Albert Einstein nacque a Ulm , nel Regno del Württemberg nell’impero tedesco , il 14 marzo 1879 in una famiglia di ebrei ashkenaziti. I suoi genitori erano Hermann Einstein , un venditore e ingegnere, e Pauline Koch . Nel 1880 la famiglia si trasferì a Monaco di Baviera , dove il padre di Einstein e suo zio Jakob fondarono la Elektrotechnische Fabrik J. Einstein & Cie , un’azienda che produceva apparecchiature elettriche basate sulla corrente continua.
Il piccolo Albert impara a parlare molto tardi. L’incontro con la scuola è da subito difficile: Albert, infatti, trova le sue consolazioni a casa, dove la madre lo avvia allo studio del violino, e lo zio Jacob a quello dell’algebra. Albert Einstein era dislessico e aveva poca memoria. Per questo, imparò a leggere soltanto a 9 anni e per di più mal sopportava le regole scolastiche e contestava spesso i professori. Un “difetto” che a 15 anni gli costò l’espulsione dal Luitpold Gymnasium di Monaco e quindi anche il diploma.
Nel 1894 la famiglia si trasferisce in Italia per cercare miglior fortuna con una fabbrica a Pavia, vicino a Milano. Albert rimane solo a Monaco affinché possa terminare l’anno scolastico al ginnasio per poi raggiungere la famiglia.
Gli affari della fabbrica cominciano ad andare male e Hermann Einstein esorta il figlio Albert a iscriversi al famoso Istituto Federale di Tecnologia, noto come Politecnico di Zurigo. Non avendo però conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, nel 1895 deve affrontare un esame di ammissione. In una sua dichiarazione dell’epoca dirà, infatti:
“Se avrò fortuna nel passare l’esame, andrò a Zurigo. Lì starò per quattro anni per studiare matematica e fisica. Immagino di diventare un insegnante in quei rami delle scienze naturali, scegliendo la parte teorica di esse. Queste sono le ragioni che mi hanno portato a fare questo piano. Soprattutto, è la mia disposizione all’astrazione e al pensiero matematico, e la mia mancanza di immaginazione e di abilità pratica”.
Einstein verrà bocciato per insufficienza nelle materie letterarie, non superò gli esami per accedere all’università, anche perché, oltre ad avere soltanto sedici anni, due anni sotto la media, non aveva studiato.
Nel 1900, riuscì a superare gli esami finali studiando dagli appunti di un compagno di classe: tuttavia il suo professore non gli consentì di proseguire gli studi. Il padre di Einstein desiderava che suo figlio svolgesse un’occupazione tecnica, una decisione che Einstein trovò difficile da prendere. Di conseguenza, come egli stesso ammise successivamente, evitò di dedicarsi a “una professione pratica”, non preparandosi per la prova di ammissione.
Dopo la laurea, Einstein ebbe difficoltà a trovare un lavoro. Ciò dipese soprattutto dal fatto che la sua natura indipendente, intellettuale e ribelle, lo rese, come si definiva lui stesso, “un pariah (membro di una bassa casta del sud dell’India) nella comunità accademica”.
Un professore gli disse: “Tu hai un difetto: non ti si può dire niente!”. Einstein cambiò tre lavori in poco tempo, ma non a causa dei disturbi d’apprendimento. Fu lo stesso Einstein a dichiarare che non fu un bravo studente; egli sapeva di avere poca memoria; non riusciva soprattutto a scrivere correttamente dei testi. Non riuscendo a risolvere i problemi di matematica e di scienza, inventò una sua strategia; nel suo studio aveva una lavagna dove c’erano scritte le tabelline: Einstein non le imparò mai!
Mileva Marić la donna dietro Einstein e la Teoria della relatività
Nell’estate del 1896 Mileva Marić superò l’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo ed entrò nella sezione del dipartimento di matematica e fisica. Proprio durante il primo anno di corso Mileva conobbe Albert Einstein. Durante il periodo estivo, decise di trascorrere il primo semestre in Germania all’Università di Heidelberg.
Il desiderio di studiare, soprattutto le materie scientifiche, spingono il padre ha incoraggiare la figlia ad andare in Svizzera, dove le donne potevano iscriversi all’università e si parlava il tedesco. A Zurigo si diploma e supera l’esame di ammissione al Politecnico, dove entra da matricola nell’autunno del 1896, l’anno che la cambia la vita.
In quel periodo, presso l’Università di Heidelberg le donne non godevano degli stessi diritti degli uomini, ragion per cui Mileva Marić non poté sostenere esami o ricevere certificati.
Ad averla maggiormente affascinata e indirizzata per i suoi studi successivi è stata la teoria della cinetica dei gas e sarà proprio questo tipo di problematica a integrarsi con le idee di Einstein; le discipline scientifiche erano considerate adatte solo ai maschi e non alle femmine.
