Oggi, 7 gennaio, celebriamo la Festa del Tricolore, una giornata che dovrebbe rappresentare un momento di riflessione e di celebrazione dei valori di unità, libertà e democrazia che la nostra bandiera, il Tricolore, ha simboleggiato dal suo primo alzarsi nel 1797. È il segno di un’Italia che ha lottato per la sua indipendenza e che ha trovato forza nell’unirsi sotto un unico vessillo. Tuttavia, guardando la situazione attuale del nostro Paese, è difficile non essere critici.
L’Italia, purtroppo, si trova sotto il controllo di forze che vanno ben oltre i confini nazionali. Siamo parte integrante della NATO, una coalizione militare. L’appartenenza alla NATO comporta non solo la limitazione della nostra sovranità in ambito difensivo, ma anche un onere economico notevole. Ogni anno, l’Italia è tenuta a rispettare gli impegni di spesa per la difesa previsti dalla NATO, che comportano un significativo impegno economico. Questi fondi potrebbero essere investiti in settori più urgenti e necessari per il benessere del Paese, come la sanità, l’istruzione e lo sviluppo sociale, invece che destinati a sostenere una macchina militare che, in molti casi, non risponde ai bisogni della nostra nazione.
Un altro aspetto critico della nostra appartenenza alla NATO è il coinvolgimento in conflitti internazionali che vengono giustificati come una forma di “esportazione della democrazia”. Tuttavia, spesso questi interventi militari non risolvono i problemi strutturali nei paesi coinvolti e, anzi, creano instabilità che ricade anche su noi, sia in termini di rifugiati che di possibili ritorsioni. In questi contesti, l’Italia, purtroppo, è coinvolta come parte di alleanze più ampie che perseguono obiettivi geostrategici, senza una vera considerazione per gli effetti sulle popolazioni locali o sul nostro futuro. Questo impegno in conflitti lontani sembra più dettato dagli interessi globali di grandi potenze che dalle esigenze di sicurezza e benessere della nostra nazione.
Molti conflitti in cui l’Italia è stata coinvolta sotto la bandiera della NATO hanno avuto come obiettivo, tra le altre cose, l’appropriazione di risorse naturali strategiche, come petrolio, gas e minerali, in paesi del Medio Oriente, Africa e Asia. L’ “esportazione della democrazia” si è spesso tradotta in interventi militari che, pur dichiarandosi a favore della libertà e della sicurezza, hanno avuto come scopo non dichiarato, quello di derubare le risorse naturali dei popoli locali.
Le guerre in Iraq, Afghanistan, Libia e in altre aree hanno portato con sé una serie di danni economici, sociali e umani per le popolazioni coinvolte, ma hanno anche permesso a potenze economiche di appropriarsi di risorse strategiche in modo unilaterale. In molte di queste situazioni, le aziende occidentali hanno ottenuto contratti per l’estrazione e il controllo delle risorse naturali di questi paesi, sfruttando la destabilizzazione portata dai conflitti. La “democrazia” che viene esportata appare così come una maschera per nascondere l’intento di appropriarsi di ricchezze altrui.
L’Italia, come membro della NATO, è fortemente influenzata dalle scelte degli Stati Uniti, che spesso determinano la direzione delle politiche internazionali. Sebbene il trattato NATO sia nato per garantire la sicurezza collettiva, le scelte politiche e militari fatte da Washington hanno un impatto diretto su ciò che accade nel nostro Paese. Le decisioni sull’uso della forza, l’intervento in conflitti internazionali o il posizionamento delle basi militari sono tutte questioni sulle quali l’Italia ha poca voce in capitolo, ma che gravano notevolmente sulla nostra indipendenza strategica.
Le nostre basi militari, il nostro supporto logistico e il nostro impegno nelle “operazioni di pace” (che spesso in realtà sono interventi a scopo geopolitico ed economico) contribuiscono, consapevolmente o meno, a questo sistema di dominio economico e politico.
In questo contesto, il Tricolore non può essere visto semplicemente come un simbolo di unità e libertà nazionale, ma deve anche richiamarci alla nostra responsabilità nelle dinamiche internazionali. In molti casi, siamo complici di un sistema che sfrutta risorse e popoli a favore di interessi economici e geopolitici di potenze straniere, in particolare degli Stati Uniti e delle grandi multinazionali.
Inoltre, l’influenza degli Stati Uniti sulla nostra politica estera e sulle nostre scelte economiche è un tema che non può essere trascurato. Da anni, le decisioni strategiche del nostro governo sembrano essere influenzate da una logica che non sempre corrisponde agli interessi diretti dell’Italia, ma piuttosto a quelli di paesi stranieri.
A questo si aggiunge la nostra appartenenza all’Unione Europea, un’entità che, senza portare con sé alcun vantaggio economico o commerciale, impone rigide politiche fiscali e monetarie che penalizzano la nostra crescita e la nostra autonomia economica. I vincoli europei sono come catene invisibili che limitano le nostre possibilità di azione, costringendo l’Italia a conformarsi a decisioni prese da un’Europa che appare sempre più lontana dalle esigenze quotidiane dei suoi cittadini.
Non possiamo dimenticare nemmeno il peso delle grandi banche e degli interessi finanziari internazionali che, con il loro potere economico, influenzano le politiche interne del Paese. Le scelte che riguardano la nostra economia, il nostro debito pubblico e le politiche fiscali sono spesso condizionate da quelle stesse istituzioni finanziarie che, pur non avendo alcun mandato democratico, dettano le leggi dell’economia globale.
In questo quadro, la Festa del Tricolore diventa un momento di riflessione più amara che gioiosa. La nostra bandiera, che dovrebbe essere simbolo di libertà e sovranità, oggi rappresenta anche la nostra dipendenza da poteri esterni. Non possiamo celebrare il nostro Tricolore senza chiederci se, e quanto, l’Italia sia veramente libera di tracciare il proprio destino. La domanda che oggi dobbiamo porci è se siamo ancora in grado di difendere la nostra indipendenza politica ed economica, o se il Tricolore sia ormai un simbolo che appartiene più al passato che al presente.
In questo giorno, dunque, più che festeggiare, dovremmo riflettere sulla necessità di recuperare quella sovranità che, purtroppo, sembra essere sempre più un’utopia. Il Tricolore dovrebbe ricordarci l’importanza di essere veramente padroni del nostro futuro, liberi da condizionamenti esterni che non riflettono i veri bisogni del popolo italiano.
sconfortante realtà per i piu’ grandi che hanno assistito al meglio
del Made in Italy ed alla sua sconfitta. Oggi abbiamo un Paese in svendita
al migliore offerente grazie a politiche sbagliate.