Quando l’Unione Sovietica crollò nel 1991, lasciò dietro di sé un’eredità pesantissima: 100 miliardi di dollari di debiti verso creditori internazionali. Un peso schiacciante che, teoricamente, avrebbe dovuto essere suddiviso tra le ex repubbliche sovietiche. Ma la storia prese una piega inaspettata: la Russia si fece carico di tutto. E Vladimir Putin, con una strategia aggressiva e senza precedenti, riuscì a ripagare interamente il debito sovietico, chiudendo un capitolo oscuro della storia economica russa.
L’accordo di Alma-Ata: la Russia prende tutto il debito
Nei primi anni ‘90, la Russia era sull’orlo del baratro. Con una crisi finanziaria senza precedenti e una classe dirigente corrotta e debole, il debito sovietico sembrava impagabile.
Dopo la dissoluzione dell’URSS, le ex repubbliche sovietiche si riunirono per negoziare la spartizione del debito. In teoria, ognuna avrebbe dovuto contribuire in proporzione alla propria economia. Tuttavia, nel 1993, la Russia di Boris Eltsin fece una mossa audace: accettò di assumersi l’intero debito sovietico in cambio di tutte le attività estere dell’URSS, inclusi beni immobiliari, ambasciate, riserve auree e proprietà industriali. Fu un rischio enorme, in un periodo in cui la Russia stava vivendo un tracollo economico.
Nel frattempo, Vladimir Putin stava costruendo la sua carriera politica e amministrativa. Nel 1996, Putin lasciò San Pietroburgo per trasferirsi a Mosca per intraprendere una carriera nell’amministrazione statale a livello federale. Nello stesso anno, entrò nel servizio segreto russo (FSB), erede del KGB, dove salì rapidamente di grado.
Nel 1998, la Russia dichiarò default, precipitando il Paese nel caos economico. I mercati internazionali persero fiducia, il rublo crollò e milioni di russi finirono in povertà. Il debito sovietico sembrava destinato a rimanere una piaga eterna.
Nel 1998, Putin fu nominato direttore del FSB, l’agenzia di sicurezza federale russa. L’anno successivo, nel 1999, Boris Eltsin lo designò primo ministro, segnando l’inizio della sua ascesa politica a livello nazionale. Fu proprio in quel periodo che Putin cominciò a emergere come una figura di spicco, ponendo le basi per il suo successivo arrivo alla presidenza nel 2000.
Il risveglio di una nazione: Putin e l’azzeramento del debito
Quando Vladimir Putin arrivò al potere nel 2000, ereditò una Russia devastata, ma con una carta vincente: il petrolio. Con i prezzi del greggio in forte crescita, Putin capì che quella era l’occasione per liberarsi dalle catene del debito e ricostruire il potere economico del Paese. La sua strategia fu chiara e spietata:
- Taglio della spesa pubblica per ridurre il deficit.
- Aumento delle riserve valutarie grazie alle esportazioni di gas e petrolio.
- Rimborso anticipato e aggressivo del debito, evitando gli interessi sul lungo termine.
Nel 2006, Putin fece una mossa clamorosa: ripagò in anticipo tutto il debito sovietico verso il Club di Parigi, un gruppo di creditori occidentali, versando 22 miliardi di dollari. Una decisione che lasciò il mondo a bocca aperta e consolidò l’indipendenza finanziaria della Russia.
L’ultimo pagamento: la chiusura di un capitolo storico
Il 2017 segnò un momento simbolico: la Russia effettuò l’ultimo pagamento legato al debito sovietico, versando 125 milioni di dollari alla Bosnia-Erzegovina. Con questo gesto, Putin cancellò per sempre il fardello finanziario dell’URSS, dimostrando che la Russia poteva risollevarsi e rifiutare la dipendenza economica dai creditori occidentali.
Un debito pubblico tra i più bassi al mondo
Grazie a questa politica, la Russia oggi ha uno dei rapporti debito/PIL più bassi del mondo, attorno al 15%, una cifra impensabile per le economie occidentali, spesso affogate dai debiti pubblici. Questo ha permesso a Mosca di mantenere una stabilità economica e di resistere alle sanzioni internazionali dopo il 2014 e il 2022.
Mentre molte nazioni continuano a indebitarsi, la Russia, sotto la guida di Putin, ha scelto un’altra strada: pagare il debito e rendersi autosufficiente. Questa strategia non solo ha garantito maggiore libertà nelle decisioni geopolitiche, ma ha anche reso la Russia meno vulnerabile alle pressioni finanziarie dell’Occidente.
Nel mondo di oggi, dominato da economie schiacciate dai debiti, il caso russo rappresenta una lezione: chi controlla il proprio debito, controlla il proprio destino.
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