Nell’ottobre del 1898, Mileva Marić fece ritorno a Zurigo, dopo aver trascorso l’estate dalla sua famiglia per iniziare il suo terzo anno al Politecnico. Mileva non raggiunse i voti necessari per il conseguimento del diploma a causa della sua evidente gravidanza giudicata negativamente dalla commissione.
A unirli, oltre alla passione per la fisica, è la musica. I due spesso suonano insieme, lui al violino, lei al pianoforte, studiano insieme, compensando le loro diverse intelligenze: lei bravissima in matematica e nella fisica sperimentale, lui intuitivo. Diventano presto inseparabili, facendo coppia nella vita e nello studio, al punto che nelle loro lettere dell’epoca parlano del loro lavoro sulla fisica come di un’impresa comune: sarà questo uno dei motivi per cui molti anni più tardi alcuni riterranno che il ruolo di Marić negli studi sulla relatività ristretta sia un po’ di più di quello di una moglie, bensì quello di una coautrice.
E’ praticamente impossibile stabilire in che cosa Mileva abbia effettivamente contribuito all’opera del marito e in quale misura. La discussione che si è aperta in merito si focalizza prevalentemente sui lavori che Albert Einstein pubblicò nel 1905, l’Annus Mirabilis. In quell’anno vennero pubblicati ben 4 lavori scientifici firmati da Einstein che affrontavano sotto una nuova ottica l’effetto fotoelettrico e il moto browniano, formulavano la relatività ristretta e stabilivano l’equivalenza massa-energia.
L’estrema velocità con cui Einstein riuscì a portare a termine questi articoli, pur lavorando a tempo pieno all’Ufficio Brevetti, induce a pensare che ciò sia stato possibile soltanto grazie all’aiuto della moglie.
Indubbiamente la scoperta e la pubblicazione, nel 1987, della corrispondenza privata tra Mileva Marić e Albert Einstein ha contribuito a far uscire dall’ombra la figura di lei, conducendo a un riesame dei reali meriti. Sembrerebbe che Einstein abbia pubblicato gli studi migliori durante il periodo del suo primo matrimonio.
Addirittura, alcuni hanno affermato che il motivo per cui Einstein consegnò alla donna l’intero premio in denaro, ricevuto con il Nobel, aveva il fine di eclissare la sua partecipazione alle scoperte fatte.
Nonostante queste argomentazioni, una parte della comunità scientifica sostiene che il ruolo di Mileva sia stato secondario o che, comunque, non sia possibile determinare con esattezza l’importanza del suo contributo.
Un marito spietato e traditore.
Un marito spietato e traditore. Almeno secondo la biografia Einstein, la sua vita, il suo universo (Mondadori) di Walter Isaacson.
Albert Einstein e Mileva Maric si conobbero nel 1898 mentre frequentavano entrambi il Politecnico Federale Svizzero. Lì nacque l’amore, che fu regolarizzato con matrimonio civile nel 1903. Nel 1914, dopo tre figli (uno dei quali morto neonato, quando la coppia non era ancora sposata), Einstein e Maric entrarono in grave crisi. Il genio della fisica non era un uomo fedele, e tra le numerose relazioni extraconiugali ci fu anche quella con sua cugina Elsa (che diventerà la sua seconda moglie).
A quell’epoca risale la lettera d’amore (in questo caso si fa per dire) che pubblichiamo. Una serie di regole spietate, quasi disumane, imposte da Einstein alla moglie. Perché non si separarono? Per il solito motivo: il bene dei figli. Obbedienza, niente sesso, nessuna vita in comune se non nelle inevitabili ricorrenze sociali.
Ecco le regole disumane che Einstein impose alla moglie Mileva
di Albert Einstein
Mileva, queste sono le mie condizioni:
A. Ti assicurerai che:
1. i miei vestiti e il mio bucato siano sempre tenuti in buon ordine.
2. che riceverò i miei tre pasti regolarmente e nella mia stanza.
3. che la mia stanza e il mio studio siano sempre puliti, e specialmente che il mio tavolo sia riservato al mio esclusivo utilizzo.
B. Rinuncerai a tutte le relazioni personali con me, a meno che non siano strettamente necessarie per ragioni di etichetta e di vita sociale. In particolare ti asterrai:
1. dal sederti accanto a me in casa;
2. dall’uscire o viaggiare con me.
C. Ti atterrai ai seguenti punti per regolare le relazioni personali con me:
1. Non ti aspetterai alcuna intimità da me, e non mi rimprovererai in alcun modo per questa mancanza.
2. Smetterai di parlare, se io ne farò richiesta;
3. Lascerai immediatamente la mia stanza da letto o il mio studio, senza protestare, quando io ne farò richiesta.
La lista produsse però un solo effetto: pochi mesi dopo Mileva prese i figli e abbandonò il marito a Berlino. Il divorzio arrivò cinque anni dopo.
