Il notiziario israeliano Walla ha rivelato che Israele sta collaborando, sia direttamente che indirettamente, con vari gruppi armati attivi in Siria, tra cui Hay’at Tahrir al-Sham (HTS). Questa rivelazione pone un’importante questione sulla strategia geopolitica israeliana in Siria e solleva l’ipotesi che Israele possa aver avuto un ruolo, nella caduta del regime di Bashar al-Assad.
Israele da tempo ha adottato una strategia di destabilizzazione della Siria, motivata principalmente dalla sua preoccupazione per l’alleanza tra Damasco e Teheran. Assad, infatti, ha mantenuto legami stretti con l’Iran, con il quale ha condiviso interessi comuni, tra cui il sostegno a Hezbollah e ad altri gruppi armati che rappresentano una minaccia diretta per Israele. Per Israele, la presenza iraniana in Siria e il rafforzamento del regime di Assad rappresentano una minaccia strategica, tanto che la destabilizzazione della Siria è diventata una priorità.
Tuttavia, la strategia israeliana di destabilizzazione della Siria va ben oltre la sicurezza immediata. Israele ha infatti obiettivi più ampi, legati anche al progetto sionista e alle sue ambizioni territoriali. Sebbene le Alture del Golan siano l’area più conosciuta sotto il controllo israeliano, la strategia israeliana implica un interesse a lungo termine nell’annessione di altre porzioni del territorio siriano. Le Alture del Golan, che Israele ha occupato durante la guerra dei Sei Giorni nel 1967 e successivamente annesso nel 1981, sono una zona strategicamente importante per il controllo delle risorse naturali e delle vie di comunicazione regionali. Oltre a questo, la regione offre vantaggi militari significativi grazie alla sua posizione dominante sulle aree circostanti.
Israele, tuttavia, non si limita a considerare solo le Alture del Golan. Il progetto sionista implica, infatti, un espansionismo territoriale che guarda anche ad altre aree siriane. L’idea di una “Grande Israele” contempla la possibilità di estendere i propri confini in direzione di altri territori, specialmente nella zona del sud della Siria e in quelle aree che un tempo facevano parte dei mandati ottomani o francesi in Medio Oriente. In quest’ottica, la destabilizzazione della Siria diventa un obiettivo strategico fondamentale, poiché la confusione e l’instabilità favorirebbero il raggiungimento di obiettivi territoriali più ampi. La presenza di gruppi armati e di una Siria indebolita potrebbe fornire a Israele l’opportunità di consolidare il controllo su queste aree.
La cooperazione con gruppi estremisti
Nel corso del conflitto siriano, Israele ha mantenuto una posizione pragmatica, mirando a indebolire il regime di Assad e limitare l’influenza iraniana. Sebbene Israele non abbia mai confermato apertamente un sostegno a gruppi come Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), i rapporti di collaborazione, anche indiretta, non sono una novità. Il gruppo HTS, noto per le sue radici jihadiste e legami con al-Qaeda, ha combattuto contro il regime di Assad e ha conquistato territori strategici nel nord-ovest della Siria, in particolare nella provincia di Idlib.
La collaborazione tra Israele e gruppi come HTS potrebbe non essere stata una scelta ideologica, ma piuttosto una decisione tattica per indebolire Assad. L’eventuale fornitura di supporto a gruppi ribelli, per lo meno in modo non ufficiale, rientrerebbe nel quadro di una strategia che ha come obiettivo principale il contenimento dell’influenza iraniana nella regione. L’idea di appoggiare gruppi nemici di Assad potrebbe quindi sembrare una mossa pragmatica da parte di Israele, anche se contro ogni logica di alleanza tradizionale.
Il ruolo di Israele nella caduta di Assad
Alla luce di questi dati, è plausibile formulare l’ipotesi che Israele, pur non avendo direttamente rovesciato Assad, possa aver contribuito indirettamente alla sua caduta. Il supporto a gruppi come HTS potrebbe aver indebolito il regime siriano, alimentando la frammentazione del paese e favorendo l’avanzata dei ribelli contro il governo di Damasco. Sebbene HTS non sia riuscito a rovesciare il regime da solo, la sua attività, insieme a quella di altri gruppi ribelli, ha sicuramente messo Assad sotto pressione, contribuendo alla crescente instabilità.
Inoltre, la continua lotta tra le forze di Assad e i gruppi ribelli ha indebolito il regime, creando un vuoto di potere che ha favorito la perdita di territori cruciali. L’intensificarsi delle azioni di ribellione e l’erosione delle forze governative hanno fatto sì che Assad dipendesse sempre più dal sostegno esterno di attori come la Russia e l’Iran. Questo scenario potrebbe aver spinto Israele a intensificare il suo supporto ai gruppi anti-regime, senza che ciò implicasse un coinvolgimento diretto nel rovesciamento del regime.