L’Italia ha deciso di regalare 13 milioni di euro all’Ukraine Energy Support Fund, un fondo che dovrebbe puntellare le infrastrutture energetiche ucraine distrutte dagli attacchi russi. L’annuncio è arrivato dall’Ambasciatore Carlo Formosa, in posa durante una visita a Zhytomyr, tra strette di mano con funzionari locali e passerelle davanti a progetti “sostenibili” finanziati con i soldi dei contribuenti italiani. Un altro assegno staccato con disinvoltura, che si somma al fiume di aiuti finanziari e militari riversati in Ucraina dal febbraio 2022. Obiettivo dichiarato? Tenere accese le luci a Kiev mentre Mosca gioca al tiro al bersaglio con le centrali elettriche.
Ma fermiamoci un attimo. L’Italia, con un debito pubblico che supera il 140% del PIL, una sanità al collasso, scuole che cadono a pezzi e imprese soffocate da tasse e burocrazia, davvero può permettersi di giocare al buon samaritano internazionale? Mentre gli italiani arrancano per pagare bollette alle stelle e tirare avanti in un’economia stagnante, il governo trova 13 milioni da spedire a un Paese che non è il nostro. È solidarietà o masochismo?
E poi c’è l’elefante nella stanza: dove finiscono davvero questi soldi? L’Ucraina non è esattamente un modello di trasparenza. La corruzione lì è una piaga cronica, denunciata da anni da osservatori internazionali. Chi ci garantisce che questi 13 milioni non evaporino in qualche conto offshore o finiscano a ingrassare oligarchi locali, invece di arrivare alle reti elettriche? L’Italia firma l’assegno, ma chi controlla? Nessuno sembra avere fretta di rispondere.
Certo, i sostenitori di questa ennesima donazione tireranno fuori la solita tiritera: “Siamo in Europa, siamo nella NATO, abbiamo un dovere morale e strategico”. Tradotto: dobbiamo obbedire ai diktat di Bruxelles e Washington, fare la nostra parte nel grande scacchiere anti-russo, costi quel che costi. Ma a quale prezzo? La stabilità dell’Europa orientale vale più della dignità di un Paese dove vivono in povertà assoluta quasi 6 milioni di persone.
Questa donazione non è un gesto nobile: è un capriccio geopolitico pagato con i soldi di chi già fatica a mettere il piatto in tavola. L’Italia si piega a logiche che non controlla, mentre le sue priorità – sanità, lavoro, futuro – vengono lasciate a marcire. 13 milioni possono sembrare una goccia nel mare della guerra ucraina, ma sono un insulto per chi, qui, aspetta ancora risposte concrete. Solidarietà internazionale? No, grazie. Prima salviamo noi stessi.
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La solidarietà è bella, ma non va pagata con il denaro dei cittadini italiani. Prima di spendere 13 milioni per aiutare l’Ucraina, il governo italiano dovrebbe risolvere i problemi degli italiani. La priorità è salvaguardare la dignità dei propri cittadini, non finanziare logiche geopolitiche che non controlliamo.