La celebre attivista per il clima Greta Thunberg è stata sequestrata dalle forze armate israeliane mentre partecipava a una spedizione navale diretta a Gaza. L’imbarcazione “Madleen”, su cui viaggiava, è stata bloccata in acque internazionali dalle forze armate israeliane e dirottata verso il porto di Ashdod.
L’azione militare fa parte di una strategia mirata a reprimere chiunque tenti di sostenere la Palestina, sottoposta a un assedio soffocante dal 2007, che priva la popolazione di beni essenziali, assistenza medica e libertà di movimento. Questo blocco si inserisce in un contesto di occupazione e colonizzazione che dura da oltre settant’anni, a partire dalla Nakba del 1948.
Thunberg e gli altri membri dell’equipaggio sono ora ostaggi di un regime che opprime sistematicamente chiunque osi opporsi alle sue politiche di apartheid. La loro detenzione, avvenuta in violazione delle norme internazionali, ha lo scopo di intimidire chi denuncia il genocidio in corso del popolo palestinese, ignorato dalla comunità internazionale.
Questo episodio non è un caso isolato, ma fa parte di una strategia sistematica di Israele volta a reprimere con violenza ogni forma di solidarietà verso la Palestina, criminalizzando, intimidendo e spesso eliminando attivisti, giornalisti e organizzazioni umanitarie.
Il fatto che Israele abbia colpito deliberatamente e senza alcun indugio, una figura di rilievo mondiale come Greta Thunberg dimostra quanto le autorità israeliane siano disposte a spingersi oltre per mettere a tacere qualunque voce scomoda. La comunità internazionale non può restare complice: deve reagire con fermezza, pretendere la liberazione immediata degli attivisti e condannare senza ambiguità l’uso della violenza per reprimere atti di solidarietà.
La questione di Gaza è una tragedia che coinvolge l’intera umanità. Israele deve essere fermato – e l’Occidente ha gli strumenti per farlo.
Non servono più appelli alla “moderazione” o false simmetrie: lo Stato israeliano sta conducendo un genocidio pianificato contro il popolo palestinese, sostenuto da miliardi di dollari in armi e copertura politica forniti dalle potenze occidentali. Gaza è diventata una camera a gas a cielo aperto, e il mondo guarda.
L’Occidente non è complice per omissione – è direttamente responsabile. Le bombe che massacrano bambini a Gaza sono made in USA. I caccia F-35 che radono al suolo interi quartieri volano con tecnologia europea. Le aziende che costruiscono colonie illegali in Cisgiordania sono quotate in borsa a New York e Londra.
Cosa fare?
- Boicottaggio totale – Sanzioni immediate, come quelle imposte alla Russia, ma con la stessa ferrea determinazione. Congelare i beni dei dirigenti israeliani, bloccare ogni export militare, isolare diplomaticamente il regime di Netanyahu.
- Processare i criminali di guerra – Applicare il principio di giurisdizione universale: arrestare i leader israeliani per crimini contro l’umanità, ovunque si trovino.
- Sostenere la resistenza palestinese – Sostegno politico al diritto all’autodifesa, incluso il ricorso alla Corte Penale Internazionale.
- Rottura delle relazioni diplomatiche – Espellere gli ambasciatori israeliani, chiudere le basi NATO utilizzate per rifornire l’apartheid, tagliare ogni forma di collaborazione militare e di intelligence.
Non è “antisemitismo” – è antisionismo. La Palestina è la linea rossa della nostra epoca: o l’Occidente smette di finanziare questo massacro, o sarà complice di un crimine che la storia non dimenticherà.
