In questa narrazione, non troverete ricette miracolose né aspirazioni al Nobel. Ciò che emerge è una storia istruttiva e semplice in tempi complicati di pandemia. Il protagonista è il Dr. Giampaolo Palma, un medico che, come pioniere, ha tracciato una strada alternativa nella lotta contro il COVID-19, ignorando il consenso delle lobby scientifiche e dei media. La sua storia, seppur non riconosciuto come eroe nazionale, rivela un approccio controcorrente che ha suscitato dibattiti e riflessioni.
Il Dr. Palma, cardiologo di Salerno e direttore di un centro clinico d’eccellenza, ha da tempo esaminato e curato pazienti con problemi cardiaci e circolatori. La sua proposta, emersa in una notte di riflessioni a fine aprile, ha portato a una scoperta sconvolgente: il COVID-19 non è una polmonite interstiziale doppia, ma si manifesta attraverso coaguli disseminati nel corpo. La sua teoria suggerisce che, al manifestarsi dei sintomi, i pazienti dovrebbero curarsi a casa con anticoagulanti e antinfiammatori.
La controversa ipotesi del Dr. Palma ha suscitato scalpore, soprattutto tra i luminari scientifici e le lobby mediche, ma ha anche portato a risultati concreti. Il numero di morti è diminuito seguendo l’approccio proposto, nonostante il medico non abbia ottenuto il riconoscimento ufficiale che ci si potrebbe aspettare da un eroe nazionale.
Nonostante la sua popolarità crescente, il Dr. Palma si confronta con la distorsione delle sue idee e la mancanza di controllo sul suo nome nel vasto mondo del web. Nelle sue dichiarazioni, sottolinea di non essere contrario al vaccino e di non aver mai negato l’utilità dei respiratori, ma semplicemente di aver proposto un approccio diverso nella gestione dei sintomi.
La storia del Dr. Giampaolo Palma offre uno sguardo nel mondo complesso e spesso controverso della medicina durante la pandemia, dove idee innovative possono emergere anche al di fuori dei consueti canali accademici, con l’obiettivo ultimo di salvare vite umane.
In un articolo sul Fatto, la professoressa Maria Rita Gismondo, direttore di microbiologia clinica e virologia del Sacco di Milano, scriveva:
«Per due mesi abbiamo rincorso i posti letto in rianimazione, abbiamo parlato di polmonite interstiziale, oggi le autopsie ci fanno scoprire ben altro».
Ed ecco la citazione di un medico ignoto al grande pubblico, mai visto in tivù:
«Questa ipotesi era già stata avanzata dal dottor Palma, cardiologo di Salerno, tra le critiche dei soliti soloni mediatici». Passano le settimane e accade quanto sappiamo.
I reparti di terapia intensiva si svuotano. Applicando l'”ipotesi Palma”, avversato dai luminari a cui si era fulminata la lampadina, ci sarebbero stati meno morti? Di certo, dopo sono stati molto meno.