La dislessia
Einstein è considerato il più grande scienziato di tutti i tempi, insieme a Newton ma dal punto di vista della dislessia, il caso di Einstein è singolare perché le notizie che si hanno di lui sono contraddittorie: c’è chi lo definisce con certezza un dislessico, chi affetto da una forma di autismo, chi invece dice che ciò ha contribuito a creare un’aura di romanticismo intorno alla sua figura.
La realtà è che il piccolo Albert parlò con ritardo, ebbe difficoltà a legare con i coetanei e imparò a leggere in ritardo, all’età di 9 anni.
Il biografo Pais dichiara che, anche se la famiglia di Einstein aveva inizialmente delle apprensioni perché potesse essere ritardato avendo iniziato a parlare dopo parecchio tempo, a un tratto si tranquillizzò vedendo che Albert aveva cominciato a pronunciare frasi intere fra i due e i tre anni.
Sua sorella disse:
“Lo sviluppo, durante l’infanzia, procedeva lentamente. Ebbe alcune difficoltà con il linguaggio, tanto che si temeva che non avrebbe mai imparato a parlare… Ogni frase che pronunciava la ripeteva a se stesso a bassa voce, muovendo le labbra. Questa abitudine persistette fino a sette anni”;
tuttavia la nonna materna scrisse in una lettera a un parente, pochi mesi dopo il secondo compleanno di Albert, che “stava già esprimendo idee divertenti”.
Secondo il biografo Clark, un motivo molto più plausibile del suo lento sviluppo del linguaggio è la soluzione più semplice, suggerita dal figlio di Einstein, Hanz Albert, che dice che suo padre si isolò dal mondo quando era ancora un ragazzo.
“Mi disse che i suoi insegnanti riferivano che … era tardivo, asociale e sempre immerso nelle sue assurde fantasie”.
Anche una domestica un giorno gli diede dello stupido, perché aveva notato la sua abitudine a ripetere tutto due volte. In realtà quando gli veniva rivolta una domanda, elaborava la risposta nella sua mente e faceva una prova sottovoce, poi la ripeteva a voce alta quando era sicuro che fosse giusta. Se uno accetta questa interpretazione, altre informazioni ci aiuteranno a giudicare le abilità di linguaggio di Einstein dopo che cominciò a parlare.
I suoi insegnanti lo descrivevano in termini poco idilliaci! Lo stesso Einstein riferisce:
“Da bambino non andai mai particolarmente bene o male a scuola. Il mio principale punto debole era una memoria povera, soprattutto per quanto riguarda le parole e i testi; non affollavo la mia memoria con i fatti che avrei potuto trovare facilmente in una enciclopedia”.
Egli presentò molti dei sintomi tipici della dislessia: trasposizione e omissione di lettere, numeri e formule nella scrittura e frasi senza ordine.
Le pubblicazioni di Einstein e il plagio
È facilmente dimostrabile che Albert Einstein non ha originato la teoria della relatività ristretta nella sua interezza, o addirittura nella sua maggioranza.
Le registrazioni storiche sono facilmente disponibili. Ludwig Gustav Lange, Woldemar Voigt, George Francis FitzGerald, Joseph Larmor, Hendrik Antoon Lorentz, Jules Henri Poincaré, Paul Drude, Paul Langevin e molti altri, svilupparono lentamente la teoria, passo dopo passo, basandola su migliaia di anni di registrazioni pensiero e ricerca.
Einstein (o la moglie) potrebbe aver dato alcuni contributi alla teoria, come le equazioni relativistiche per l’aberrazione e l’effetto Doppler-Fizeau, sebbene avesse reso un’equazione errata per la massa trasversale di un elettrone, che, una volta corretta, diventa l’equazione di Lorentz.
Il primo lavoro di Albert Einstein sulla teoria della relatività non è apparso fino al 1905. Ci sono prove sostanziali che Albert Einstein non abbia scritto da solo questo articolo del 1905 sul “principio di relatività”. Sua moglie, Mileva Einstein-Marity, potrebbe essere stata coautrice, o unica autrice, dell’opera.
Se Albert Einstein non fosse stato la mente dietro ai principali concetti della teoria della relatività ristretta, come sarebbe possibile che un evento così storicamente rilevante fosse rimasto inosservato dal mondo per quasi un secolo? La risposta è piuttosto chiara: semplicemente non è avvenuto.
“Circa il 20 percento degli articoli di Einstein contiene vari errori di vario grado”, afferma Mario Livio , astrofisico dello Space Telescope Science Institute.
