Nel novembre 2021, la FDA, l’agenzia statunitense responsabile della regolamentazione di farmaci e vaccini, ha suscitato clamore pubblico con una richiesta sorprendente: fino a 75 anni di tempo per rendere completamente accessibile la documentazione relativa all’autorizzazione d’emergenza del vaccino Pfizer-BioNTech contro il COVID-19.
Le ragioni ufficiali della FDA e la portata della documentazione
La motivazione ufficiale fornita dalla FDA era di natura tecnica e organizzativa. L’agenzia spiegava che la documentazione da esaminare e rendere pubblica era enorme: si parlava inizialmente di circa 329.000 pagine di documenti relativi alle sperimentazioni, ai dati di sicurezza, agli studi clinici e alle analisi di farmacovigilanza. La complessità e la mole di materiale imponevano una revisione approfondita pagina per pagina, per garantire che venissero rispettati i criteri di privacy e che non venissero divulgate informazioni sensibili o segreti commerciali.
Inizialmente, la FDA stimava che la pubblicazione completa di quei documenti avrebbe richiesto circa 55 anni. Successivamente, man mano che venivano considerate altre sezioni e documenti aggiuntivi, il totale è salito a circa 451.000 pagine, con la previsione di un periodo massimo di rilascio che poteva raggiungere fino a 75 anni. Un arco temporale che ha lasciato molti sorpresi, se non addirittura sconcertati, soprattutto considerando l’urgenza sanitaria globale legata alla pandemia.
Molti osservatori, esperti di salute pubblica, giornalisti e attivisti per la trasparenza hanno sollevato dubbi e sospetti su questa scelta apparentemente eccessiva. È stato ipotizzato che i tempi così lunghi fossero funzionali a mitigare l’impatto negativo di alcune informazioni critiche contenute nei documenti. La paura era che la diffusione immediata di dati su eventi avversi, problemi di sicurezza o altri aspetti controversi avrebbe potuto minare la fiducia pubblica nella campagna vaccinale in corso, rallentandone così l’adesione.
La battaglia legale e l’intervento del giudice federale
Di fronte a questa situazione, un gruppo di medici e professionisti della salute pubblica, riuniti sotto il nome Public Health and Medical Professionals for Transparency (PHMPT), ha promosso una causa legale contro la FDA con l’obiettivo di accelerare la pubblicazione dei dati. La richiesta principale era che l’agenzia rispettasse i tempi previsti dalla legge sulla libertà di informazione (FOIA) e che smettesse di dilazionare il rilascio dei documenti.
Il giudice federale Mark Pittman, del distretto del Texas, si è pronunciato in favore della trasparenza e ha imposto un drastico cambiamento al piano della FDA. Ha stabilito che i documenti dovevano essere rilasciati molto più rapidamente rispetto a quanto proposto dall’agenzia: invece delle 500 pagine al mese previste inizialmente, il giudice ha ordinato un rilascio di almeno 55.000 pagine al mese. Questa decisione ha ridotto i tempi da decenni a pochi mesi, permettendo di rendere disponibili i dati molto prima di quanto si pensasse.
I documenti rilasciati e il rapporto 5.3.6
Tra i primi documenti pubblicati, grazie alla sentenza, ha attirato particolare attenzione il rapporto interno di Pfizer intitolato “5.3.6 Cumulative Analysis of Post-Authorization Adverse Event Reports”. Questo rapporto raccoglieva i dati di farmacovigilanza provenienti dai primi mesi di somministrazione del vaccino, tra dicembre 2020 e febbraio 2021.
I numeri emersi erano significativi e, per certi versi, preoccupanti: si registravano 1.223 decessi riportati in associazione temporale con la vaccinazione, e un totale di 42.086 segnalazioni di eventi avversi riferite a 25.379 pazienti. Tra questi eventi, venivano indicati casi di miocardite, ictus, reazioni neurologiche gravi e aborti spontanei.
Il fatto che tali dati fossero noti già nei primi mesi di utilizzo e non fossero stati immediatamente resi pubblici ha sollevato numerose domande sulla trasparenza e sulla comunicazione istituzionale.
La disponibilità di questi documenti nel 2022 ha generato un intenso dibattito sia nella comunità scientifica sia in ambito politico e sociale. Da una parte, alcuni esperti e rappresentanti istituzionali hanno ribadito la necessità di continuare la campagna vaccinale basandosi sui dati complessivi di efficacia e sicurezza. Dall’altra, numerosi critici hanno invocato una revisione delle politiche vaccinali, soprattutto in quei contesti dove la vaccinazione era resa obbligatoria, e hanno chiesto un’informazione più completa e bilanciata sui potenziali rischi.
Questi eventi hanno riacceso il confronto su temi fondamentali come la responsabilità delle agenzie regolatorie, il diritto alla trasparenza e alla conoscenza dei cittadini, nonché la corretta gestione della comunicazione pubblica in situazioni di emergenza sanitaria.
Questioni di fondo: trasparenza, fiducia e responsabilità
Il caso FDA-Pfizer rappresenta uno degli episodi più emblematici e discussi dell’era pandemica. Esso mette in luce il delicato equilibrio tra la necessità di garantire la trasparenza scientifica e il controllo della comunicazione pubblica, ma anche tra la protezione delle informazioni commerciali e il diritto alla conoscenza di tutta la popolazione.
Ci si interroga su un punto centrale: perché un’agenzia pubblica, il cui compito è tutelare la salute pubblica, avrebbe dovuto chiedere decenni per rilasciare documenti di enorme interesse globale? Perché segnali di rischio noti internamente non sono stati comunicati in modo più trasparente e tempestivo? E, soprattutto, qual è il tempo giusto e il livello di accessibilità che dovrebbero essere garantiti a cittadini e operatori sanitari quando si parla di interventi sanitari somministrati su larga scala?
Alla luce di quanto emerso, diventa sempre più chiaro che la fiducia nella scienza non si costruisce soltanto con l’avanzamento tecnologico o con la produzione di dati, ma anche e soprattutto attraverso l’onestà, l’accessibilità delle informazioni e la responsabilità verso i cittadini. La trasparenza è un pilastro fondamentale per mantenere la legittimità delle istituzioni e per assicurare che le decisioni sanitarie vengano comprese, accettate e condivise dalla collettività.
Il caso della FDA e del vaccino Pfizer si configura quindi come una lezione cruciale: un invito a ripensare le modalità con cui le informazioni scientifiche vengono diffuse e a costruire un dialogo più aperto e consapevole tra scienza, istituzioni e società.

Ma non prendiamoci pel culo. Il siero genico era tutto meno che un prodotto sanitario. Hanno voluto fare un esperimento sulla pelle della gente. Perciò non vale la pena parlare o cercare motivazioni su quanto accaduto: i criminali vanno processati e condannati.