Il vizietto di Photoshop. Scienziati impegnati nella ricerca sul cancro hanno manipolato le immagini dei loro studi, riuscendo così a ottenere successo, carriera, nuovi fondi per le loro ricerche. La Procura di Milano ha appena concluso un’indagine lunga e complessa, che fornisce un quadro devastante: professoroni stimati e rispettati, luminari della ricerca che manovrano milioni di euro provenienti da fondi pubblici, donazioni private, raccolta del 5 per mille, sono stati beccati ad “aggiustare” la documentazione poi pubblicata dalle più prestigiose riviste scientifiche internazionali.
I professori indagati sono Pier Paolo Di Fiore (dell’Ifom, il centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare), Alberto Mantovani (dell’Humanitas, l’istituto di ricerca e cura della famiglia Rocca), Pier Giuseppe Pelicci (dello Ieo, l’Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi), Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamburini e Silvana Pilotti (dell’Istituto nazionale dei tumori).
Hanno manovrato finanziamenti milionari, provenienti dal ministero della Ricerca, dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di sanità, dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). Hanno ricevuto, solo nel periodo analizzato dalla Procura, tra il 2005 e il 2012, cifre altissime: 9,37 milioni Di Fiore; 3,06 milioni Mantovani; 1,48 milioni Pelicci; 3,60 milioni Pierotti.
“Dalla prima analisi di polizia giudiziaria sui centri di ricerca milanesi”, scrivono i pm, “emergevano nove pubblicazioni, consultabili liberamente, che contengono manipolazioni, più o meno gravi, delle immagini attestanti i presunti esperimenti”. Altre indagini scoprivano “ulteriori 17 pubblicazioni che contenevano manipolazioni delle immagini”. Poi i due consulenti scientifici incaricati dalla Procura di Milano hanno analizzato “159 articoli scientifici riferibili agli autori in trattazione e contenenti immagini ottenute con la tecnica della gel elettroforesi”. Dopo aver ridotto il campo a un campione più ristretto, hanno concluso che “sulle 32 analizzate, 25 pubblicazioni scientifiche sono risultate oggetto di manipolazione”.
Si sono costituite come parti civili nell’inchiesta, dunque come “persone offese” dagli indagati, l’associazione di consumatori Codacons, l’Associazione italiana per i diritti del malato, l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e, infine, l’Airc, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro, che gestisce ogni anno milioni di fondi dedicati agli studi sui tumori. Quest’ultima però non è passata indenne dalle critiche dei pm milanesi, che hanno segnalato “gli evidenti conflitti d’interesse all’interno di Airc, la cui commissione consultiva scientifica decide sulla destinazione dei finanziamenti (raccolti in prevalenza con il meccanismo del 5 per mille) a favore di studi scientifici condotti dagli stessi componenti”. Tutto in famiglia.
Gli scienziati iscritti nei registri dei reati dai pm Francesco Cajani e Paolo Filippini sono stati indagati per falso in scrittura privata, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e truffa. Dopo tre anni di inchiesta, i pm hanno concluso che i fatti sono stati accertati, le manipolazioni sono state provate, ma non esiste in Italia un reato che permetta di mandarli a giudizio. Così Cajani e Filippini non hanno potuto far altro che chiedere al giudice dell’indagine preliminare, Sofia Fioretta, l’archiviazione del caso.
Negli Stati Uniti, i giudici hanno condannato e in alcuni casi perfino messo in carcere ricercatori che avevano manipolato i loro studi. In Francia la presidente del Cnrs (l’omologo del nostro Cnr), Anne Peyroche, è stata recentemente rimossa dalla sua carica per aver manipolato ricerche. In Italia invece la frode scientifica non riesce ad essere perseguita penalmente. “Le accertate manipolazioni”, scrivono i pm nella loro richiesta d’archiviazione, “sia pure preoccupanti dal punto di vista dell’impatto scientifico, rimangono per l’attuale legislazione prive di rilevanza penale”.
E spiegano: “I finanziamenti Airc, sia pure ingenti quanto ad ammontare in relazione ai fatti di cui al presente procedimento penale”, sono da considerarsi “erogazioni a opera di privati, di conseguenza il fatto illecito ricadrebbe nell’ambito dell’ipotesi di una truffa semplice ai danni di ente privato e sempre qualora si dimostri il nesso di causalità tra il finanziamento e il mendacio”.
Cajani e Filippini concludono che questo caso “impone una seria riflessione sulla necessità di una disciplina penalistica ad hoc in grado di fornire una adeguata tutela nel contrasto delle frodi scientifiche”, come già è stato fatto per quelle assicurative e per quelle sportive. La Procura manda comunque gli atti alla Corte dei Conti, per “le opportune valutazioni” in merito alla “rendicontazione dei finanziamenti pubblici erogati dal Cnr”.