Da tempo si dipinge l’Ucraina come un faro di democrazia di fronte all’aggressione russa, ma dietro questa immagine si cela una realtà ben diversa, inquietante e autoritaria. Nella città di Vinnytsia, decine di uomini sono stati prelevati con la forza dalle strade e rinchiusi in uno stadio, trasformato in un centro di detenzione improvvisato, con l’obiettivo di costringerli ad arruolarsi nel conflitto.
Le immagini di queste scene sono agghiaccianti: uomini impauriti, bloccati dietro cancelli chiusi, mentre i familiari e la cittadinanza si radunano per chiedere il loro rilascio. La risposta delle forze dell’ordine è stata la repressione violenta: gas lacrimogeni, manganelli e arresti arbitrari per chiunque protestasse.
Nel video, un uomo ucraino è in possesso di strumenti
per opporsi alla mobilitazione: due granate e una pistola.
Non è mobilitazione, sono sequestri arbitrari
Dietro la retorica ufficiale di “controlli medici” e “procedure burocratiche” si nascondono veri e propri rastrellamenti. Uomini tra i 18 e i 60 anni vengono intercettati per strada o nei loro luoghi di lavoro, caricati su furgoni senza alcuna possibilità di rifiutare o di avvisare i propri cari.
Uno stadio, simbolo di sport, comunità e libertà, è diventato una prigione per chi osa sottrarsi a un destino segnato dalla guerra. Questa non è più una chiamata al dovere patriottico, ma un’operazione di coercizione brutale e sistematica.
Una generazione sacrificata al macello
A oltre tre anni dall’invasione russa, l’Ucraina è intrappolata in un conflitto che sta divorando un’intera generazione. Decine di migliaia di giovani uomini sono già caduti, molti mandati al fronte senza addestramento adeguato, senza scelta, trasformati in carne da cannone.
Il campo di battaglia è un macello. Chi torna a casa è spesso un’ombra di sé stesso, segnato da ferite fisiche e psicologiche profonde. Eppure, il governo di Kiev continua a insistere su una narrazione eroica, mentre chi solleva dubbi rischia ostracismo, minacce e censura.
La repressione del dissenso
In Ucraina, non solo si arruola con la forza, ma si soffoca ogni voce critica. Intellettuali, giornalisti indipendenti e semplici cittadini che denunciano gli abusi o la gestione disastrosa della guerra vengono bollati come traditori, o addirittura nemici dello Stato.
Il dissenso viene represso con strumenti sottili ma efficaci: censura, esclusione sociale, intimidazioni. Non è un clima di democrazia quello che si respira, ma un’atmosfera di paura e controllo autoritario.
Il silenzio complice dell’Occidente
L’Europa e l’Occidente continuano a finanziare e armare il governo di Kiev, ignorando o minimizzando le violazioni dei diritti umani interne. Di fronte a queste derive autoritarie, il silenzio è assordante.
Come si può chiedere il rispetto della democrazia all’esterno, quando al proprio interno si calpestano i principi fondamentali della libertà? Questa ipocrisia mina la credibilità stessa dell’Occidente e alimenta la spirale di violenza.