Morti sospette
Paul Karl Ludwig Drude (Annalen der Physik 1900–1906) Nato in una famiglia ebrea, figlio di un medico di Braunschweig, Drude iniziò i suoi studi di matematica all’Università di Göttingen, ma in seguito cambiò specializzazione in fisica. Nel 1900 divenne redattore della rivista scientifica Annalen der Physik , la rivista di fisica più rispettata dell’epoca.
Dal 1901 al 1905 fu professore ordinario di fisica all’Università di Giessen. Nel 1905 divenne direttore dell’istituto di fisica dell’Università di Berlino. Nel 1906, all’apice della sua carriera, divenne membro dell’Accademia prussiana delle scienze. 7 giorni dopo la sua conferenza inaugurale, fu trovato suicidato in circostanze misteriose.
(Argomento che approfondiremo in un altro articolo)
Pubblicazioni e plagi
Nel 1905 pubblica tre studi teorici. Il primo studio contiene la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta; il secondo studio sull’interpretazione dell’effetto fotoelettrico; il terzo e più importante studio è del 1905, e reca il titolo “elettrodinamica dei corpi in movimento”. E’ proprio quest’ultimo studio che porterà Albert Einstein a ricevere il premio Nobel per la fisica nel 1921.
Perché Einstein non ha mai citato i lavori di Poincaré, Del Pretto o di altri, che molti ritengono abbiano anticipato le scoperte per le quali è diventato famoso? Questo solleva la questione se Einstein abbia verosimilmente tratto ispirazione da tali lavori senza dare loro il riconoscimento dovuto.
Secondo un fisico indiano, c’è la convinzione che Einstein abbia commesso un errore matematico nell’utilizzo di concetti derivati da Poincaré, uno dei maggiori matematici del suo tempo. Raju, premiato per aver individuato tale errore, ritiene che ciò costituisca un caso classico di plagio, in cui Einstein ha copiato il materiale senza una piena comprensione. Per sostenere questa tesi, è possibile fare riferimento a uno dei numerosi articoli che suggeriscono che Poincaré sia il vero autore, e che Einstein abbia compiuto atti di plagio.
L’argomento risiede nel fatto che, in quel periodo, i fisici tedeschi erano sorpresi e sconcertati dalla rivoluzione concettuale proposta da Poincaré nel 1904, incentrata sulla relatività. In alcuni casi, come nel caso di Hilbert, esisteva anche una componente personale di avversione verso Poincaré. Di conseguenza, decisero di ignorare completamente i lavori di Poincaré sulla relatività pubblicati nel 1904, omettendo ogni riferimento a essi nelle pubblicazioni e negli incontri scientifici tedeschi. Sfruttarono invece il fatto che, in quel periodo, la Germania era il centro dominante per la fisica e la validazione accademica.
Approfittarono del fatto che Einstein aveva commesso un atto di plagio nel 1905, cercando di attribuire la teoria della relatività a lui e, quindi, alla Germania.
Poiché un’operazione del genere avrebbe potuto compromettere gravemente la reputazione accademica di un fisico noto, optarono per un giovane relativamente sconosciuto, come Einstein, che non operava nemmeno nell’ambiente universitario ma in un ufficio brevetti.
Il plagio da parte di Einstein nel 1905 dei lavori pubblicati da Poincaré in francese nel 1904 permise, con la complicità dell’influente establishment della fisica tedesca, di sottrarre la gloria al concorrente disprezzato, Poincaré, e di attribuirla completamente a Einstein. Questa scelta fu dettata dal fatto che, se il plagio fosse diventato un vero scandalo internazionale, avrebbe scaricato gran parte delle conseguenze su Einstein, essendo lui un estraneo all’ambiente accademico. Tuttavia, la manovra ebbe successo, e Einstein divenne rapidamente una figura celebre, tanto da penetrare nella cultura di massa. Questo livello di celebrità fece sì che chiunque volesse protestare contro il plagio di Einstein non riuscisse a farsi sentire.
Nel 1903, Olindo DelPretto pubblicò in italiano su una rivista italiana l’equazione famosa che oggi è universalmente associata a Einstein, la famosa E=MC2. Una curiosa coincidenza vuole che Michele Besso, un caro amico di Einstein nonché suo collaboratore all’epoca, fosse anche un intimo amico del fratello di DelPretto. Dato che Einstein sapeva l’italiano, è molto probabile che egli fosse venuto a conoscenza dell’equazione di DelPretto, pubblicata su una rivista di minore rilevanza in quel periodo, forse tra i pochi a farlo, soprattutto considerando che DelPretto non era un accademico.
