Il 26 dicembre 2024, l’esercito israeliano ha compiuto un attacco aereo che ha ucciso cinque giornalisti palestinesi di Al-Quds Today, colpendo il loro veicolo stampa chiaramente contrassegnato con la scritta “press”.
I giornalisti, stavano svolgendo il loro lavoro documentando le atrocità del conflitto, quando sono stati colpiti fuori dall’ospedale al-Awda, nel centro di Gaza. Questo attacco israeliano, segna un nuovo capitolo nella violenza sistematica contro i giornalisti palestinesi. In particolare, Ayman al-Jadi è stato ucciso lo stesso giorno in cui aveva appena avuto un figlio, aggiungendo un ulteriore strazio alla tragedia.
Questo massacro rappresenta solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi contro i giornalisti a Gaza. Dal 2023, quando la guerra è esplosa a Gaza, più di 200 giornalisti sono stati assassinati dalle forze israeliane, un dato che testimonia la strategia di Israele di silenziare la stampa.
Alcuni casi hanno suscitato particolare indignazione internazionale. Uno di questi è la morte di Ismail al-Ghoul, giornalista di Al Jazeera, avvenuta il 31 luglio 2024. Israele ha sostenuto che fosse un combattente di Hamas, ma questa affermazione è stata ampiamente smentita, poiché le prove indicano che il suo ultimo grado militare risaliva a quando aveva solo 10 anni, il che rendeva improbabile che fosse coinvolto nel conflitto come combattente di Hamas al momento della sua uccisione.
Le forze israeliane mirano non solo a sopprimere le voci critiche, ma anche a impedire che il mondo esterno possa venire a conoscenza dei crimini commessi. La giustificazione avanzata dall’esercito israeliano per l’attacco contro questi giornalisti è stata quella che fossero membri della Jihad islamica palestinese, ma non sono mai stati forniti elementi concreti a supporto di questa affermazione. Questo tipo di dichiarazione è una tattica che Israele usa frequentemente per giustificare le sue azioni violente e proteggere i propri crimini dalla condanna internazionale.
I giornalisti uccisi a Gaza non stavano partecipando al conflitto, ma documentavano la devastazione e il terrore inflitti alla popolazione civile. Secondo Al-Quds Today, questi professionisti stavano svolgendo il loro “dovere giornalistico e umanitario”, cercando di raccontare la verità su quanto stava accadendo. Nonostante le numerose denunce, la risposta della comunità internazionale è stata deludente. Alcuni paesi e organizzazioni hanno espresso preoccupazione, ma non sono state intraprese azioni concrete per fermare le violazioni dei diritti umani o per chiedere conto a Israele per questi crimini.