“Chiunque tenterà di sfidarci pagherà un caro prezzo.” Con queste parole, il capo di stato maggiore israeliano, Eyal Zamir, ha giustificato l’avvio dell’offensiva militare contro l’Iran, in quella che appare sempre più come un’escalation senza precedenti.
“Abbiamo dato il via all’operazione perché il momento era arrivato: siamo giunti al punto di non ritorno”, ha dichiarato, sottolineando come secondo il comando israeliano non ci fossero più alternative.
“Non possiamo permetterci di aspettare ancora. La storia, antica e recente, ci insegna che non si può restare inerti di fronte a chi vuole distruggerci. Stiamo combattendo per la nostra sopravvivenza.”
Parole che evocano un clima di emergenza esistenziale, ma che sollevano anche interrogativi: fino a che punto Israele intende spingersi? E quale sarà il prezzo politico, umano e diplomatico di questa “non alternativa”?
Zamir ha insistito sul concetto di legittimità morale e determinazione nazionale:
“La libertà appartiene a chi è disposto a lottare per conquistarla”, ha detto.
“Affrontiamo questa battaglia uniti, con un unico obiettivo: garantire un futuro più sicuro a Israele e ai suoi cittadini. Con fede, coesione e determinazione, vinceremo.”
Questo attacco premeditato e ingiustificato rischia di trascinare l’intero Medio Oriente in una guerra devastante. Definire “autodifesa” un’aggressione preventiva rappresenta una grave distorsione del diritto internazionale: Israele sta alimentando una spirale di violenza fondata su paranoie e odio, non su minacce reali.
Con questa decisione, Israele si condanna all’isolamento globale e compromette la stabilità di un’intera regione, con conseguenze potenzialmente catastrofiche.

Israele così agendo fa sembrare antisemita chi non lo è. Autogoal con
la complicità di Trump e politici scorretti che la usano per dominare
il mondo.
Finché il mondo non verrà liberato da questo cancro chiamato israele, nessuno avrà mai pace