L’appartenenza della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’Aspen Institute rappresenta un gravissimo cortocircuito democratico, un punto di rottura tra la rappresentanza popolare e l’élite tecnocratica che da decenni plasma le agende politiche a porte chiuse, al riparo da ogni controllo democratico.
Perché Meloni – che si è costruita una carriera gridando “basta con le élite globaliste”, è seduta a uno dei tavoli simbolo proprio di quel potere opaco e transnazionale che a parole ha sempre dichiarato di combattere?
L’Aspen Institute, pur non avendo la fama sulfurea del Bilderberg, ne replica la logica: riunioni riservate, circolazione di idee tra industria, finanza, politica e media, un consolidamento silenzioso ma potentissimo del pensiero unico. Non è una semplice fondazione culturale, è un crocevia di interessi strategici. E chi governa l’Italia non può – non deve – essere parte integrante di questi ambienti mentre dichiara di difendere gli interessi popolari.
Che credibilità ha una premier che urla contro le ingerenze europee, ma si confronta dietro porte chiuse con banchieri, grandi imprenditori e manager internazionali? Come può essere coerente con la retorica della “sovranità” chi siede nei consessi dove si discute come indirizzare le economie globali, le relazioni geopolitiche e i processi di trasformazione sociale senza alcun mandato popolare? La risposta è semplice: non può. È un insulto all’intelligenza degli elettori.
In un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni è in crisi, dove milioni di cittadini faticano a distinguere tra chi li rappresenta e chi li manovra, la presenza di Meloni nell’Aspen è una ferita profonda. Una resa incondizionata alla logica del potere fluido e trasversale, che preferisce il consenso delle élite all’approvazione popolare. Un segnale pericoloso: le urne servono a poco, se poi le scelte strategiche si discutono in salotti riservati.
Il popolo italiano non ha votato l’Aspen Institute. Non ha eletto consiglieri di amministrazione né approvato agende di cooperazione economica globale. Ha eletto una leader che prometteva discontinuità. Vederla oggi abbracciare i codici dell’élitismo “illuminato” non è solo una delusione: è una truffa politica, una presa in giro istituzionalizzata.
Se Giorgia Meloni vuole essere credibile nella sua battaglia contro le élite, la prima cosa che dovrebbe fare è abbandonare immediatamente l’Aspen Institute. Non con le parole, ma con i fatti. E dimostrare che la sovranità non si esercita con i brindisi nei palazzi del potere, ma stando realmente – e solo – dalla parte del popolo.
L’Aspen Institute, sia nella sua sede centrale negli Stati Uniti sia nella sua filiale italiana, riceve finanziamenti da una vasta gamma di fonti, tra cui fondazioni, governi, aziende e individui.
Finanziamenti dell’Aspen Institute (sede centrale)
Nel 2023, l’Aspen Institute ha registrato entrate per circa 232 milioni di dollari e spese per circa 225 milioni di dollari. Le principali fonti di finanziamento includono:
- Fondazioni: Carnegie Corporation, Rockefeller Brothers Foundation, Bill e Melinda Gates Foundation, Lumina Foundation, Ford Foundation.
- Donazioni estere: Tra il 2014 e il 2018, l’Istituto ha ricevuto oltre 8 milioni di dollari da donatori esteri, inclusi paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
- Governo degli Stati Uniti: Ha ricevuto circa 6,2 milioni di dollari.
- Appaltatori del Pentagono: Circa 1,1 milioni di dollari.
Finanziamenti dell’Aspen Institute Italia
L’Aspen Institute Italia è finanziato da una combinazione di contributi pubblici e privati. Nel 2020, ha ricevuto 25.000 euro dalla pubblica amministrazione italiana. Tuttavia, la maggior parte dei finanziamenti proviene da soci sostenitori, tra cui:
- Banche e istituzioni finanziarie: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Citigroup, Morgan Stanley, HSBC, Barclays.
- Aziende energetiche e industriali: ENI, Enel, Snam, Saipem, Terna, Leonardo-Finmeccanica.
- Multinazionali tecnologiche e farmaceutiche: Google, Microsoft, Huawei, Pfizer, Gilead Sciences.
- Altre aziende e fondazioni: Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia, Fondazione Cariplo.
Le quote annuali versate da questi soci non sono pubblicamente divulgate, e l’Aspen Institute Italia non rende noti i dettagli finanziari specifici, sostenendo la natura privata dell’associazione.
Parliamo dunque di interessi enormi, che spaziano dalle armi all’energia, dal credito alle biotecnologie, dalla geopolitica al controllo delle infrastrutture. Tutti settori strategici, che inevitabilmente influenzano le politiche pubbliche — a volte ben prima che queste passino attraverso il Parlamento.
Considerazioni
La presenza di Giorgia Meloni all’interno dell’Aspen Institute solleva interrogativi riguardo alla coerenza tra la sua retorica politica e l’appartenenza a un’organizzazione finanziata da grandi interessi economici e politici, sia nazionali che internazionali. La mancanza di trasparenza sui finanziamenti dell’Aspen Institute Italia accentua queste preoccupazioni, rendendo difficile per i cittadini valutare l’influenza di tali entità sulle decisioni politiche.

Ma come si può ancora credere a Meloni? Dice di combattere le élite globaliste e poi sedersi tra i loro rappresentanti per discutere il futuro dell’Italia. È un cortocircuito democratico, una rottura con la rappresentanza popolare. La sua appartenenza all’Aspen Institute è un chiaro segnale che la sovranità non è più importante per lei quanto l’appoggio delle élite. Non si può governare il paese se si è parte di quei giochi di potere opaco e transnazionale.
fate bene a smascherare i politici ambigui perchè usano l’ingenuità
del popolo per campare.
Se l’Unione Europea colpisce chi affronta le notizie con coraggio,
classificandola propaganda, è per questo motivo. Impedire ai cittadini
di pensare con lucidità ed obiettività. Speranza-Meloni-Draghi- ecc.