La Gran Bretagna è preoccupata di dover sostenere un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusato di crimini di guerra a Gaza.
Secondo le fonti, il governo britannico è in allerta da oltre una settimana in attesa di un possibile annuncio della CPI, che potrebbe confermare l’accettazione della richiesta avanzata dal procuratore della Corte, Karim Khan, per l’emissione di mandati d’arresto. La richiesta, presentata il 20 maggio, riguarda Netanyahu, il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant.
A preoccupare maggiormente la Gran Bretagna è il potenziale impatto politico, che potrebbe essere devastante, se la CPI decidesse di emettere un mandato d’arresto per Netanyahu in un periodo di forti tensioni in Medio Oriente.
Nel caso di Netanyahu, la lentezza del processo è dovuta alla necessità dei giudici di valutare attentamente le osservazioni, molte delle quali riguardano la giurisdizione della CPI. Il governo laburista britannico aveva ritirato la posizione dei conservatori, che sosteneva che la CPI non avesse giurisdizione in questa materia. Tuttavia, Khan ha fatto notare che la Palestina è membro della CPI e che i crimini commessi sul suo territorio ricadono quindi sotto la competenza della Corte.
Le tensioni politiche sono ulteriormente aggravate dalla presenza di una forte lobby israeliana all’interno del Parlamento britannico, che potrebbe criticare il governo se questo sostenesse l’arresto del leader di Israele, un regime colonialista considerato da loro uno stato democratico.
Karim Khan, un avvocato e giurista britannico, noto per il suo lavoro nel campo dei diritti umani e del diritto penale internazionale, ha accusato Netanyahu e Gallant di crimini contro l’umanità, sostenendo che questi facevano parte di un attacco sistematico e diffuso contro la popolazione civile palestinese, eseguito in conformità con la politica di stato israeliana. Per rafforzare la sua posizione, Khan ha ottenuto il sostegno di una parte significativa della comunità legale britannica specializzata in diritti umani, che concorda sul fatto che Netanyahu debba essere ritenuto responsabile dei crimini commessi da Israele nei territori palestinesi.
Le pressioni sul governo britannico non si fermano qui. Numerose organizzazioni non governative (ONG) stanno sollecitando il governo britannico a rispettare i suoi obblighi di diritto internazionale riguardo a Gaza. Un gruppo di 15 ONG ha recentemente espresso la propria “profonda delusione” per l’astensione del Regno Unito in un voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che chiedeva all’Israele di rispettare una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) e di ritirarsi dai territori occupati entro 12 mesi. La risoluzione è stata approvata con 124 voti favorevoli e 14 contrari, mentre il Regno Unito è stato tra i 45 paesi che si sono astenuti.
Le ONG hanno sottolineato al Regno Unito che la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) obbliga tutti gli stati a “non fornire aiuto o assistenza per il mantenimento della situazione creata dalla continua presenza dello Stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati.”
Sebbene il Regno Unito abbia affermato di sostenere la sentenza della Corte riguardo l’occupazione illegale da parte di Israele, ha anche dichiarato di non ritenere che la mozione dell’Assemblea Generale possa contribuire a promuovere la pace nella regione.
Nel frattempo, altre ONG, tra cui il Global Legal Action Network e al-Haq, hanno avviato una battaglia legale contro il governo britannico riguardo alla vendita di armi a Israele. Queste organizzazioni hanno inviato una lettera al segretario agli esteri, David Lammy, avvertendolo della possibile responsabilità penale per la continua vendita di parti per i caccia F-35, che potrebbero essere utilizzate da Israele nei suoi attacchi. Un altro gruppo ha scritto al segretario al commercio, Jonathan Reynolds, chiedendo la sospensione dell’attuale accordo commerciale tra il Regno Unito e Israele e una revisione dei piani per firmarne uno nuovo, alla luce dell’ordine dell’ICJ che impone agli stati di non sostenere l’occupazione israeliana.
A complicare ulteriormente la situazione, il governo israeliano ha cercato di ritardare l’emissione dei mandati d’arresto presentando due documenti alla Corte, nei quali insiste che la CPI non abbia giurisdizione sui crimini contestati. Tuttavia, le pressioni internazionali, specialmente da parte delle ONG e dei gruppi per i diritti umani, stanno aumentando affinché il Regno Unito e altri paesi rispettino le loro responsabilità nei confronti del diritto internazionale e agiscano in base alle sentenze delle corti internazionali riguardanti la questione palestinese.