Sopravvissute raccontano decenni di abusi perpetrati da membri delle istituzioni israeliane. Le denunce archiviate. Un appello accorato alla Knesset per rompere il silenzio.
Diverse donne, che oggi hanno tra i 20 e i 45 anni, hanno testimoniato davanti a due commissioni parlamentari: la Commissione per la parità di genere e la Commissione sull’Infanzia. Hanno denunciato abusi sessuali rituali commessi fin dall’infanzia (alcune avevano appena 3–6 anni), durante cerimonie presentate come religiose. Secondo le superstiti, erano coinvolti organi istituzionali, tra cui rabbini, medici, forze dell’ordine, insegnanti e attuali o ex membri della Knesset
Le vittime parlano di riti brutalmente sadici: violenze di gruppo organizzate in più sedi, somministrazione di sangue mestruale, uso di droghe per manipolare la mente, mutilazioni, coercizione a recitare formule liturgiche distorte. Le testimonianze descrivono minori costrette a filmare altri bambini, la permanenza in isolamento sotto minacce, con prove video utilizzate per ricattare nuovi adepti
Le vittime hanno indicato un sistema organizzato, in cui politici, rabbini, medici e poliziotti avrebbero avuto ruoli attivi o copertura nei rituali. Più testimoni offrono nomi e luoghi, accompagnati da referti medici e video – tanto che una deputata ha dichiarato: “Quelle non sono accuse, sono prove”
La polizia israeliana ha dichiarato che ogni denuncia è “oggetto di esame professionale”, confermando l’apertura di “un’unità investigativa nazionale”. Tuttavia, al momento non risultano arresti o imputazioni formali.
Yael Ariel, una delle sopravvissute agli abusi, ha raccontato la sua drammatica esperienza:
“Per quindici anni, dai cinque ai vent’anni, ho subito abusi rituali e sono stata costretta a fare del male ad altri bambini. Ho deciso di rompere il silenzio, nonostante le minacce ricevute dopo aver denunciato la mia storia. Quelle cerimonie erano una realtà atroce che ho vissuto sulla mia pelle”.
Ariel ha inoltre rivelato di aver raccolto testimonianze da altre donne che accusano direttamente “medici, educatori, agenti di polizia e persino membri attuali e passati della Knesset” di coinvolgimento in queste pratiche. “Ho sporto denuncia, ma il caso è stato archiviato in pochi mesi, come molti altri. Parlare oggi alla Knesset è un momento storico per tutte noi”, ha aggiunto.
Un’altra sopravvissuta, Yael Shitrit, ha descritto con parole strazianti la brutalità degli abusi:
“Nessuno può immaginare cosa significhi essere programmati fin dall’infanzia attraverso stupro e sadismo. A tre anni, il mio cervello è stato plasmato per obbedire, mentre intorno a me uomini nudi partecipavano a rituali in cui ero solo una pedina”.
Shitrit ha denunciato una rete capillare:
“Mi spostavano da una cerimonia all’altra, coinvolgendo terapeuti, le loro famiglie e decine di altre vittime. La polizia sa da un anno, ma non agisce. I responsabili sono figure potenti, legate a enti governativi e comunità, e continuano a minacciarci. Io ho figli da proteggere: questa catena deve finire”.
L’allarme delle associazioni: “Serve un intervento immediato”
La dottoressa Naama Goldberg, direttrice dell’ONG Lo Omdot MeNegged (in ebraico “Non stare a guardare”), che supporta le sopravvissute ad abusi estremi, ha spiegato come la natura inverosimile di questi crimini giochi a favore dei carnefici:
“Le vittime vengono dissuase dal parlare con la minaccia di non essere credute. Ma i racconti sono troppo coerenti per essere ignorati”.
Goldberg ha condiviso dettagli agghiaccianti:
“Donne hanno descritto stupri di gruppo, uso di droghe, registrazioni video e rituali con simbolismo oscuro. Ho presentato alla polizia cinque testimonianze scritte, ma non ho mai ricevuto risposta. E intanto, altre sopravvissute emergono”.
Un appello alle istituzioni
Le testimonianze evidenziano un sistema di abusi protetto dall’omertà e dall’impunità. Le sopravvissute chiedono urgentemente:
- Un’indagine indipendente e trasversale.
- Protezione per chi denuncia.
- Strumenti legali specifici per combattere gli abusi rituali.
“Se non agiamo ora, queste reti continueranno a distruggere vite”, ha concluso Shitrit, rivolgendo un appello alle autorità: “Il vostro compito è fermarli, ovunque operino – che sia Safed, Gerusalemme o Jaljulya”.