Il discorso di Netanyahu del 30 ottobre ha scosso il mondo a causa della sua citazione del passo biblico che ordina lo sterminio completo di Amalek, un popolo nemico di Israele, riferendosi ai palestinesi.
“Ricorda ciò che ti ha fatto Amalek, dice la nostra Sacra Bibbia”
Quello che il dio della Bibbia prescrive riguardo ad Amalek è il seguente ordine:
“Ora va’, colpisci e distruggi completamente tutto ciò che hanno, e non risparmiarli ma uccidi uomini donne e bambini, buoi e pecore, cammelli e asini. »
Netanyahu ha invocato apertamente il genocidio, utilizzando riferimenti biblici per giustificare azioni estreme contro i palestinesi, strumentalizzando la Bibbia per legittimare una retorica di odio e distruzione.
Il contesto del discorso: la figura di Amalek
Netanyahu, in un momento di estrema tensione nel conflitto israelo-palestinese, ha fatto esplicito riferimento alla figura biblica di Amalek, un nemico storico e simbolico del popolo ebraico. Amalek, secondo la Bibbia, è il prototipo del male assoluto, un popolo che attaccò gli Israeliti durante il loro esodo dall’Egitto. La Torah, parte centrale della Bibbia, composta dai primi cinque libri, conosciuti anche come il Pentateuco, comanda di “cancellare la memoria di Amalek”, un precetto che Netanyahu ha evocato nel suo discorso, parlando di “annientamento” e “distruzione totale” delle minacce attuali.
Il problema è che Netanyahu ha applicato questa narrazione biblica ai palestinesi, equiparandoli esplicitamente agli Amaleciti. Questo parallelismo non solo è storicamente e teologicamente discutibile, ma è anche estremamente pericoloso, poiché legittima l’idea che i palestinesi debbano essere sterminati in nome di un mandato divino.
La Bibbia come giustificazione per lo sterminio
Netanyahu ha citato il passo biblico di 1 Samuele 15:3, in cui Dio ordina a Saul di sterminare completamente gli Amaleciti, compresi donne, bambini e animali. Questo comando, spesso controverso, è stato interpretato da Netanyahu come un modello da seguire nella lotta contro i nemici di Israele. Tuttavia, applicare questo precetto biblico ai palestinesi è un atto gravissimo, che trasforma una narrazione religiosa in una giustificazione per la violenza e l’oppressione.
Il riferimento ad Amalek non è casuale: nella tradizione ebraica, Amalek rappresenta il male assoluto, un nemico che deve essere eliminato senza compromessi. Usare questa figura per descrivere i palestinesi significa disumanizzarli, trasformandoli in un bersaglio legittimo per una guerra totale.
Netanyahu, evocando Amalek, ha trasformato un testo religioso in un’arma ideologica, giustificando azioni che ricordano i peggiori capitoli della storia umana.
Inoltre, questo discorso ha implicazioni morali profonde. Se un leader invoca apertamente la distruzione di un popolo, anche in nome di un mandato divino, sta violando i principi fondamentali dei diritti umani. La difesa di uno Stato non può e non deve passare attraverso l’annientamento di un altro popolo. La storia ci ha insegnato che il linguaggio dell’odio è il primo passo verso l’orrore, e Netanyahu ha scelto di usare un linguaggio che richiama direttamente questo pericolo.
C’è anche un aspetto politico da considerare. Netanyahu è da tempo al centro di scandali e accuse di corruzione. Alcuni analisti sostengono che il suo discorso shock sia stato un tentativo di distogliere l’attenzione dai suoi problemi interni, creando un nemico esterno su cui concentrare l’odio e la paura del popolo israeliano, una mossa cinica e pericolosa, che mette a rischio non solo la pace nella regione, ma anche la stabilità globale.
È quindi essenziale che la comunità internazionale non rimanga in silenzio di fronte a dichiarazioni di tale gravità. Ogni forma di incitamento alla violenza deve essere condannata con decisione, indipendentemente da chi ne sia l’autore. Tutti noi abbiamo il dovere di non restare indifferenti. Perché, come ricordava Primo Levi, “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. E conoscere vuol dire agire, prima che sia troppo tardi.