Una lampadina che non si brucia mai. Non è fantascienza, ma l’idea che nel 2013 l’ingegnere spagnolo Benito Muros ha messo sul tavolo dell’industria dell’illuminazione. Una sfida aperta all’obsolescenza programmata, quella strategia industriale che fa durare i prodotti meno di quanto potrebbero, spingendo i consumatori al ricambio forzato.
L’ispirazione arriva da oltreoceano, dalla leggendaria “Centennial Light”, che dal 1901 continua a brillare giorno e notte nella caserma dei pompieri di Livermore, in California. “Ho deciso di creare una lampadina che potesse durare, senza inganni, senza obsolescenza. Trovo questa pratica indecente e fraudolenta”, racconta Muros.
Ma da sogno a incubo il passo è breve.
La lampadina ideata da Muros – attraverso la sua azienda OEP Electrics, poi rinominata Light & Life Technology – prometteva un consumo ridotto fino al 95% rispetto ai modelli tradizionali, struttura modulare e riparabilità garantita. Insomma, un prodotto concepito per durare parecchi decenni, con tanto di certificazione TÜV Rheinland a garantirne la qualità.
Eppure, la reazione del mercato è stata glaciale. Le grandi catene hanno storto il naso. I distributori si sono tirati indietro. E per Muros sono arrivate pressioni, minacce, offerte sottobanco per abbandonare il progetto.
“Se continui, avrai problemi”, gli avrebbero detto. Un copione già visto, dove l’innovazione rischia di scontrarsi con interessi troppo grandi.
Il motivo è tanto semplice quanto spietato: se una lampadina non si rompe, non si ricompra. E in un mercato che ogni anno sforna oltre 7 miliardi di unità, un prodotto eterno rischia di essere più un problema che una soluzione.
L’obsolescenza programmata non è solo una teoria, ma un meccanismo ben oliato. Smartphone, elettrodomestici, persino stampanti: tutto ha una data di scadenza invisibile, studiata a tavolino.
Nonostante l’interesse suscitato, la lampadina di Muros non ha mai visto una produzione su scala industriale. Il crowdfunding lanciato per autofinanziare l’impresa si è rivelato un flop. E ogni tentativo di collaborazione con le multinazionali si è arenato davanti a un bivio etico.
“Volevano il controllo del brevetto. Ma avevo paura che lo comprassero solo per farlo sparire”, confessa l’ingegnere.
Oggi, le sue lampadine si producono solo su ordinazione, al prezzo di 25 euro ciascuna. Una produzione limitata, simbolica, più che commerciale.
Ma Muros non ha mollato. Oggi è alla guida di FENISS, la Fondazione per l’Energia e l’Innovazione Senza Obsolescenza Programmata, che promuove un nuovo modello economico, basato sulla durabilità e la riparabilità.
La fondazione ha introdotto il marchio ISSOP, una sorta di bollino etico per certificare prodotti con una vita utile minima di cinque anni, estendibile. E non solo: insieme a Imagina Digital, FENISS sta lanciando un marketplace alternativo, una sorta di “Amazon etico”, dove trovare esclusivamente prodotti pensati per durare.
Un’utopia? Forse. Ma già 367 distributori in tutto il mondo hanno aderito al progetto.
Il paragone sorge spontaneo. Come Nikola Tesla, che cercò di regalare al mondo energia gratuita ostacolando le lobby elettriche del suo tempo, anche Muros sembra pagare il prezzo di un’idea troppo scomoda per essere accolta a braccia aperte.
“Non voglio solo vendere lampadine, voglio cambiare il modo di pensare”, dichiara con convinzione.
E mentre le sue parole si scontrano con un’economia costruita sullo spreco. Oggi quella lampadina esiste, ma resta fuori dagli scaffali. Non perché non funzioni, ma perché funziona troppo.