Nel 1905 Einstein pubblica la sua famosa equazione E=MC2 come parte di un lavoro certamente più comprensivo di quello dell’italiano, ma non lo cita. Per cui solo dopo 100 anni circa ci si accorge che il povero DelPretto (ucciso in circostanze poco chiare prima del Nobel ad Einstein) era stato il primo ad avere l’intuizione.
Le accuse di plagio nei confronti di Einstein e l’apparente tentativo da parte della comunità scientifica tedesca di attribuire a lui il merito principale nel portare “la Relatività in Germania” potrebbero aiutare a spiegare perché, nonostante il Premio Nobel, Einstein abbia ridotto notevolmente la sua produzione scientifica nei successivi 35 anni. A differenza di Poincaré, che ha continuato a fare scoperte scientifiche fino al giorno della sua morte, Einstein ha pubblicato relativamente poco rispetto alle aspettative generate dall’iniziale colpo di genio.
Un aspetto sorprendente nella biografia di Einstein è che, nonostante sia considerato il genio scientifico per eccellenza del nostro secolo, sembra che dopo il 1919, quando ha pubblicato il suo secondo lavoro sulla Relatività Generale, non abbia contribuito sostanzialmente a nuove teorie o invenzioni per quasi altri 30 anni. Questa anomalia è in netto contrasto con altri scienziati che hanno continuato a fare scoperte significative fino alla fine delle loro vite.
Inoltre, ci sono discussioni sul fatto che Einstein non avrebbe eccelso durante i suoi anni universitari. Questo è supportato dal fatto che inizialmente ha lavorato nell’Ufficio Brevetti, poiché nessun’accademia o istituzione di ricerca gli aveva offerto una posizione. Inoltre, circolano supposizioni che suggeriscono che sua prima moglie, Milena Maric, una collega di corso più anziana con la quale si sarebbe sposato durante gli studi, potrebbe aver influito sul suo percorso, aiutandolo, sia con gli esami universitari che con la stesura del suo primo lavoro che gli ha portato fama. Queste speculazioni sono accentuate dal fatto che Einstein aveva concordato di devolvere l’intero importo del Premio Nobel a lei, anche se all’epoca non era obbligato a pagare alimenti.
Quando il dottor C. K. Raju, un eminente fisico indiano noto per i suoi contributi teorici e per il supercomputer indiano, è stato onorato con un prestigioso riconoscimento scientifico, riconosciuto anche per aver corretto un errore matematico precedentemente commesso da Einstein nella Teoria della Relatività Speciale. Durante il suo discorso di accettazione del premio, ha sottolineato che questa correzione non diminuisce l’importanza e la validità della Teoria della Relatività Speciale come risultato del lavoro di un genio. La questione che sorge è: chi è il vero genio, Poincaré o Einstein?
Il professore indiano solleva delle questioni di notevole rilevanza nel suo discorso. In particolare, mette in evidenza che, prima dell’anno 1905, Henri Poincaré aveva già trattato il tema della relatività in alcune pubblicazioni scientifiche. Questo fatto solleva dubbi sul contributo originale di Albert Einstein, il quale, pur essendo all’epoca un completo sconosciuto e occupato in un modesto impiego presso l’Ufficio Brevetti, pubblicò il suo studio sulla relatività senza fare alcun riferimento alla letteratura scientifica esistente, contrariamente alla prassi comune nel mondo accademico.
Il professore Raju, inoltre, mette in luce un errore matematico nel lavoro di Einstein, suggerendo che il famoso fisico potrebbe non essere stato completamente consapevole degli aspetti matematici della teoria di Poincaré, il quale era, d’altronde, un matematico di rinomanza. Questo suggerisce che Einstein potrebbe aver attinto dalla teoria di Poincaré senza adeguatamente riconoscerne l’influenza.
Il fisico e matematico indiano afferma che, confrontando il lavoro di Einstein con gli scritti di Poincaré pubblicati solo un anno prima, sembra Einstein abbia copiato senza ammetterlo.
In sostanza, il discorso del professore mette in discussione la paternità della Teoria della Relatività Speciale e solleva la domanda cruciale: chi dovrebbe essere considerato il vero genio, Poincaré o Einstein?
Nel suo discorso, il professore analizza dettagliatamente la prospettiva secondo cui Poincaré ed Einstein avrebbero raggiunto risultati simili, quasi contemporaneamente. Tuttavia, egli sottolinea la scarsa plausibilità dell’idea che Einstein non si sia in qualche modo ispirato a Poincaré, considerando che persino la parte matematica della teoria della relatività sembra non essere stata completamente compresa da Einstein. Questa osservazione è ulteriormente avvalorata dal fatto che il professore stesso sia stato in grado di correggere un piccolo errore matematico nell’articolo di Einstein che lo ha reso celebre. Tale correzione suggerisce che il professore sia ben qualificato per discutere l’argomento.
