Uno dei libri più interessanti del secolo scorso è proprio il Testamento di Adolf Hitler. Il feroce dittatore nazista scrisse questo testamento nel 1945 verso la fine della seconda guerra mondiale. Tanto interessante questo, come lo è anche il Mein Kampf scritto anche da Hitler negli anni di prigionia. La pubblicazione di questo libro non è, non sarà mai un elogio al feroce criminale nazista, ma solo un momento per capire cosa pensa, cosa voleva, cosa diceva e cosa aveva intenzione di fare della nostra pace.
Pubblichiamo integralmente la lettera:
“Uno dei conseguimenti del Nazionalsocialismo è costituito dal fatto che esso fu il primo ad affrontare in modo realistico il problema ebraico.
Furono gli ebrei stessi a suscitare l’antisemitismo. Nel corso dei secoli, tutti i popoli del mondo, dagli antichi egiziani a noi stessi, hanno reagito esattamente nello stesso modo. Giunge il momento in cui essi si stancano di essere sfruttati dal disgustoso ebreo; sussultano e si scrollano, come un animale che cerca di liberarsi dei parassiti dai quali è infestato. Reagiscono brutalmente e infine si ribellano. È una reazione istintiva, una reazione di ripugnanza contro un individuo estraneo che si rifiuta di adattarsi al tutto e di divenirne parte, un parassita che aderisce all’ospite, gli si impone e lo sfrutta all’estremo. L’ebreo è per natura un parassita che non può e non vuole essere assimilato. Una caratteristica distintiva dell’ebreo consiste nel fatto che, a differenza degli altri stranieri, egli pretende ovunque tutti i diritti di cittadinanza della comunità che lo ospita, e al contempo rimane sempre ebreo. È un suo diritto, secondo lui, che gli si consenta di scorrazzare con la lepre e di cacciare con i segugi; ed è il solo uomo in tutto il mondo a pretendere un privilegio così stravagante.
Il Nazionalsocialismo ha affrontato il problema ebraico con i fatti e non a parole. È insorto opponendosi alla decisione ebraica di dominare il mondo; ‘ha attaccato gli ebrei ovunque e in ogni sfera di attività; li ha strappati dalle posizioni che avevano usurpato; li ha inseguiti in ogni direzione, deciso a espurgare il mondo tedesco del veleno ebraico. Per noi, questo è stata un processo essenziale di disinfestazione che abbiamo portato fino all’estremo limite e senza il quale saremmo stati noi stessi, asfissiati e distrutti.
Dopo il successo dell’operazione in Germania, esistevano buone probabilità di estenderne la portata. Ciò era, invero, inevitabile, poiché la salute trionfa di norma sulle malattie. Resisi subito conto del pericolo, gli ebrei decisero di puntare tutto nella lotta per la vita o per la morte che sferrarono contro di noi. Il Nazionalsocialismo doveva essere distrutto, a qualunque costo, anche se il mondo intero fosse dovuto rimanere distrutto nel corso della lotta. Mai prima d’oggi è esistita una guerra così tipicamente e, al contempo, così esclusivamente ebraica.
Io ho per lo meno costretto gli ebrei a togliersi la maschera. E anche se i nostri sforzi dovessero concludersi con l’insuccesso si tratterà di un insuccesso soltanto temporaneo. Poiché ho aperto gli occhi al mondo intero sul pericolo ebraico.
Una delle conseguenze del nostro atteggiamento è stata quella di far sí che gli ebrei divenissero aggressivi. In realtà, essi sono meno pericolosi in tale stato d’animo che quando si comportano con astuzia e scaltrezza. L’ebreo che confessa apertamente la propria razza è cento volte preferibile al tipo infame che afferma di differire da noi solo nelle questioni religiose. Se vincerò questa guerra; porrò termine al potere mondiale degli ebrei e vibrerò loro un colpo mortale dal quale non si riprenderanno mai. Ma se perderò la guerra, ciò non significherà affatto che il loro trionfo sia assicurato; in quanto saranno essi stessi a perdere la testa. Diverranno arroganti a tal punto da provocare una violenta reazione contro di loro. Continueranno, naturalmente, a scorrazzare con la lepre e a cacciare con i segugi, a pretendere i privilegi della cittadinanza di tutti i paesi e, senza sacrificare il loro orgoglio, seguiteranno a rimanere, prima di ogni altra cosa, membri della Razza Eletta.
