Nell’anno 897, la cristianità assistette a uno degli eventi più grotteschi e violenti della storia del papato: il Sinodo del Cadavere (Synodus Horrenda), in cui il defunto Papa Formoso fu riesumato, processato e simbolicamente giustiziato per ordine del suo successore, Papa Stefano VI. Questo episodio, avvenuto nel pieno del Saeculum Obscurum (il “secolo oscuro” del papato, tra IX e X secolo), riflette l’estrema politicizzazione della Chiesa e le lotte tra fazioni aristocratiche per il controllo di Roma.

Era l’anno 897 d.C., e Roma viveva uno dei periodi più turbolenti della sua storia. Il papato, da decenni al centro di lotte feroci tra le grandi famiglie aristocratiche e il Sacro Romano Impero, stava per assistere a uno degli eventi più grotteschi della sua storia: il Sinodo del Cadavere, noto anche come “Synodus Horrenda“.
Protagonista di questa vicenda fu Papa Stefano VI, un pontefice la cui ascesa al soglio di Pietro era stata segnata dal sangue e il cui pontificato sarebbe finito in modo altrettanto violento. Ma il suo nome è passato alla storia soprattutto per un atto senza precedenti: il processo postumo contro il suo predecessore, Papa Formoso, il cui cadavere fu dissotterrato, vestito con i paramenti papali e sottoposto a un pubblico giudizio.
Per comprendere questo macabro evento, dobbiamo tornare indietro di alcuni anni, al pontificato di Formoso (891-896). Originario di Roma, Formoso era stato prima vescovo di Porto, distintosi come abile diplomatico. Una volta eletto papa, tuttavia, si trovò al centro di uno scontro epocale tra due poteri: da un lato i Duchi di Spoleto, che miravano a controllare il papato, dall’altro il Sacro Romano Impero, rappresentato da Arnolfo di Carinzia.
Quando Formoso scelse di incoronare Arnolfo come imperatore, anziché appoggiare il candidato spoletano Lamberto II, firmò la sua condanna politica. La potente Ageltrude, madre di Lamberto e reggente de facto del Ducato di Spoleto, giurò vendetta. E alla morte di Formoso (4 aprile 896), trovò in Stefano VI l’uomo giusto per portarla a termine.
Il cadavere sul banco degli imputati
Stefano VI salì al soglio pontificio nel maggio 896, sostenuto dalla fazione spoletana. Il suo obiettivo era chiaro: disfare l’opera di Formoso, invalidando la sua incoronazione di Arnolfo e riaffermando il potere degli Spoletani su Roma. Ma come farlo, visto che Formoso era già morto?
La soluzione fu tanto spettacolare quanto raccapricciante: un processo pubblico al cadavere del pontefice defunto.
Nell’inverno dell’897, il corpo di Formoso fu riesumato dalla tomba. Nonostante i nove mesi di decomposizione, venne vestito con i paramenti papali e sistemato su un trono nella Basilica Lateranense, dove un diacono fu costretto a rispondere alle accuse al suo posto.
Le imputazioni erano principalmente due:
- Aver violato il diritto canonico, essendosi trasferito illegalmente dalla sede di Porto a quella di Roma.
- Aver tradito la fiducia degli Spoletani, incoronando Arnolfo di Carinzia.
Il verdetto non poteva che essere di colpevolezza. Tutti gli atti di Formoso furono annullati, le sue vesti strappate e, in un gesto di profonda violenza simbolica, gli furono tagliate le tre dita della mano destra – quelle usate per impartire le benedizioni. Infine, il cadavere fu gettato nel Tevere, come un comune criminale.
L’effetto di questa macabra messinscena, però, non fu quello sperato. Invece di consolidare il potere spoletano, il processo scatenò un’ondata di indignazione persino in un’epoca abituata alla violenza politica.
Alcune cronache riportano che, durante il sinodo, un terremoto scosse Roma, interpretato come un segno del disgusto divino. Pochi mesi dopo, nell’agosto 897, una rivolta popolare depose Stefano VI, che fu imprigionato e strangolato in carcere.
La riabilitazione di Formoso e l’eredità del sinodo
Con la caduta di Stefano VI, il successore Teodoro II fece recuperare il corpo di Formoso dal Tevere e gli concesse una sepoltura dignitosa in San Pietro. Poco dopo, Papa Giovanni IX convocò un concilio a Ravenna (898) che annullò tutte le decisioni del sinodo e proibì per sempre i processi postumi.
Ma il danno era fatto. Il Sinodo del Cadavere rimase nell’immaginario collettivo come il simbolo della corruzione e dell’instabilità del papato nel Saeculum Obscurum, il “secolo oscuro” della Chiesa.
La vicenda di Papa Stefano VI e di Papa Formoso dimostra come, in certi momenti della storia, il potere possa spingersi oltre ogni confine, persino quello della morte. A più di undici secoli di distanza, il Sinodo del Cadavere resta un monito inquietante: nessuna istituzione, neppure la più sacra, è al riparo dalla follia umana.
Fonti storiche
L’evento è documentato da cronache medievali come:
- Liutprando da Cremona (Antapodosis, X sec.)
- Annales Fuldenses (cronache franche)
- Liber Pontificalis (biografie papali)
