Aveva raggiunto la Valgerola, luogo che tanto amava e in cui spesso si rifugiava, per preparare nel migliore dei modi – tra i silenzi delle vette – un importante snodo della propria carriera universitaria alla facoltà di Ingegneria cui era iscritto. Si trovava nella casa di villeggiatura della sua famiglia nella frazione Pescegallo, nei pressi degli impianti sciistici di risalita.
Aveva raggiunto la valle nella giornata di lunedì e avrebbe dovuto far ritorno a casa, a Como giovedì sera alle 19.30.
Papà e mamma, il 24 marzo, l’hanno però atteso inutilmente. Vane anche le chiamate al telefono, tutte senza risposta, per informarsi sul perché del ritardo. L’angoscia si è presto fatta strada, tanto da chiedere ad un amico della valle di verificare cosa stesse avvenendo nell’appartamento di Pescegallo.
L’epilogo è stato purtroppo tragico, di quelli di cui mai si vorrebbe scrivere: il corpo senza vita di Pietro Perlini, di appena 21 anni (avrebbe compiuto i 22 il 4 maggio prossimo) era infatti riverso in bagno, colpito da un malore fatale.
siamo alle solite , se questo povero ragazzo si era fatto inoculare il siero
la sua morte era evitabile. Mica lo dico io , gli scienziati veri non quei fantocci
ai vertici della Sanità Italiana .