L’ebreo sfuggente e furtivo scomparirà per essere sostituito dall’ebreo vanaglorioso e ampolloso ; e quest’ultimo sarà insopportabile quanto il primo… forse anche di piú. Non esiste, quindi, alcun pericolo che l’antisemitismo possa scomparire, poiché sono gli ebrei stessi a gettare olio sul fuoco e a fare in modo che esso sia bene alimentato. Prima che possa scomparire l’opposizione al male, deve scomparire il male stesso. E da questo punto di vista, si può far conto sugli ebrei: finché essi sopravviveranno, l’antisemitismo non tramonterà mai.
Nel dir questo, posso assicurare di essere del tutto esente da ogni odio razziale: in ogni caso è indesiderabile che una razza debba mescolarsi con altre. Eccezion fatta. per alcuni successi imprevedibili, ch’io sono disposto a riconoscere, gli incroci sistematici non hanno mai dato luogo a buoni risultati. Il desiderio di rimanere razzialmente pura è una prova della vitalità e della robustezza di una razza. L’orgoglio della propria razza – e questo non implica disprezzo per le altre razze – è anch’esso un sentimento sano e normale. Io non ho mai ritenuto che i cinesi e i giapponesi fossero inferiori a noi. Appartengono ad antiche civiltà, e sono dispostissimo ad ammettere che il loro passato storico sia superiore al nostro; hanno il diritto di esserne fieri, cosí come noi abbiamo il diritto di essere fieri della civiltà alla quale apparteniamo. Io ritengo, invero, che quanto piú i cinesi o i giapponesi rimarranno fermi nel loro orgoglio razziale, tanto piú mi riuscirà facile andare d’accordo con essi.
Questo orgoglio razziale è una qualità che il tedesco, fondamentalmente, non possiede. Il motivo di ciò sta nel fatto che negli ultimi tre secoli il paese è stato dilaniato dalle discordie interne e dalle guerre religiose, e soggetto a tutta una serie di influenze estranee, l’influenza, ad esempio, del cristianesimo… poiché il cristianesimo non è la religione naturale dei tedeschi, ma una religione importata, che non fa vibrare alcuna corda nei loro cuori ed è estranea al genio inerente alla razza. Quando l’orgoglio razziale si manifesta in un tedesco, come a volte accade e in forma estremamente aggressiva, non si tratta d’altro, in realtà, che di una reazione di consenso di quel complesso di inferiorità dal quale sono affetti i tedeschi in cosí gran numero. Ciò, inutile dirlo, non si applica ai prussiani. Dai tempi di Federico il Grande essi hanno posseduto quel pacato e semplice orgoglio dei popoli sicuri di sé e ai quali non occorre nessuna ostentazione per dare prova di quello che sono. Grazie a queste qualità ad essi inerenti, i prussiani sono stati in grado, come hanno ben dimostrato, di creare una Germania unita. II Nazionalsocialismo ha tentato di infondere in tutti i tedeschi quell’orgoglio che fino ad oggi è stato posseduto , tra noi, soltanto dai prussiani.
Anche gli austriaci hanno nel sangue un orgoglio assai simile a quello dei prussiani, un orgoglio dovuto al fatto che per secoli essi non sono stati mai dominati da nessun’altra razza, ma, all’opposto, per un periodo di tempo lunghissimo, hanno impartito ordini e sono stati. ubbiditi. Posseggono un cumulo di esperienze in fatto di dominio e di potere, e a ciò è attribuibile quella panache di atticismo che nessuno può negare.
Nel suo crogiolo il Nazionalsocialismo fonderà e unificherà tutte quelle doti che sono tipiche dello spirito tedesco; e da esso emergerà la Germania moderna, industriosa, coscienziosa, sicura di sé eppure, nello stesso tempo, semplice, orgogliosa non già di se stessa o di quello che essa è, ma della sua appartenenza a una grande entità che desterà l’ammirazione di altri popoli. Questa sensazione di superiorità collettiva non implica in alcun modo il minimo desiderio di schiacciare o sopraffare gli altri. In certe occasioni, lo so bene, abbiamo esagerato nel culto di questo sentimento, ma ciò fu necessaria all’inizio e fummo costretti a spingere rudemente i tedeschi per riportarli sulla strada giusta. È nella natura delle cose che una spinta troppo violenta in una qualsiasi direzione determini invariabilmente una spinta altrettanto violenta nella direzione opposta. Tutto ciò, naturalmente, non può essere compiuto in un giorno, ma richiede la lenta pressione del tempo. Il vero creatore del tipo prussiano è Federico il Grande. In realtà, è stato necessario il susseguirsi di due o tre generazioni prima che il tipo si cristallizzasse e prima che l’indole prussiana divenisse una caratteristica comune ad ogni prussiano.