In conclusione, il professore suggerisce che, quando si menziona il “genio del secolo” in fisica e scienza, sarebbe più appropriato citare Poincaré piuttosto che Einstein, poiché quest’ultimo potrebbe non essere stato così originale come comunemente riconosciuto.
Questa considerazione può essere considerata come un’opinione, anche se è ben qualificata e supportata da un risultato matematico rilevante. È interessante notare anche che Olindo De Pretto aveva formulato l’equazione celebre nel 1903, due anni prima delle pubblicazioni di Einstein.
E=mc2: “Tutto merito dell’italiano Olinto”
La tesi di un docente di matematica dell’Università di Perugia
Se effettui una ricerca su Google riguardo al caso Olindo De Pretto ed Einstein, scoprirai che Olindo De Pretto, un laureato in agraria che svolgeva il lavoro di assistente universitario e gestiva l’azienda di famiglia, dedicando il suo tempo libero allo studio della fisica. Nel 1903, pubblicò un articolo in italiano che trattava l’equazione E=mc^2 come misura dell’energia in un corpo fisico, un paio d’anni prima che Einstein pubblicasse il suo celebre articolo nel 1905.
DePretto pubblica in italiano nel 1903 la famosa equazione, che viene successivamente ripresa nel lavoro di Einstein nel 1905. Sorprendentemente, non ci sono citazioni o riferimenti da parte di Einstein riguardo a De Pretto.
De Pretto, estraneo all’ambiente accademico, pubblicava soltanto in italiano su una rivista di fisica italiana e non aveva conoscenza dei lavori di Einstein, che fino ad allora era un fisico sconosciuto senza pubblicazioni rilevanti. Tuttavia, c’è un elemento interessante da considerare: Einstein era al corrente del lavoro di De Pretto del 1903, e questo era possibile grazie al suo stretto amico dell’epoca, Michele Angelo Besso. Besso era amico del fratello di De Pretto, e dato che Einstein aveva una buona comprensione dell’italiano, è probabile che fosse uno dei pochi che aveva effettivamente letto l’articolo pubblicato da De Pretto nella rivista di fisica italiana.
In sintesi, mentre molte persone potrebbero non aver letto la rivista di fisica italiana in cui De Pretto aveva pubblicato la sua idea riguardante E=mc^2 nel 1903, Einstein aveva una connessione indiretta attraverso il suo amico Besso, il quale era in contatto con il fratello di De Pretto, contribuendo così a portare a conoscenza di Einstein il lavoro di De Pretto.
Umberto Bartocci
Umberto Bartocci un autore e matematico italiano noto per aver sollevato la tesi che Olinto De Pretto avesse pubblicato un’equivalenza tra massa ed energia un anno prima di Albert Einstein, suggerisce che Einstein potrebbe essere stato influenzato dalle idee di De Pretto.
Bartocci, pur essendo uno scienziato italiano che scriveva sul merito di un altro italiano, ha sperimentato difficoltà nel trovare un editore disposto a pubblicare il suo libro su De Pretto ed Einstein. Alla fine, solo una piccola casa editrice inglese ha accettato di pubblicare il suo lavoro.
Per quanto riguarda il risultato di Raju e la sua tesi sorprendentemente radicale su Einstein e Poincaré, sembra che non abbia suscitato alcun interesse da parte dei media. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che Einstein è spesso venerato come una figura quasi divina, e la sua critica o la messa in discussione del suo lavoro potrebbero essere considerate scomode o indesiderate.
Franz Hasenöhrl: E=mc2
Franz Hasenöhrl (1875-1915) è stato un fisico austriaco che ha lavorato all’Università di Vienna e ha fatto contributi importanti alla fisica teorica, in particolare alla teoria quantistica della radiazione. Egli è stato uno dei primi a prevedere l’effetto fotoelettrico, un fenomeno in cui un elettrone viene emesso da un metallo quando esso è colpito da una radiazione elettromagnetica.
Hasenöhrl ha scritto un articolo nel 1904 sulla relatività generale, dove ha proposto una derivazione alternativa dell’equazione di Einstein E=mc2.
Samuel Preston : E=mc2
Sebbene sia comunemente associata al nome Albert Einstein, fu Samuel Tolver Preston a pubblicare per la prima volta la formula E=mc2 nel 1875, quattro anni prima della nascita di Einstein.
A differenza di Einstein, Preston comprese appieno il significato dell’enorme riserva di energia rappresentata dall’equazione. E progettò macchine per sfruttare la fonte di energia, compresa la bomba atomica.
Nel 1875, Samuel Tolver Preston calcolò l’equivalenza massa-energia con l’equazione E=mc2 nel suo libro PHYSICS OF THE ETHER, che è stato ripubblicato integralmente. Ha proposto metodi per ottenere energia atomica e generare superconduttività.
