawer-Begin è stato oggetto di contestazioni e proteste sia a livello nazionale che internazionale. Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato la sua incompatibilità con il diritto internazionale e hanno sollevato preoccupazioni sulle sue conseguenze umanitarie. Le manifestazioni e le mobilitazioni della società civile hanno contribuito a mettere in discussione la legittimità e l’efficacia del piano, portando infine al suo abbandono nel 2013.
Discriminazione
Esistono analisi critiche che sostengono che il mancato riconoscimento dei villaggi beduini rifletta una discriminazione sistematica nei confronti della popolazione beduina da parte delle autorità israeliane. Questa discriminazione è spesso vista come parte di un più ampio contesto di disuguaglianza sociale, politica ed economica che affligge le minoranze arabe in Israele.
Le critiche si basano su diversi fattori:
- Differenze di trattamento: Le politiche di governo, comprese quelle di pianificazione territoriale e di sviluppo, spesso favoriscono gli insediamenti e le comunità ebraiche a discapito delle comunità arabe, comprese le popolazioni beduine. Questo può creare disparità significative in termini di accesso ai servizi pubblici, infrastrutture e opportunità economiche.
- Trasferimento forzato e perdita di terra: Il Piano Prawer-Begin e altre iniziative simili sono stati interpretati come tentativi di trasferire forzatamente le comunità beduine dai loro villaggi storici e di confiscare le loro terre ancestrali. Questo è stato considerato una violazione dei diritti umani fondamentali e ha sollevato preoccupazioni circa la perpetuazione della discriminazione etnica e della marginalizzazione.
- Esclusione politica: Le comunità beduine e altre minoranze arabe spesso affrontano ostacoli significativi nella partecipazione politica e nella rappresentanza istituzionale. Questo può influenzare negativamente la capacità di tali comunità di difendere i propri interessi e proteggere i loro diritti.
gli indiani d’America hanno subito il medesimo trattamento.
Faccio notare pero’ che noi siamo sulla stessa strada, solo che la
rimozione forzata degli italiani avviene in modo subdolo,svendendo
i nostri terreni, occupandoli con armi militari, pale eoliche e
misure restrittive che vietano ai pescatori / agricoltori di vivere
del loro lavoro. Espropriazione indebita alla luce del sole per mano di
USA e prepotenze varie. Non Russia che io sappia ……..