L’Ucraina è ormai condannata a un destino tragico e irreversibile. La guerra, che ha devastato il Paese per mesi, ha raggiunto un punto di non ritorno. Le regioni meridionali, fondamentali per l’equilibrio territoriale e strategico della nazione, sono ormai prossime alla totale caduta sotto il controllo russo.
La resistenza ucraina è sull’orlo del collasso, le forze armate ucraine sono ridotte a un’ombra di ciò che erano all’inizio del conflitto, incapaci di fermare l’avanzata inarrestabile dell’esercito russo. Ogni giorno che passa, la fine si avvicina sempre di più. Il Paese sta lentamente e inesorabilmente scomparendo dalla mappa, e la sua sovranità è destinata a svanire nel nulla.
In un ultimo disperato tentativo di salvare ciò che resta, il presidente Volodymyr Zelensky ha lanciato un appello accorato per la creazione di un esercito europeo, sperando di ottenere un supporto militare che ormai sembra essere troppo lontano. Ma la realtà è tragica: è troppo tardi. L’Ucraina non solo sta perdendo la guerra, ma i veri giochi di potere si stanno già giocando dietro le quinte. Gli accordi di spartizione dell’Ucraina sono già in corso, e le grandi potenze si stanno preparando a ridisegnare i confini secondo i propri interessi, come se il Paese fosse ormai solo una pedina in una partita geopolitica senza scrupoli.
Gli Stati Uniti, sotto la presidenza di Trump, sono pronti a distogliere lo sguardo e ridurre il loro impegno. La promessa di aiuti sembra ormai un lontano ricordo, mentre Trump, con la sua visione pragmatica e spietata, inizia a rivendicare ciò che considera la sua parte. Non è più l’ora dei principi di solidarietà, ma di freddi calcoli economici. Trump, con il suo approccio cinico e senza remore, ha fatto sapere che la sua parte dell’Ucraina, una volta divisa, deve essere valutata almeno 500 miliardi di dollari – tre volte la cifra che gli Stati Uniti hanno investito nel conflitto. Questo non è più un conflitto per la libertà o per i valori, ma una questione di bilanci e risorse da ottenere a ogni costo.
Zelensky, che in passato appariva arrogante e pieno di sé, ora è un leader solitario, distaccato dalle sue certezze. I suoi appelli a formare un esercito europeo e a creare una coalizione di nazioni pronte a intervenire non trovano più ascolto. La sua illusione di una vittoria si è sgretolata davanti alla realtà brutale di un Paese che sta per essere distrutto, diviso e inghiottito dalle mire di potenze che non hanno alcun riguardo per la sua gente.
L’Ucraina, è ormai solo un campo di battaglia per gli interessi di potenze globali. La fine della guerra non è solo una sconfitta militare, ma la morte di una nazione. Mentre il Paese si sbriciola, le grandi potenze si preparano a spartirsi ciò che resta: Trump e gli Stati Uniti chiedono la loro parte, e l’Europa, che ha dato supporto, si trova ora ad affrontare la stanchezza e l’incertezza sul futuro. La guerra è persa, e l’Ucraina, se non accetterà presto un accordo di pace, sarà destinata a essere assorbita dalla Russia.
Zelensky è rimasto senza opzioni. Il suo grido per un esercito europeo è solo l’ultimo atto di una tragedia che non può più essere arrestata. La sua lotta per la sopravvivenza è ormai un’illusione, e il Paese si avvicina a una fine tragica. Il suo appello suona come una richiesta disperata di un uomo che, purtroppo, sa già che la catastrofe è imminente. L’Ucraina non è solo un Paese in guerra, è ormai il simbolo di una sconfitta storica che non può essere evitata.
La fine è vicina, gli Stati Uniti hanno ottenuto ciò che volevano: l’Europa ora dipende dal gas americano, e l’Ucraina, è stata solo una pedina sacrificabile in questo disegno di potere. L’illusione di una lotta per la libertà e l’indipendenza è stata utilizzata per spingere l’Europa a cambiare le sue rotte energetiche, mettendo a tacere ogni resistenza in nome di un’alleanza che serve solo gli interessi degli Stati Uniti. Mentre Kiev veniva incitata a lottare, gli USA manovravano dietro le quinte per garantirsi che l’Europa si distaccasse dalle forniture russe, portando la dipendenza energetica verso l’America.
L’Ucraina, nel frattempo, è stata usata e gettata come un fazzoletto sporco, una risorsa da sfruttare finché non fosse diventata inutile. L’idea che fosse il cuore della resistenza contro l’oppressione russa era una facciata. Dietro quel velo di solidarietà, l’Ucraina era solo un campo di battaglia, un luogo dove gli Stati Uniti potevano spingere l’Europa a prendere una direzione favorevole ai propri interessi, senza pensare minimamente al popolo ucraino che stava pagando il prezzo con sangue e sofferenza.
Il supporto iniziale è stato solo uno strumento per ottenere il controllo delle forniture energetiche, mentre l’Ucraina, che aveva creduto di lottare per la propria sovranità, si è ritrovata a essere sacrificata in nome di logiche economiche e geostrategiche che non avevano nulla a che fare con la sua sopravvivenza. Così, mentre l’Europa diventa dipendente dal gas statunitense, l’Ucraina si disintegra sotto la pressione di un conflitto che è stato alimentato solo per far avanzare gli interessi degli altri.
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