Il nostro orgoglio razziale non è aggressivo se non per quanto concerne la razza ebraica. Ricorriamo al termine razza ebraica solo per comodità, poiché in realtà e dal punto di vista genetico una razza ebraica non esiste. Esiste, tuttavia, una comunità alla quale, in effetti, il termine può essere applicato e la cui esistenza è ammessa dagli stessi ebrei. Trattasi del gruppo spiritualmente omogeneo al quale aderiscono di proposito gli ebrei di tutto il mondo, indipendentemente dal luogo in cui si trovano e dal paese in cui risiedono; e a questo gruppo di esseri umani noi diamo il nome di razza ebraica. Non si tratta, si badi, di una entità religiosa, benché la religione ebraica serva loro da pretesto per presentarsi come tali; e non si tratta neppure di un insieme di gruppi, uniti dai legami di una religione comune.
La razza ebraica è in primo luogo e soprattutto una razza astratta della mente. Si riconosce che ha le proprie origini nella religione ebraica, e questa religione, inoltre, ha avuto una certa influenza nel formarne le caratteristiche generali; nonostante tutto ciò, comunque, non è in alcun senso della parola un’entità puramente religiosa, in quanto accetta in condizioni di parità sia gli atei piú decisi, sia i piú sinceri e praticanti credenti. A tutta ciò si deve aggiungere il legame che è stato forgiato da secoli di persecuzioni, benché gli ebrei abbiano opportunamente dimenticato che sono stati essi stessi a provocare tali persecuzioni. Né gli ebrei posseggono quelle caratteristiche antropologiche che possono distinguerli come una razza omogenea: D’altro canto, non si può negare che ogni ebreo del mondo abbia in sé alcune gocce di puro sangue ebraico. Se cosí non fosse, sarebbe impossibile spiegare la presenza di certe caratteristiche fisiche sempre comuni a tutti gli ebrei, dal ghetto di Varsavia ai bazar del Marocco… il naso sgradevole, le crudeli perfide narici e cosí via.
Una razza della mente è qualcosa di piú compatto, di piú duraturo di una razza pura e semplice. Si trapianti un tedesco negli Stati Uniti e lo si tramuterà in un americano. Ma l’ebreo rimane ebreo ovunque egli vada, una creatura che nessun ambiente può assimilare. È la caratteristica struttura mentale della sua razza a renderlo refrattario ai processi dell’assimilazione. Ed ecco, in un guscio di noce, la prova della superiorità della mente sulla carne!
Il predominio davvero stupefacente da essi conseguito nel corso del diciannovesimo secolo, diede agli ebrei la sensazione del loro potere e fece sí che si togliessero la maschera; ed’ è stato proprio questo a darci il modo di opporci ad essi in quanto ebrei, autoproclamatisi tali e fieri di ciò. E se si tiene presente quanto sono creduli i tedeschi, ci sí rende conto che dobbiamo essere estremamente grati di questo improvviso eccesso di franchezza da parte dei nostri piú mortali nemici.
Io sono sempre stato assolutamente franco nel mio modo di agire con gli ebrei. Alla vigilia della guerra, diedi loro un ultimo avvertimento. Dissi agli ebrei che, se avessero causato un altro conflitto non sarebbero stati risparmiati, e che io avrei sterminato i parassiti di tutta l’Europa e questa volta definitivamente. A tale avvertimento essi ribatterono con una dichiarazione di guerra e affermarono che ovunque al mondo esistesse un ebreo, là esisteva altresí un nemico implacabile della Germania Nazionalsocialista.
Bene, abbiamo inciso l’ascesso ebraico; e il mondo dell’avvenire ci sarà grato in eterno.”