Adottando la teoria gravitazionale meccanica di George Louis LeSage, S. Tolver Preston ha presentato una teoria fisica completa della gravità e dell’elettromagnetismo, analoga alla teoria cinetica dei gas e basata su un etere composto da materia suddivisa, le cui particelle viaggiano alla velocità della luce e possiedono l’energia della loro massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato.
Le opere di Preston hanno previsto e ispirato numerose scoperte e tecnologie che avrebbero plasmato il ventesimo secolo. Ha scritto quasi esclusivamente in prosa molto raffinata e il lettore non matematico troverà facile capire i suoi scritti. Preston era un eloquente sostenitore della scienza e sostenne l’istruzione universitaria femminile negli anni 1880. In un’altra anticipazione della teoria della relatività, ha completamente relativizzato l’induzione unipolare negli stessi termini che Albert Einstein avrebbe ripetuto decenni dopo come giustificazione per una nuova teoria dell’elettrodinamica dei corpi in movimento nota come teoria della relatività speciale.
SAMUEL TOLVER PRESTON: PADRE DI E = mc2, LA BOMBA ATOMICA E L’ENERGIA ATOMICA di Christopher Jon Bjerknes è il primo e unico racconto e raccolta delle opere e dei risultati di Samuel Tolver Preston. Si tratta di una documentazione senza precedenti e attesa da tempo di questo genio in gran parte dimenticato e dei suoi numerosi e significativi risultati, che non possono essere trovati da nessun’altra parte.
I suoi articoli penetranti e creativi sono stati ricercati con impazienza dalle riviste di tutto il mondo e hanno ispirato altri autori di scienza, oltre che di fantascienza. Oltre alla storia di Preston di Christopher Jon Bjerknes e alle sue innovazioni, il libro ripubblica un’ampia raccolta di opere di Preston, inclusi i libri di Preston PHYSICS OF THE ETHER e ORIGINAL ESSAYS, e 116 articoli di giornale stimolanti e storicamente importanti e lettere all’editore.
Il sionista Albert Einstein dal Pacifismo alla bomba atomica
Negli anni ’20 Einstein divenne un leader attivo del movimento internazionale contro la guerra e sostenne l’obiezione di coscienza. Tuttavia, l’ascesa al potere dei nazisti determinò un cambiamento sostanziale nella posizione di Einstein: iniziò a sostenere la preparazione militare delle democrazie europee contro la minaccia del nazismo.
In questo contesto, Albert Einstein scrisse una lettera al presidente degli Stati Uniti, Franklin D. Roosevelt, nel 1939. In questa lettera, Einstein, insieme al fisico Leo Szilard, avvertiva Roosevelt del potenziale pericolo che la Germania nazista potesse sviluppare armi nucleari, basandosi sul recente progresso della fisica nucleare. Questa lettera, conosciuta come la “Lettera Einstein-Szilard”, giocò un ruolo cruciale nell’avvio del progetto Manhattan, che portò allo sviluppo della prima bomba atomica durante la Seconda Guerra Mondiale. Il progetto fu un grande sforzo scientifico e industriale che coinvolse molti dei principali scienziati dell’epoca.
Per tutta la sua vita Albert Einstein fu esponente di spicco del sionismo mondiale. Einstein ha sostenuto il sionismo e la creazione di una patria per gli ebrei in Palestina.
Einstein fu accolto come un eroe dagli ebrei americani. Il fisico tedesco fece il giro della nazione per raccogliere fondi per le cause sioniste. Il tour di Einstein fu organizzato da Chaim Weizmann, un ex chimico e presidente dell’Organizzazione sionista mondiale. Il piano di Weizmann era quello di organizzare quanti più banchetti, ricevimenti e raccolte fondi possibile durante le otto settimane in cui Einstein sarebbe stato negli Stati Uniti, raccogliendo, sperava, milioni di dollari a sostegno dell’Università Ebraica.
Quando nel maggio 1948 il presidente degli Stati Uniti Harry Truman riconobbe Israele come nazione sovrana, Einstein lo definì “la realizzazione dei nostri sogni”.
“Nell’ultimo periodo di realizzazione dei nostri sogni sionisti, c’era solo una cosa che pesava molto su di me: il fatto che eravamo costretti dalle avversità della nostra situazione a far valere i nostri diritti con la forza delle armi; era l’unico modo per evitare l’annientamento totale”.
Nel corso della sua vita, Albert Einstein ha sentito una stretta affinità con il popolo ebraico. Einstein definì l’ebraismo come una cultura con un passato storico condiviso e valori etici comuni piuttosto che come una religione istituzionalizzata.
