Il caso di cinque famiglie della Val di Fassa che avevano scelto il sistema «homeschooling»: l’istituto li aveva denunciati, ma il Tar ha dato loro ragione, è legittimo
VAL DI FASSA. La scuola non è ancora finita, ma i genitori che hanno avviato l’educazione parentale per i loro figli sono stati “promossi”. Il Tar di Trento, infatti, accogliendo nel merito il ricorso presentato da cinque famiglie della val di Fassa e dal responsabile del progetto didattico, ha annullato il provvedimento con cui, l’allora dirigente scolastico, aveva respinto la richiesta dei genitori di ritirare i figli dall’istituto comprensivo ladino di Fassa, Scola Ladina de Fascia, per avviare l’istruzione parentale – il nodo riguardava la tempistica – facendo poi partire la segnalazione ai Comuni per la mancata frequenza scolastica dei minori.
I magistrati, sul punto, sono chiari: l’istruzione familiare-parentale è un «diritto-dovere subordinato (solo) alla dimostrazione da parte dei genitori di avere la capacità tecnica ed economica adeguata», ma non alla presentazione entro un termine preciso della richiesta di avvalersene. I giudici amministrativi hanno invece respinto la richiesta di risarcimento – un milione – che era stata avanzata dai ricorrenti, dal momento che, dopo la sospensione del diniego disposta dai giudici nel novembre scorso, i figli avevano comunque potuto usufruire della istruzione famigliare.