Einstein e i rothschild
La storia dell’amicizia tra Albert Einstein e i Rothschild è stata molto importante nella vita di Einstein. Esistono diverse fonti storiche che documentano questa amicizia, tra cui anche le lettere di Einstein al Barone Rothschild.
Lionel Walter Rothschild, II Barone di Rothschild, (Londra, 8 febbraio 1868 – Tring Park, 27 agosto 1937), discendente della ricca famiglia di banchieri di origine ebrea ashkenazita tedesca Rothschild, è stato un banchiere, politico e zoologo britannico.
Fu strettamente legato ed impegnato alla formulazione della prima stesura della dichiarazione per la formazione dello stato ebraico in Palestina e nel 1917 una lettera dal ministro degli esteri britannico Arthur Balfour, indirizzata al “Caro Lord Rothschild”, sancì la dichiarazione di Balfour la quale impegnava il governo britannico a supportare la creazione in Palestina di una dimora per gli ebrei.
La dichiarazione recita:
2 novembre 1917
Gentile Lord Rothschild,
Ho il piacere di trasmetterle, a nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni ebraiche, che è stata sottoposta e approvata dal Gabinetto del governo:
Il governo di Sua Maestà considera con favore l’istituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e farà il possibile per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, tenendo presente che nulla sarà fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina o i diritti e il status politico degli ebrei in qualsiasi altro paese.
Saremo grati se potrà portare questa dichiarazione all’attenzione della Federazione Sionista.
Con i migliori saluti,
Arthur James Balfour
Oltre al Barone Lionel Walter Rothschild Einstein era legato anche al Barone Edmond Rothschild, un ricco filantropo e mecenate noto per il suo sostegno alle arti e alla scienza. Rothschild aveva un grande interesse per la fisica e la scienza.
Rothschild offrì aiuto finanziario a Einstein durante la sua ricerca scientifica, e fu uno dei principali sostenitori del “Einstein’s Library”, una biblioteca di scienze che Einstein fondò nel 1930 a Princeton. In cambio dell’aiuto finanziario e del sostegno morale, Einstein offrì aiuto e consulenza scientifica al Barone Rothschild.
Einstein e Rothschild si incontravano regolarmente per discutere delle ultime scoperte scientifiche e delle loro opinioni sul mondo. La loro amicizia durò fino alla morte di Rothschild nel 1934, e Einstein scrisse un elogio personale al Barone Rothschild, esprimendo la sua riconoscenza per il sostegno che gli aveva offerto durante la sua carriera scientifica.
Esistono anche diverse lettere di Einstein al Barone Rothschild, che documentano l’amicizia tra i due e le loro conversazioni su varie materie. La storia dell’amicizia tra Einstein e Rothschild è stata molto importante nella vita di Einstein e ha contribuito in modo significativo alla sua carriera scientifica.
In una lettera al Barone Rothschild, Einstein descrisse la straordinaria ascesa degli ebrei tedeschi nella società europea
“Tu ed io apparteniamo a una razza che può fare tutto tranne che fallire.”
Questa citazione proviene da una lettera di Albert Einstein al Barone Rothschild nel 1929, ed è riportata nel libro “Modern Times: A History of the World from the 1920s to the 1980s” dello storico britannico Paul Johnson. Essa riflette l’ammirazione di Einstein per il successo degli ebrei tedeschi nella società, pur riconoscendo la loro posizione precaria.
Per Einstein il valore principale dell’ebraismo era l’aspirazione intellettuale. Come Spinoza, non credeva in un dio personale, ma che il divino si rivela nel mondo fisico.
Nel 1952, gli fu offerta la guida dello Stato di Israele alla morte del presidente Weizmann, ma Einstein rifiutò. Fu il direttore del più grande giornale israeliano a lanciare l’idea e il governo decise di richiedere formalmente allo scienziato di assumere l’incarico. Così il primo ministro David Ben Gurion (1886-1973) incaricò il suo ambasciatore a Washington, Abba Eban (1915-2002), di domandare a Einstein (che risiedeva a Princeton, Usa), se fosse d’accordo. La notizia aveva già raggiunto lo scienziato per mezzo del New York Times.
Einstein ne rimase molto scosso: alla fine chiamò l’ambasciatore a Washington e respinse l’offerta. Inviò anche una lettera in cui espresse i motivi del suo rifiuto: disse di sentirsi inadatto e di essere troppo in là con gli anni per portare a termine in modo ottimale l’incarico.
Il 17 Aprile del 1955 fu colpito da una improvvisa emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell’aorta addominale.
Il fisico teorico Albert Einstein (1879 – 1955), sua moglie Elsa (1876 – 1936) e i leader sionisti al loro arrivo a New York a bordo della Rotterdam, aprile 1929. Weizmann divenne il primo presidente dello Stato di Israele.